Ermanno Pungilupo da santo a eretico
Spesso la storia ci ripropone fatti realmente accaduti, ma tanto assurdi che, visti attraverso la nostra ottica di cittadini del XXI secolo, hanno veramente dell’incredibile. In quest’occasione parleremo di una vicenda, ambientata agli albori del ‘300, dai risvolti talmente grotteschi, pur se tragici, da sembrare a primo acchito quasi una burla: un processo che, iniziato come proposta di sicura beatificazione, dopo trentadue anni si trasformava in … condanna per eresia!
Di questa vertenza postuma che vedeva quale imputato “contumace” un eretico del tutto particolare, Ermanno (o Armanno) Pungilupo, hanno scritto, pur se con differenti sfumature, numerosi storici e letterati, fra i quali i nostrani Riccobaldo, Prisciani, Guarini, Melchiorri, Dino Tebaldi e, più recentemente, monsignor Antonio Samaritani.
Nel Duomo di Ferrara, fino al 1301, a sinistra dell’Altar maggiore, nei pressi della tomba di papa Urbano III Crivelli, esisteva una sepoltura con tanto di altare circondato da numerosi “ex voto”, segno, questo, che chi vi giaceva doveva ben essere in “odore di santità ”. Quell’anno, infatti, il marchese Azzo VIII d’Este dovette faticare non poco per sedare “una sommossa popolare per la distruzione delle spoglie di Armanno Pungilupo, dopo la sentenza inquisitoriale di condanna” (Storia di Ferrara, vol. V, Corbo Ed., 1987).
Ma ecco la vicenda: il ferrarese Pungilupo, che viveva molto modestamente con la moglie Maria nell’attuale via Romiti, il 17 dicembre 1269 morì in Ravenna, dove si trovava occasionalmente, e “fu sepolto con magnifica pompa, perché credevasi dal popolo un gran Beato o Santo, nella tomba che in Ravenna fu fatta per Teodosio Imperatore (certamente Teodorico, Teodosio morì a Milano), e fu trasmessa a Ferrara, come racconta il Riccobaldi” (D.M. Federici,"Istoria de’ Cavalieri Gaudenti", Venezia, 1787). “Quivi (in Cattedrale) anche venne sepolto, con opinione universale di Santo, Armanno detto prima Pungilupo, al quale si eresse un Altare e vi si appesero voti in grandissima quantità , ricorrendosi ad esso ne’ maggiori bisogni privati e pubblici” (M.A. Guarini). E, “mentre dal Vescovo (forse il Pandoni o il successore) e canonici si faceva il processo per la santità di lui (…) dal 1270 al 1300 gl’ Inquisitori non mancarono di secretamente inquirere sopra la vita di Pungilupo sospettato Eretico” (Federici).
Determinanti per il risultato furono Goffredo Baldissera e Vittorio Vassuri, dimoranti nell’attuale via Centoversuri, “cittadini avuti in considerazione (che) testimoniarono contro l’eretico (…);il cadavere di lui, venerato in Duomo, come santo, della setta dei Cattari (ma, secondo il Guarini dei “Fraticelli” di Fra’ Dolcino, messo al rogo nel 1307),chiuso poi il lunghissimo processo, fu tolto dalla Cattedrale; e infranto l’altare e distrutte le immagini, arso alle rive del Po la notte del 22 marzo 1301” (G. Melchiorri), “le ceneri gettate al vento, e rimosse tutte le immagini e memorie, che avessero qualsivoglia modo riguardo al suo nome, si come tutto fu fatto” (Guarini).
Ma c’è di più: secondo il Federici, che attribuisce il merito delle indagini all’Ordine militare della B.V. Maria Gloriosa, ovvero dei “Cavalieri Gaudenti”, il Pungilupo era già stato scoperto fin dal 1254 per Eretico, ma abiurò gli errori, e promise di vivere, e credere cattolicamente. Ma non così, operò in segreto, benché in pubblico il dimostrasse. Seguiva la vita de’ Poveri di Lione, Eretici condannati e nella loro setta morì.
"Compiuto il processo, arsi i resti mortali di quell’eretico smascherato e dispersa la setta, la via fu denominata dell’Inferno” (Melchiorri). Novant’anni dopo (1391) il marchese Alberto V d’Este faceva costruire nei pressi la sua sontuosa dimora che, forse per “esorcizzare” il luogo, volle chiamare Palazzo del Paradiso; la strada, successivamente, prese l’attuale denominazione in ricordo dell’antico romitorio, del piccolo convento, che vi era ubicato.
Dall’analisi dei fatti si può dedurre che il Pungilupo era un eretico del tutto particolare. Infatti, consultando le varie fonti, emerge la figura di un uomo indefinibile, certamente non alla ricerca degli onori terreni e delle ricchezze, ma dedito alla carità (nonostante la modestia familiare) e all’amore per il prossimo: comportamento condiviso e continuato dalla moglie anche dopo la di lui morte e prima della sua condanna. A conferma, ecco quanto riporta monsignor Samaritani (nel suo Pellegrinaggi, Crociate, Giubilei: “il 13 dicembre 1247 era giornata di pellegrinaggio (…) alla chiesa di Santa Lucia di Roncodigà sul Volano (…) in quella data vi si era portato pure l’eretico”; poi: “la stessa vedova dell’eretico cataro Armanno Pungilupo, Maria, assai povera, il 14 maggio 1276 lascia all’ospedale di San Leonardo una coltricella e due lenzuoli per la sua anima”; ed ancora: “il 14 maggio 1276 al presbitero della stessa (chiesa di San Giuliano di Tresigallo) ‘suo padrino’, la moglie dell’eretico Armanno Pungilupo, Maria, lascia 3 soldi ferr. (ferraresi), per cantar messe”.
Il giudizio … al lettore!
Di questa vertenza postuma che vedeva quale imputato “contumace” un eretico del tutto particolare, Ermanno (o Armanno) Pungilupo, hanno scritto, pur se con differenti sfumature, numerosi storici e letterati, fra i quali i nostrani Riccobaldo, Prisciani, Guarini, Melchiorri, Dino Tebaldi e, più recentemente, monsignor Antonio Samaritani.
Nel Duomo di Ferrara, fino al 1301, a sinistra dell’Altar maggiore, nei pressi della tomba di papa Urbano III Crivelli, esisteva una sepoltura con tanto di altare circondato da numerosi “ex voto”, segno, questo, che chi vi giaceva doveva ben essere in “odore di santità ”. Quell’anno, infatti, il marchese Azzo VIII d’Este dovette faticare non poco per sedare “una sommossa popolare per la distruzione delle spoglie di Armanno Pungilupo, dopo la sentenza inquisitoriale di condanna” (Storia di Ferrara, vol. V, Corbo Ed., 1987).
Ma ecco la vicenda: il ferrarese Pungilupo, che viveva molto modestamente con la moglie Maria nell’attuale via Romiti, il 17 dicembre 1269 morì in Ravenna, dove si trovava occasionalmente, e “fu sepolto con magnifica pompa, perché credevasi dal popolo un gran Beato o Santo, nella tomba che in Ravenna fu fatta per Teodosio Imperatore (certamente Teodorico, Teodosio morì a Milano), e fu trasmessa a Ferrara, come racconta il Riccobaldi” (D.M. Federici,"Istoria de’ Cavalieri Gaudenti", Venezia, 1787). “Quivi (in Cattedrale) anche venne sepolto, con opinione universale di Santo, Armanno detto prima Pungilupo, al quale si eresse un Altare e vi si appesero voti in grandissima quantità , ricorrendosi ad esso ne’ maggiori bisogni privati e pubblici” (M.A. Guarini). E, “mentre dal Vescovo (forse il Pandoni o il successore) e canonici si faceva il processo per la santità di lui (…) dal 1270 al 1300 gl’ Inquisitori non mancarono di secretamente inquirere sopra la vita di Pungilupo sospettato Eretico” (Federici).
Determinanti per il risultato furono Goffredo Baldissera e Vittorio Vassuri, dimoranti nell’attuale via Centoversuri, “cittadini avuti in considerazione (che) testimoniarono contro l’eretico (…);il cadavere di lui, venerato in Duomo, come santo, della setta dei Cattari (ma, secondo il Guarini dei “Fraticelli” di Fra’ Dolcino, messo al rogo nel 1307),chiuso poi il lunghissimo processo, fu tolto dalla Cattedrale; e infranto l’altare e distrutte le immagini, arso alle rive del Po la notte del 22 marzo 1301” (G. Melchiorri), “le ceneri gettate al vento, e rimosse tutte le immagini e memorie, che avessero qualsivoglia modo riguardo al suo nome, si come tutto fu fatto” (Guarini).
Ma c’è di più: secondo il Federici, che attribuisce il merito delle indagini all’Ordine militare della B.V. Maria Gloriosa, ovvero dei “Cavalieri Gaudenti”, il Pungilupo era già stato scoperto fin dal 1254 per Eretico, ma abiurò gli errori, e promise di vivere, e credere cattolicamente. Ma non così, operò in segreto, benché in pubblico il dimostrasse. Seguiva la vita de’ Poveri di Lione, Eretici condannati e nella loro setta morì.
"Compiuto il processo, arsi i resti mortali di quell’eretico smascherato e dispersa la setta, la via fu denominata dell’Inferno” (Melchiorri). Novant’anni dopo (1391) il marchese Alberto V d’Este faceva costruire nei pressi la sua sontuosa dimora che, forse per “esorcizzare” il luogo, volle chiamare Palazzo del Paradiso; la strada, successivamente, prese l’attuale denominazione in ricordo dell’antico romitorio, del piccolo convento, che vi era ubicato.
Dall’analisi dei fatti si può dedurre che il Pungilupo era un eretico del tutto particolare. Infatti, consultando le varie fonti, emerge la figura di un uomo indefinibile, certamente non alla ricerca degli onori terreni e delle ricchezze, ma dedito alla carità (nonostante la modestia familiare) e all’amore per il prossimo: comportamento condiviso e continuato dalla moglie anche dopo la di lui morte e prima della sua condanna. A conferma, ecco quanto riporta monsignor Samaritani (nel suo Pellegrinaggi, Crociate, Giubilei: “il 13 dicembre 1247 era giornata di pellegrinaggio (…) alla chiesa di Santa Lucia di Roncodigà sul Volano (…) in quella data vi si era portato pure l’eretico”; poi: “la stessa vedova dell’eretico cataro Armanno Pungilupo, Maria, assai povera, il 14 maggio 1276 lascia all’ospedale di San Leonardo una coltricella e due lenzuoli per la sua anima”; ed ancora: “il 14 maggio 1276 al presbitero della stessa (chiesa di San Giuliano di Tresigallo) ‘suo padrino’, la moglie dell’eretico Armanno Pungilupo, Maria, lascia 3 soldi ferr. (ferraresi), per cantar messe”.
Il giudizio … al lettore!
di Paolo Sturla Avogadri
28 Settembre 2004
28 Settembre 2004
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