giovedì 16 giugno 2016

L'esaltazione del martirio nel sangue da parte di sette cristiane in Africa al tempo della dominazione romana


agostino con donatisti

Terrorismo cristiano in Africa nel IV secolo: i circoncellioni

Bisogna essere sempre cauti nello stabilire un rapporto di analogia tra eventi occorsi nel passato e categorie del pensiero formulate nel presente, poiché si corre il rischio di attualizzare fenomeni che nulla hanno in comune tra loro e compiere il più imperdonabile degli errori che un appassionato di storia può commettere. Accettando il rischio della figuraccia, per amore della provocazione, capace talvolta di dare contributi significativi a dispetto delle ludiche premesse, mi pare legittimo operare un affascinante confronto tra realtà storicamente distanti ma morfologicamente equiparabili.  In questo breve articolo mi interrogherò se la prassi suicidaria del martirio islamico, contestata in tutto Occidente come terrorismo, abbia avuto dei corrispettivi, nelle modalità e nell’ispirazione, in alcune sette in seno al mondo del paleo-cristianesimo africano durante la dominazione romana, in quei secoli che separano le persecuzioni di Decio (249) dalla conquista vandalica del Nord Africa (anni 30 del V secolo). Nel mettere a confronto il terrorismo islamico con il programma sovversivo di alcune di queste sette emergono in modo lampante alcuni punti in comune, a dimostrazione che non esiste alcuna religione connaturata d’odio, ma presupposti socio-economici che, una volta in atto, conducono alla strumentalizzazione politica di qualunque forma cultuale.
Tuttavia prima di addentrarmi nel raffronto tra le due logiche suicidarie, mi pare necessario soffermarsi nel descrivere il movimento dei Circoncellioni, un gruppo di fondamentalisti cristiani nato in Nord Africa all’interno del gruppo donatista nel corso del IV secolo d.C., le cui gesta eversive ricordano nel modus operandi i jihadisti del ventesimo secolo.
numidia
Nei primi anni del IV secolo in Nord Africa, nei pressi della Numidia, territorio corrispondente all’attuale Tunisia, il cristianesimo conobbe una vasta diffusione soprattutto nelle regioni rurali, mentre si pensa che nelle grandi città fosse rimasta maggioritaria la vocazione pagana. La scelta di conversione al cristianesimo era perciò in molti casi l’espressione di istanze sociali d’opposizione alle élite urbane, spesso con connotazioni anti-romane. I contadini, lavoratori stagionali, per lo più di etnia berbera, quindi abitudinariamente nomadi, abbracciarono il nuovo culto per manifestare il dissenso alla dominazione romana, rappresentata dai latifondisti residenti in città. Una lotta di classe ante-litteram come amerebbe mettere in rilievo certa storiografia marxista. A sommarsi al conflitto sociale, non vanno inoltre dimenticate le conseguenze delle recenti persecuzioni di Decio e Valeriano, capaci di forgiare in seno ai cristiani d’Africa una sensibilità martiriologica ben diversa rispetto al resto dell’Impero. Gli eccidi e le spoliazioni non furono infatti mai perdonati nonostante la svolta costantiniana e anzi offrirono ai cristiani d’Africa la possibilità di polarizzare le ansie millenaristiche ed escatologiche, proprie del cristianesimo delle origini, in un programma politico ammantato da una forte nota nazionalista, frutto di un mai domo revanscismo punico. A incarnare questo cocktail di ostilità etnica, conflitto sociale e lotta religiosa sorse il movimento donatista. Nato a Cartagine, all’indomani delle persecuzioni, come gruppo ostile ai vescovi colpevoli di aver abiurato il proprio credo per sottrarsi al martirio, i cosiddetti lapsi, il donatismo si presentava perciò come chiesa scismatica, cioè la vera Chiesa, quella dei puri, dei martiri, dei santi. Mentre Costantino era impegnato a mantenere la pax deorum e l’unità della neonata ecclesia catholica, esercitando le prerogative da pontifex maximus – solo con Graziano l’imperatore rinuncerà a tale carica – le chiese africane si dedicarono a rinfocolare le divisioni e il dissenso al cattolicesimo secolarizzato romano, proponendosi come alternativa pura e intransigente.
Fin dalle origini lo scontro tra cattolici e donatisti riguardò la valutazione dell’efficacia di quei sacramenti – in particolar modo il battesimo – impartiti da persone ritenute indegne, perché sottrattesi al martirio. Nel conflitto esegetico riguardante un aspetto solo in apparenza dottrinario, in realtà si nascondeva la decisiva battaglia per la definizione del ruolo della Chiesa nel mondo. Le istanze spirituali dello spogliamento radicale, che implicavano la necessaria rinuncia alla sessualità, al potere e alle ricchezze, si scontravano con le problematiche sociali del tempo, in cui il martirio, la perfetta consumazione del credo cristiano, perdeva di valore poiché non si poneva più come ultima risorsa contro un princeps pagano, bensì contro un imperatore cristiano. Lo scontro tra le due opposte concezioni ecclesiologiche incarnava perciò una concezione rivale del rapporto tra Fede e Storia, fra Chiesa e potere.
attentati circoncellioni
Nel concreto la controversia trasse origine dalla situazione creatasi circa l’elezione del vescovo cartaginese nel 307. In quell’anno, dopo un anno di vacanza del seggio, era stato eletto Ceciliano, presto accusato di apostasia da un partito rivale, poiché aveva abiurato durante l’ultima persecuzione di Diocleziano. I vescovi contestatori a loro volta elessero Maiorino in un concilio separato. Scoppiata la bagarre fu chiesto l’intervento di Costantino, il quale, avvalendosi del consiglio di papa Milziade, confermò Ceciliano, condannando invece Donato, nel frattempo divenuto successore di Maiorino e punto di riferimento del neonato movimento scismatico. L’editto fu poi confermato nel celebre concilio di Arles del 314 e nel 316 rinvigorito da un decreto che comminava pene severe per gli accusatori di Ceciliano. Tali decisioni, nonostante il diktat costantiniano e il favore papale, non furono accettate. I seguaci di Donato sfidarono apertamente Roma e le alte gerarchie ecclesiali, non sottraendosi alla repressione ed esaltando il martirio. In questo clima di feroci dissidi si formò il movimento dei Circoncellioni, la falange militarizzata e più violenta del donatismo, di cui si può dire fosse l’appendice terrorista. Pescati, come detto in precedenza, dal contado della Numidia, erano nomadi accecati da un furore religioso su cui si innervava l’odio etnico nei confronti di un invasore che da secoli, fin dopo le guerre puniche, aveva proceduto a una spietata romanizzazione. Il nome, utilizzato in forma polemica da parte cattolica, deriva da circum ecellae, poiché i fanatici compivano le loro scorribande omicide presso i fondi dei proprietari terrieri, le cellae, che comprendevano sia la zona residenziale che l’area agricola. Armati principalmente di bastoni, da costoro chiamato Israel, sfogavano la loro aggressività, attaccando al grido di Deo Laudes – facile il parallelismo con il grido Allahu Akhbar pronunciato dai jihadisti – e prendendo a bastonate i proprietari terrieri, gli agenti delle tasse e infine assaltando ville e chiese cattoliche.
Dopo le sfuriate distruttrici, quando non incontravano la morte per mano delle autorità, si gettavano da un dirupo per suggellare il martirio e dare significato etico all’azione terroristica. Essenziale infatti è ricordare che dalle violenze dei circoncellioni era escluso il miraggio di un profitto terreno o lo scardinamento della società nell’ottica di una rivalsa sociale.Teodoreto di Cirro, membro della cosiddetta “delegazione degli orientali” favorevole a Nestorio, riporta nel suo Haereticarum fabularum compendium che i circoncellioni erano soliti annunciare con largo anticipo la loro intenzione di diventare martiri, in modo da essere ben nutriti e trattati come bestie da macello, spesso attraverso sfarzosi banchetti che regalavano l’occasione di avere un “assaggio” della gioia che la fine dei tempi avrebbe riservato ai veri seguaci di Cristo e che i martiri avevano già raggiunto in virtù del loro sacrificio:
« Un certo numero di questi fanatici, ingrassati come fagiani, incontrò un giovane e gli offrì una spada affinché li colpisse, minacciando di ucciderlo se si fosse rifiutato. Egli finse di temere che, dopo averne ucciso qualcuno, il resto avrebbe potuto cambiare idea e vendicare la morte dei compagni, così insistette sul fatto che dovevano essere legati. Costoro furono d’accordo; così, quando erano indifesi, il giovane diede a ciascuno di essi una sonora battitura e se ne andò per la sua strada. »
(Teodoreto di Cirro, Haereticarum fabularum compendium, IV,VI)
 L’unico obiettivo era l’anticipazione del giudizio finale, nella prospettiva di accelerare le profezie millenariste e smascherare i falsi cristiani in combutta con il saeculum.
Il fenomeno non fu mai arginato facilmente poiché, nonostante le prese di distanza dalle violenze da parte dei donatisti, vi era interesse nel potere far leva sulle attività terroristiche dei circoncellioni. Infatti il continuo spauracchio dell’eversione assicurava la tutela del particolarismo della Chiesa africana e di conseguenza le azioni terroristiche erano utili a preservare un certo grado autonomia nella provincia. Costantino, appurata l’ impossibilità di imporre i suoi vescovi, fece terminare le persecuzioni nel 321. Le violenze si ripresentarono ogni volta che Roma provò a intervenire direttamente nelle nomine vescovili, ma anche durante il breve principato di Giuliano, colui che provò a restaurare il politeismo nel 361. Solo dal 395, in occasione dell’episcopato di Agostino, il più agguerrito anti-donatista, si registrò un regresso del fenomeno, grazie sia alla formidabile attività dell’Ipponate, sia per la cooptazione dei leader donatisti, divenuti nel corso del V secolo facilmente corruttibili. Le ultime frange del movimento furono sgominate solo dopo la conquista vandalica.
agostino con donatisti.jpg
Cosa lega quindi le attività dei circoncellioni con il moderno Jihad?
In entrambi in casi ci troviamo di fronte a un’azione reattiva nei confronti di quella che viene avvertita come un’aggressione militare attuata da una potenza straniera che impone un sistema degenerato di vita, minando i fondamenti del proprio credo religioso attraverso la secolarizzazione del culto. Si può per esempio mettere in parallelo la svolta costantiniana con la graduale occidentalizzazione delle società arabe post-coloniali e il miglioramento della condizione femminile, il principale criterio attraverso cui verificare il grado di ammodernamento sociale. Il suicidio terroristico coinvolge autori e collaboratori, soprattutto passivi, dell’aggressione. Il furore eversivo dei Circoncellioni, come l’azione kamikaze islamica, si abbatte su chiunque, indiscriminatamente, contro maggiorenti sociali, autorità politiche e fedeli dello stesso culto, rei di avere frainteso e degradato il messaggio primigenio della religione. La loro furiosa turba si abbatteva contro altri cristiani allo stesso modo con cui oggi un militante dell’Isis uccide i propri fratelli musulmani sciiti. La logica sacrificale del martirio come azione suicida votata all’omicidio di massa accomuna quindi il testimone cristiano con quello contemporaneo islamico, poiché entrambi disinteressati alla ricompensa terrena e indirizzati al necessario compimento di un Regno oltremondano, dove le leggi dell’uomo non solo non avranno più spazio, ma verranno infine sbugiardate. I due fenomeni trovano infine un inquietante punto in comune nellastrumentalizzazione del pretesto ideologico, dove la pura eversione diventa cartina di tornasole di interessi geopolitici ben lontani dall’agone religioso e diventa semplice mezzo di arruolamento in una lotta per la tutela dell’autonomia territoriale.
Fonti: Remo Cacitti, Furiosa Turba, Edizioni Biblioteca Francescana, Milano, 2006; W. H. C. Frend, The Donatist Church: A Movement of Protest in Roman North Africa, New York, Oxford University Press, 1951, pp. 173-180.; E. Cavalcanti, Teodoreto di Ciro, in A. Berardino (a cura di), Dizionario patristico e di antichità cristiane, Marietti, Casale Monferrato, 1984

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