La
Chiesa di Santa Luciella ai Librai è un gioiello architettonico nel
centro di Napoli e che l’impegno dell’Associazione Respiriamo Arte ha
permesso di riaprire al pubblico. Essa si trova nel vicolo omonimo,
detto “vicus Cornelianus” dai romani, e che collega San Biagio dei
Librai a San Gregorio Armeno.
Fondata poco prima del 1327 per volere di Bartolomeo di Capua, consigliere di Carlo II d’Angiò e indicata come Cappella dell’Arte dei Molinari (mugnai) dalla “Veduta”, ovvero la scenografia urbana disegnata da Alessandro Baratta nel 1628, viene poi presa in custodia dai pipernieri, gli artisti che scolpivano le pietre dure. Questi, lavorando con lo scalpello e temendo che le schegge potessero colpire gli occhi, veneravano proprio Santa Lucia, protettrice della vista.
Nel 1748 la chiesa diverrà sede dell’Arciconfraternita dell’Immacolata Concezione SS. Gioacchino e Carlo Borromeo e in seguito abbandonata per decenni, fino alla recente riapertura.
La particolarità del luogo, oltre agli stemmi mariani settecenteschi, ai dipinti e allo splendido pavimento maiolicato, sta anche nella leggenda che aleggia tra queste mura. Nell’ipogeo, infatti, è custodito il celebre “teschio con le orecchie”, un raro esemplare di cranio con cartilagini mummificate, al quale i fedeli rivolgevano le proprie preghiere, sperando che udendole potesse inviarle nell’aldilà “a chi di dovere”. L’identità è ad oggi sconosciuta e avvolta nel mistero, mentre l’unico dato certo sono le origini, che vengono fatte risalite al Seicento. La leggenda è legata al culto delle anime pezzentelle, quelle anonime, abbandonate e senza degna sepoltura, i cui scheletri venivano dimenticati nelle fosse comuni. Tramite l’adozione di un teschio, il fedele poteva alleviare la pena dell’anima pezzentella (dal latino “petere”, ovvero “chiedere per ottenere”) e ricevere in cambio grazie….
Fondata poco prima del 1327 per volere di Bartolomeo di Capua, consigliere di Carlo II d’Angiò e indicata come Cappella dell’Arte dei Molinari (mugnai) dalla “Veduta”, ovvero la scenografia urbana disegnata da Alessandro Baratta nel 1628, viene poi presa in custodia dai pipernieri, gli artisti che scolpivano le pietre dure. Questi, lavorando con lo scalpello e temendo che le schegge potessero colpire gli occhi, veneravano proprio Santa Lucia, protettrice della vista.
Nel 1748 la chiesa diverrà sede dell’Arciconfraternita dell’Immacolata Concezione SS. Gioacchino e Carlo Borromeo e in seguito abbandonata per decenni, fino alla recente riapertura.
La particolarità del luogo, oltre agli stemmi mariani settecenteschi, ai dipinti e allo splendido pavimento maiolicato, sta anche nella leggenda che aleggia tra queste mura. Nell’ipogeo, infatti, è custodito il celebre “teschio con le orecchie”, un raro esemplare di cranio con cartilagini mummificate, al quale i fedeli rivolgevano le proprie preghiere, sperando che udendole potesse inviarle nell’aldilà “a chi di dovere”. L’identità è ad oggi sconosciuta e avvolta nel mistero, mentre l’unico dato certo sono le origini, che vengono fatte risalite al Seicento. La leggenda è legata al culto delle anime pezzentelle, quelle anonime, abbandonate e senza degna sepoltura, i cui scheletri venivano dimenticati nelle fosse comuni. Tramite l’adozione di un teschio, il fedele poteva alleviare la pena dell’anima pezzentella (dal latino “petere”, ovvero “chiedere per ottenere”) e ricevere in cambio grazie….
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