sabato 19 maggio 2012

Il mistero di Verona XV


IL TEATRO ROMANO



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Il teatro è parte integrante di quel grande complesso sacrario acropoli. I romani concepirono una “macchina” scenica che portava stupore e meraviglia al viaggiatore che erano in prossimità della città. Il più antico fra i Grandi monumenti cittadini ha avuto la sventura di una rovina accelerata dagli eventi naturali, ma anche dalla distruttrice mano dell’uomo attraverso gli “editti” .Cosi scrive Federico dal Forno nel suo bel libricino dal titolo: “IL TEATRO ROMANO DI VERONA” Edizioni – Vita Veronese- 1975 <<..Alla fine del VII secolo, un fortissimo terremoto ne fece cadere gran parte delle mura e Giovanni Vescovo di Pavia, nel’880 circa,sugli arcovoli del teatro eresse una piccola Chiesa dedicata a San Siro. In seguito a fatti luttuosi avvenuti (la morte di quaranta persone rimaste schiacciate per il crollo di mura pericolanti), Il Vescovo Adelardo sembra abbia fatto pressioni presso re Berengario perché facesse atterrare le parti pericolanti e malferme. E Berengario emise editto che limitava l’abbattimento alle sole parti pericolanti << usque ad firmam partem >> Che perciò erano certo pericolose. Lo storico Carlo Cipolla non ritiene originale l’editto dell’anno 895, ma bensì mistificato in epoca umanistica. L’editto in mano del Vescovo Adelardo, il quale ebbe anche libertà di asportare i marmi del Teatro e da altri edifici pericolanti, divenne una condanna a morte per quello splendido edificio conosciuto con il nome di Medius Circuì. Ed ecco, che fin da quel tempo, la maggior dispersione di quei ruderi nei più lontani punti della città, fu inevitabile. A S. Maria in Organo, nella cripta, in Santa Anastasia, nel Vescovado, ecc. tuttora ne esistono. Alla cieca e forse fanatica opera devastatrice (per quello che potevano essere vestigia di epoca pagana), s’aggiunsero le donazioni a privati. Così da Berengario, nel 913, venivano donati ad Azzo di Castello tredici tra covoli ed arcovoli appartenenti al teatro. Sempre nel 913 (23 maggio), Berengario cedeva al suo Canceliere parte << dell’Arena castri veronensis>> con covoli ed arcovoli dalle parti Est e di Sud (cioè dalla parte della Chiesa di S.Siro e di quella del Redentore). …………….. Passarono gli anni. Tempo e uomini, non smisero la loro deplorevole opera e l’edera tenace rivestì gli avanzi del Teatro. Il Convento di S. Gerolamo dei padri Gesuati si annidò a strapiombo sulla cavea invadendone la parte alta verso il colle……..>> Potrei aggiungere che quella chiesa dedicata Santa Maria alla Cava costruita attorno al 1337 è un nome e un programma. E’ chiaro che si commerciavano i materiali edilizi tolti da quel che rimaneva del Teatro, era una cava dove le lastre di marmo vendute venivano pestate e cotte per ottenere attraverso l’impasto la pozzolana, mentre le colonne e i blocchi di marmo, di pietra e di tufo venivano reimpiegati nell’elevare i nuovi edifici. Per capire un monumento bisogna calarsi nell’epoca in cui è stata prodotto, certo che il tempo e gli uomini hanno pressoché corroso e distrutto l’edificio sacro, ma nonostante questo ci è ancora possibile ricostruire e così comprendere il manufatto che era il cuore pulsante, il simbolo per i romani dell’intera città. Altare e acropoli loro significato. Gli uomini si prodigarono per distruggere quel monumento e non solo per vandalismo. A Roma possiamo ancora osservare, su quei monumenti ancora in piedi scheggiature e fori che in origine erano le sedi di graffe metalliche riempite poi di piombo fuso allo scopo di tenere assieme i blocchi di marmo come le lastre di marmo levigato che coprivano i tufi e le pietre grezze, la malta da sola non poteva legare e tenere assieme le parti andavano a comporre il monumento. Sebbene i romani costruissero per l’eternità, tutto a questo mondo si consuma, ma il processo in questo caso fu accelerato dagli uomini, che per necessità, per trascuratezza, per interesse o proprio per la voglia di cancellare le testimonianze di una grande civiltà. La fine dell’Impero Romano segnò l’abbandono dei grandi monumenti che erano la rappresentazione della grandezza raggiunta, la manutenzione cesso e in seguito la penuria di metalli spinse a togliere anche le piccole quantità, di piombo e ferro, che erano predisposte a far in modo che il monumento potesse resistere al tempo e ai terremoti Vennero in seguito tolte anche i marmi,i mattoni le pietre grezze e rinpiegati in nuovi edifici, quei pochissimi monumenti che sono giunti fino a noi come il colosseo o L’arena di Verona sono stati spolpati, pensiamo alla zona del Foro di Traiano che è stata totalmente distrutta nel Medioevo, proprio perché il Foro era tutto di marmo, materiale che veniva sbriciolato e poi cotto nelle formaci per farne calce. Questa è la fine che hanno fatto tutti i grandi fori imperiali di Roma e anche il tempio della triade capitolina e del foro di Verona come Teartro Romano con il complesso della sacrario di Colle San Pietro. C’erano delle tecniche specifiche per distruggere i monumenti e gli edifici di marmo dell’antichità per poi recuperarne e reimpiegare i materiali. Per gli edifici dove lo scheletro era in pietra o mattoni e le lastre di marmo rivestivano il manufatto si usava praticare dei piccoli fori omogeneamente disposti sulle coperture dove veniva inserito dei pezzi di legno. Alle prime piogge il legno si gonfiava gonfiare il rivestimento che inevitabilmente si staccava e poteva essere cosi asportato. Le antiche costruzioni, i grandi edifici della romanità come la Basilica Ulpia o le terme furono distrutte pre l’assoluta mancanza delle manutenzione più semplice, così i fichi e i rovi che crescevano sui tetti iniziavno quell’opera di distruzione che sarà portata a termine dagli uomini. Nel terzo secolo i cristiani occupavano posizioni sociali anche di rievo tanto che uno dei papi :Callisto fu accusato di traffici, che consistevano soprattutto nel vendere pozzolana estratta dalle catacombe per scopi edilizi. L’Arena di Verona e anche il Teatro Romano posto in riva all’Adige portavano entrambi nell’alto del monumento un’insieme di pali disposti a raggiera posti a sostenere il velario che doveva proteggere gli spettatori dal sole. Il complesso sistema era manovrato da persone esperte attraverso lunghe corde e sembra che fossero i marinai della flotta romana posta a Misero dove sorgeva la reggia di Nerone. Con la fine del III secolo e l’inizio del IV assistiamo ad un curioso fenomeno che coinvolge l’architettura dell’Urbe quello degli spolia: pezzi presi da altri monumenti vengono riutilizzati, non per la mancanza di maestranze in grado di produrre lavori pregevoli quanto per questioni di rinnovamento anche artistico. Certo i “recuperi” sono molto limitati e mirati alla diversa immagine che si vuole trasmettere della tradizione che sta mutando a contatto di nuove genti e dei nuovi problemi che pesano sulla gestione dello stato. Il fatto degli spolia e acuito nelle architetture del IV e V secolo soprattutto nel “vecchio” Impero d’Occidente, troviamo il reimpiego dei fregi come delle colonne che sono riutilizzate nei nuovi edifici di culto cristiano. Caso limite di queste architetture ricombinate con pezzi diversi assemblati in un nuovo ordine ed insieme e la Basilica del Santo Salvatore A Spoleto, la cui datazione non è mai stata chiarita. Qualcuno la colloca nella tarda età romana mentre altri ne collocano la nascita nell’alta età medioevale partendo da una possibile costruzione intorno al IV secolo per arrivare sino al IX secolo.Un fenomeno del genere coinvolge molte chiese cristiane nate dalla spogliazione dei grandi edifici romani. Non entro nel merito del giudizio di questa opera di smantellamento e di ricostruzione, ma anche a VERONA è interessata a questo fenomeno di riutilizzo e gran parte delle chiese del centro storico sono il frutto del riutilizzo degli antichi manufatti, delle colonne, dei materiali edili in genere. Sfuma un certo mondo pagano e lentamente si sostituisce con la nuova religione, una nuova religione che usa e modifica le antiche immagine degli dei, smonta gli antichi templi e ricostruisce le sue chiese sui stessi luoghi di culto con le stesse pietre ricomposte affinché si dimentichi il tempo della magnificenza e dello splendore della Roma Imperiale.

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