domenica 20 maggio 2012
Il cardinale Bertone: uomo senza Dio ed esperto in malaffare di ogni specie
Cena alla carbonara per la diabolica alleanza massonica
Articolo di Paolo Farinella, prete e
biblista che mi inquieta
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E’ tutto vero. Tanto è vero che sembra incredibile. Giovedì 8 luglio, nel giorno più caldo dell’estate, in casa di Bruno Vespa il servo per tutte le stagioni, si radunano per la «santa cena», un manipolo di massoni e fratelli di potere: Tarcisio Bertone, segretario di Stato di Benedetto XVI, in questo momento fuori servizio a Castelgandolfo, Silvio Berlusconi e il suo prosseneta nonché «gentiluomo di Sua Santità», Gianni Letta, Cesare Geronzi, il cui solo nome è una garanzia di malaffare e il Pierferdi Casini, cristiano di acciaio inossidabile e cattolico col marchio «Fisichella» e il governatore della Banca d’Italia, Mario Draghi.
Nel 150° anniversario dell’unità d’Italia, torna la massoneria a riunirsi non più nelle bettole e nelle cantine, in mezzo al carbone, ma nel tinello del «servo dei servi», sua schiavitù Vespa Bruno, sempre pronto col grembiulino da quaquaraqua a servir portate di indecenza e di indegnità. Il Promettitore di tutto a tutti vede che si sta sgretolando il consenso perché stanno emergendo il vuoto primordiale e il nulla del suo governo, accompagnati da un rosario di corruttele e di «cricche» di cui non si vede la fine perché siamo solo alle sorgenti.
Un bel rinfrescante estivo ci voleva proprio con gli ingredienti giusti a dosi uguali: Vaticano, governo, anzi Berlusconi, P2, massoneria, finanza (alla Geronzi), e tutto innaffiato dall’oste Casini che alla fine presenta il conto e alza sulle mance. Bello, un sacco bello per l’Italia decotta. Casini stava prima con Forlani che finì a sbavare davanti al giudice che lo accusava di essere ladro e tangentaro; poi passò con Berlusconi e per cinque anni lo appoggiò in ogni lordura, pur di avere la presidenza della Camera; poi si smarcò da lui per riprendersi la sua autonomia e giurando che mai sarebbe ritornato con il Berlusconi; poi si allea con Fini per fare lo sgambetto al governo del padrone; poi ritorna a Canossa perché, figlio, è dura stare lontano dalle poltrone e dal potere, ma visto che ci siamo chiediamo il massimo: vicepresidenza del consiglio dei ministri, ministero degli esteri e delle infrastrutture e qualche centinaio di posti economici che contano, di quelli, per intenderci «arraffa-arraffa». Staremo a vedere. E l’impegno con Fini? Ecchissenefrega? Limpido come l’olio adulterato.
Resta una domanda: in questo covo di sciacalli, di corrotti, di uomini senza principi e senza morale, responsabili del degrado della nazione, gestiti da un capo del governo immorale «a planta pedis usque ad verticem capitis», indegno, bugiardo e destabilizzatore, cosa ci fa il cardinale segretario di Stato, l’eminenz Tarcisio Bertone seduto a cena con questi piduisti e massoni? Non c’è via di mezzo: o lo è anche lui come loro o lì non deve stare. In nome di quale competenza e autorità discute di rimpasto e/o scioglimento di governo? Si è mosso all’insaputa del papa? MI pare strana la cosa perché il segretario di Stato rappresenta sempre il papa.
Ciò vuol dire che il papa è «informato dei fatti»? e condivide, che ha mandato cosciente e consapevole il segretario di Stato? Con quale mandato? Salvare Berlusconi dalla caduta e farlo risorgere, costi quel costi, in nome dei sani e santi «principi non negoziabili» come lo spergiuro, la falsità come metodo di governo, la corruzione come sistema di cooptazione, la collusione con la malavita organizzata come scopo di governo, rapporti di natura sessuale con minorenni o «dame bianche» portate al seguito presidenziale in veste ufficiale? Oppure in nome dei principi etici e del «bene comune» per cui si mandano nei parlamenti donnine compiacenti e gentili con un essere laido che non ha il minimo senso etico né privato né pubblico?
Il papa, e a ruota, il segretario di Stato, il presidente della Cei, ad ogni occasione ribadiscono sempre ché «la chiesa non si occupa di politica e non ha soluzioni tecniche da offrire» perché è sempre «super partes». Ciò significa che il papa e il suoi dipendenti non riescono a coniugare contemporaneamente i verbi «predicare» e «razzolarare».
Se un Bertone qualsiasi può andare a cena da Vespa con simile compagnia, significa che lui e chi rappresenta non hanno alcuna autorità morale di parlare in nome del Vangelo e tanto meno di Dio, il quale li aveva già avvertiti 25 secoli oro sono: «Guai a voi, pastori …Per colpa del pastore si sono disperse e sono preda di tutte le bestie selvatiche: sono sbandate … Eccomi contro i pastori: a loro chiederò conto del mio gregge e ma strapperò loro di bocca le mie pecore e non saranno più il loro pasto» (Ez 34,5-10).
In occasione degli auguri natalizi, il 21 dicembre 2009, parlando alla Curia romana, lo stesso Benedetto XVI ha detto che è ricorrente per la Chiesa e i vescovi «la tentazione di fare politica», cioè di «cedere alla tentazione di prendere personalmente in mano la politica e da pastori trasformarsi in guide politiche». Come si conciliano queste parole con la presenza di Bertone alla cena alla bettola «da Vespa» perché per conto di Berlusconi convincesse Casini ad entrare nel governo?
La Chiesa di Cristo è degradata ad una conventicola di farabutti e di mercanti senza scrupoli che lo stesso Cristo vomita perché della Sposa di Cristo hanno fatto una meretrice da bordello.
Al segretario di Stato, «arbiter elegantiarum», le parola di S. Antonio da Padova: «Che cosa dirò degli effeminati prelati del nostro tempo, che si agghindano come donne destinate alle nozze, si rivestono di pelli varie (Sermone Annunciazione 3,14) [i prelati] sono donna, in lat. mulier, perché… molli, effeminati e corrotti, si presentano per denaro nei tribunali e nelle curie, come le prostitute (Sermone X Domenica dopo Pentecoste 1,9) ... i prelati corrotti… non c’è in essi alcuna forma di virtù, non c’è onestà di costumi, ma solo marciume di peccati … questi indegni prelati della Chiesa non hanno alcuna energia nella mente, non essendo capaci di resistere alle tentazioni del diavolo: ma tutta la forza l’hanno nelle braccia e nei fianchi, forza di rapina e di lussuria» (Sermone IV Domenica Pentecoste. 3,14) [testi in Sant’Antonio da Padova, I Sermoni, Messaggero di Sant’Antonio Editrice, Padova 20054, pp. 1093, 579, 459].
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