Mentre tutti sono intenti a ricordare la disfatta di Teutoburgo, intercorsa tra l'8 e l'11 settembre, noi vogliamo infondere positività e ricordare la RIVALSA romana anche dopo giorni così bui: la Battaglia di Idistaviso, tra Germanico e il traditore Arminio, 7 anni dopo.
"Quella stessa notte portò a Germanico un sogno fausto: vide se stesso in atto di sacrificare e, per essersi il sangue delle vittime sparso sulla pretesta, gli parve di riceverne un'altra, più bella, dalle mani della nonna Augusta. Incoraggiato da quell'augurio, confermato dagli auspici, illustra il piano di battaglia.
(...) Frattanto, presagio bellissimo, otto aquile attrassero l'attenzione del comandante: le vide volare verso la foresta e poi entrarvi. Grida ai suoi di andare avanti, di seguire gli uccelli di Roma, divinità protettrici delle legioni! I fanti schierati e i cavalieri lanciati all'attacco investono le spalle e i fianchi nemici che fuggono. Tra questi, ben visibile, Arminio, coi gesti e con le grida mostrando la ferita riuscì a passare imbrattandosi il viso del suo sangue per non essere riconosciuto.
Quella vittoria fu grande e non ci costó molto sangue. I nemici trucidati ingombrarono con cadaveri e armi un tratto di dieci miglia; fra le spoglie si trovavano le catene che, sicuri della vittoria, avevano portato per i romani."
(...) Frattanto, presagio bellissimo, otto aquile attrassero l'attenzione del comandante: le vide volare verso la foresta e poi entrarvi. Grida ai suoi di andare avanti, di seguire gli uccelli di Roma, divinità protettrici delle legioni! I fanti schierati e i cavalieri lanciati all'attacco investono le spalle e i fianchi nemici che fuggono. Tra questi, ben visibile, Arminio, coi gesti e con le grida mostrando la ferita riuscì a passare imbrattandosi il viso del suo sangue per non essere riconosciuto.
Quella vittoria fu grande e non ci costó molto sangue. I nemici trucidati ingombrarono con cadaveri e armi un tratto di dieci miglia; fra le spoglie si trovavano le catene che, sicuri della vittoria, avevano portato per i romani."
(Tacito, Annali, Libro secondo, 17-19)
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