Testo tratto dalla prefazione al "Piano di fondazione di Verona romana" di Umberto Grancelli
PRESENTAZIONE ALLA SECONDA RISTAMPA
Credo che queste poche righe sintetizzino una delle tante riflessioni che possono scaturire dopo aver letto questo meraviglioso libro che ci accompagna nei mondi tenebrosi e incantati alla scoperta dei poteri latenti che sussistono in ognuno di noi. Grancelli nella fondazione di Verona ci svela il mondo dimenticato e sconosciuto di una città magica, espressa dalle proprie sacre misure, dagli antichi riti, dagli allineamenti astronomici, ma soprattutto, lasciando che le pietre stesse ci parlino, oltre dalle scontate geometrie legate al cardo e al decumano, anche se la forma reticolare colpisce al primo sguardo e le strade principali seguono gli assi cartesiani dove l’organismo cittadino ordinario troverà la sua forma palese. Una geometria occulta ci è lentamente svelata, concepita per restare nei secoli così che nessuno la possa scalfire, tenendosi sottotraccia e mantenendo l’equilibrio del cerchio e del quadrato. La parte razionale è quella sviluppatasi dentro l’ansa protettiva dell’Adige, lineare e allineata, così la città conosciuta e la sconosciuta convivono: una dentro l’ansa disposta a reticolo e l’altra, sacra, che è all’origine trova la sua sede sul colle di S. Pietro, dove è il “palatium” del potere e il luogo della forza spirituale, dove il cielo comunica con la terra. Attraverso punti riconducibili ad un disegno mandalico ripresi da templi cristiani ci appare una città composta non solo di assi reticolati ma anche di cerchi e di allineamenti tuttt’ora rintracciabili fissati sul cammino annuale del sole. Lentamente ci viene svelata una città incantata fra la sapienza dell’oriente e dell’occidente. Luogo fondato su principi eterni e trascendenti, frutto di conoscenze pressoché a noi sconosciute e immemorabili, l’incessante alternarsi della luce e del buio, del terrestre e del sotterraneo. Il colle di San Pietro con i suoi pozzi e le sue cavità e con il teatro ai suoi piedi, è la montagna sacra a cui tutta la città si volge, forse è qui che si tracciò il pomerio come nella fondazione di Roma (segnato da un fulmine inviato dalla divinità più alta), con l’aratro mosso da due buoi, uno di manto bianco e l’altro nero, un aratro a versoio che in qualche museo dell’Etruria è ancora possibile vedere, con l’ala in bronzo che permetteva alla zolla mossa di essere capovolta, in maniera che il sotto diventasse il sopra e viceversa. Liturgie rituali indispensabili per creare la città, gesti compiuti non solo per delimitare, ma anche per orientare verso il cammino annuale del sole e verso le stelle o le costellazioni che da sempre hanno determinato gli atti umani fondamentali, e non esiste cattedrale che non abbia il suo zodiaco e non fanno eccezione le principali chiese di Verona, la Basilica di San Zeno e il Duomo che conservano pareti istoriate di queste dodici figure. Le stesse cattedrali sono la continuazione medioevale di questo sapere arcano, trasposto in simboli, immagini e allegorie. Vivere morire e rinascere, la morte è effettivamente un passaggio, un cambiamento di stato, ogni città ha una sua individualità è una creatura un organismo che nasce e muta. Il colle di S. Pietro era l’acropoli dove più alto sorgeva il tempio dedicato al dio Giano, che chiudeva e apriva ogni ciclo, due facce opposte di una divinità indivisibile che incarna il mistero dell’uomo come unità viva e creatrice, composta da aspetti contrastanti e complementari che si influenziano vicendevolmente. Non a caso Ops Consiva è la paredra di saturno, ma anche consorte di Giano, è una divinità femminile preposta alla fertilità, alle acque sorgive e feconde, ai granai e alla conservazione del farro base alimentare dei romani, grano particolare selezionatosi nel Lazio, legato anch’esso ai misteri del grano, alla morte resurrezione, e già gli egizi solevano ricoprire il dio dei morti Osiride di cariossidi e farle germinare, perché il grano deve morire, trasformarsi e infine germinare nelle viscere delle madre terra, solo cosi potrà nutrire gli uomini e il pane era legato intimamente ai misteri Eleusini come il vino era legato ai misteri di Dioniso, e nella messa cattolica ritroviamo questi alimenti che ulteriormente si trasformano in carne e sangue. Il colle di San Pietro è l’inizio e la fine di un viaggio eterno di morte e di rinascita, dove le facce di Giano della soglia osservano in opposte direzioni la partenza e l’arrivo, questa divinità italica, come l’apostolo Pietro è munita di chiavi per aprire o chiudere la porta della salvezza. Umberto Grancelli ci ha aperto e accompagnato verso una diversa conoscenza, ma anche verso la speranza che una seppur piccola parte di noi troverà la liberazione eterna.
Luigi Pellini
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