La chiesa di san Pietro ad Agliate presenta una grande abbondanza di
materiali romani reimpiegati nella costruzione dell'edificio sacro.
Molte di queste testimonianze sono state riutilizzate come materiali per
la costruzione non solo dell'attuale basilica ma anche in precedenza
nella primitiva chiesa. Le testimonianze di quest'ultima sono affiorate
nel 1990: alcune tombe che giacevano connesse al muro della originaria
chiesa erano state costruite con l'impiego di frammenti di epigrafi
romane. Questi materiali si potevano probabilmente facilmente rinvenire
in loco e venivano pertanto reimpiegati per la costruzione delle tombe.
Già nella muratura della facciata si scopre inserita una stele riferita a un Genio di cui purtroppo è stato abraso il nome. Entrando nella basilica si incontra, capovolta a sostegno della prima colonna della navata meridionale, una grande ara in serizzo con relativa epigrafe. Si tratta un altare pagano che un certo Vitalio dedicò a Giove Ottimo Massimo Conservatore pro salute dominorum suorum, per il bene e la buona sorte dei suoi padroni, per sé e per la sua famiglia.
Questo Vitalio era probabilmente il fattore di un latifondo vicino ad Agliate, dove esisteva un luogo di culto, il santuario, dove alzare altari alle divinità.
Situazione molto simile a quella della vicinissima Valle Guidino dove furono rinvenute quattro epigrafi, una delle quali dedicata dal guardaboschi, un certo Pilade, pro salute et Victoria del suo padrone Lucio Virginio Rufo. La dedica, che è propria soltanto agli imperatori, data l'iscrizione a circa il 69 d. C. dopo la vittoria di Rufo su Vindice e sembra posta da Pilade per festeggiarne la nomina, anche se mancata, alla dignità imperiale.
Nella basilica di Agliate, il capitello della stessa prima colonna è un frammento di un'altra ara di serizzo che conserva ancora parte dell'inscrizione:
SVIS OMNIBVS/ V SL M
Appesi con ganci alla muratura della navata destra ci sono altre epigrafi romane. Una grande lastra funeraria riporta una invocazione agli Dei Mani dei coniugi Sextilii che si conclude con un esametro che esprime tutto il dolore e lo sconcerto dei parenti:
CONIUGES HIC POSITI
ACERBO FVNERE RAPTI
Un'altra lapide funeraria, molto rozza, riporta alla prima riga DIMCOVIS, una stringa di difficile interpretazione. Questa lapide venne rinvenuta nel 1990, reimpiegata come fondo di una tomba cristiana appoggiata alla muratura della primitiva chiesa. In un'altra tomba posta a fianco della precedente, e ugualmente appoggiata al muro antico, si rinvenne una stele centinata con iscrizione ormai abrasa che è stata infissa sul prato a fianco del campanile.
Questi due rinvenimenti dimostrano come i costruttori locali rinvenissero in loco i frammenti d'epoca romana che poi reimpiegavano anche in piccole costruzioni come potevano essere dei semplici loculi sepolcrali. Questa situazione è ben diversa dalle colonne e dai capitelli che furono utilizzati più tardi per la costruzione della basilica e che potrebbero essere stati trasportati da località anche lontane.
Proseguendo lungo la navata destra si scopre che la quarta colonna di destra appoggia su un basamento che venne riconosciuto come un'ara per bruciare incenso. Il capitello a sua volta utilizza una parte di ara o di altare in marmo bianco. L'altra metà la ritroviamo come base della colonna che sta di fronte, nella navata di sinistra. Questa colonna è in granito rosso di Assuan. Sarebbe interessante riuscire a ricostruire il percorso che l'ha portata dall'Egitto ad Agliate.
A sinistra, la quinta colonna è sormontata da un magnifico capitello su cui, a ogni lato, due delfini bevono da un kantharos dal quale emerge il tridente, scettro di Nettuno. Questo capitello ha fatto supporre, fin dal Settecento, che in Agliate fosse esistito un tempio dedicato a questa divinità, tanto più che questa divinità non era solamente marina ma anche fluviale. Sempre a sinistra, tornando verso l'uscita, la seconda colonna è un'importante esemplare di pietra miliare, certamente non di provenienza locale.
In chiesa ci sono poi altri frammenti di iscrizioni d'epoca romana. Nel battistero attiguo alla chiesa è stata inserita nel muro una piccola ara dedicata da Lucio Valerio al dio Silvano, il che attesta l'esistenza di un culto d'ambito silvo pastorale con la divinizzazione delle forze della natura. Silvano era inoltre il dio dei confini e anche dei greggi e della pastorizia. Anche la piccola ara dedicata a Silvano è quasi sicuramente di provenienza locale essendo stata reimpiegata nella costruzione del campanile seicentesco, poi demolito nell'ultimo quarto del XIX secolo.
Altre iscrizioni romane furono segnalate nell'Ottocento come provenienti da Agliate e lì conservate: oggi purtroppo non sono più disponibili e sono scomparse. Tra queste iscrizioni va ricordata quella in onore di Mercurio, una divinità cui frequentemente nelle campagne venivano dedicate lapidi votive, forse anche perché era l'interpretatio di una delle principali divinità celtiche…..
Già nella muratura della facciata si scopre inserita una stele riferita a un Genio di cui purtroppo è stato abraso il nome. Entrando nella basilica si incontra, capovolta a sostegno della prima colonna della navata meridionale, una grande ara in serizzo con relativa epigrafe. Si tratta un altare pagano che un certo Vitalio dedicò a Giove Ottimo Massimo Conservatore pro salute dominorum suorum, per il bene e la buona sorte dei suoi padroni, per sé e per la sua famiglia.
Questo Vitalio era probabilmente il fattore di un latifondo vicino ad Agliate, dove esisteva un luogo di culto, il santuario, dove alzare altari alle divinità.
Situazione molto simile a quella della vicinissima Valle Guidino dove furono rinvenute quattro epigrafi, una delle quali dedicata dal guardaboschi, un certo Pilade, pro salute et Victoria del suo padrone Lucio Virginio Rufo. La dedica, che è propria soltanto agli imperatori, data l'iscrizione a circa il 69 d. C. dopo la vittoria di Rufo su Vindice e sembra posta da Pilade per festeggiarne la nomina, anche se mancata, alla dignità imperiale.
Nella basilica di Agliate, il capitello della stessa prima colonna è un frammento di un'altra ara di serizzo che conserva ancora parte dell'inscrizione:
SVIS OMNIBVS/ V SL M
Appesi con ganci alla muratura della navata destra ci sono altre epigrafi romane. Una grande lastra funeraria riporta una invocazione agli Dei Mani dei coniugi Sextilii che si conclude con un esametro che esprime tutto il dolore e lo sconcerto dei parenti:
CONIUGES HIC POSITI
ACERBO FVNERE RAPTI
Un'altra lapide funeraria, molto rozza, riporta alla prima riga DIMCOVIS, una stringa di difficile interpretazione. Questa lapide venne rinvenuta nel 1990, reimpiegata come fondo di una tomba cristiana appoggiata alla muratura della primitiva chiesa. In un'altra tomba posta a fianco della precedente, e ugualmente appoggiata al muro antico, si rinvenne una stele centinata con iscrizione ormai abrasa che è stata infissa sul prato a fianco del campanile.
Questi due rinvenimenti dimostrano come i costruttori locali rinvenissero in loco i frammenti d'epoca romana che poi reimpiegavano anche in piccole costruzioni come potevano essere dei semplici loculi sepolcrali. Questa situazione è ben diversa dalle colonne e dai capitelli che furono utilizzati più tardi per la costruzione della basilica e che potrebbero essere stati trasportati da località anche lontane.
Proseguendo lungo la navata destra si scopre che la quarta colonna di destra appoggia su un basamento che venne riconosciuto come un'ara per bruciare incenso. Il capitello a sua volta utilizza una parte di ara o di altare in marmo bianco. L'altra metà la ritroviamo come base della colonna che sta di fronte, nella navata di sinistra. Questa colonna è in granito rosso di Assuan. Sarebbe interessante riuscire a ricostruire il percorso che l'ha portata dall'Egitto ad Agliate.
A sinistra, la quinta colonna è sormontata da un magnifico capitello su cui, a ogni lato, due delfini bevono da un kantharos dal quale emerge il tridente, scettro di Nettuno. Questo capitello ha fatto supporre, fin dal Settecento, che in Agliate fosse esistito un tempio dedicato a questa divinità, tanto più che questa divinità non era solamente marina ma anche fluviale. Sempre a sinistra, tornando verso l'uscita, la seconda colonna è un'importante esemplare di pietra miliare, certamente non di provenienza locale.
In chiesa ci sono poi altri frammenti di iscrizioni d'epoca romana. Nel battistero attiguo alla chiesa è stata inserita nel muro una piccola ara dedicata da Lucio Valerio al dio Silvano, il che attesta l'esistenza di un culto d'ambito silvo pastorale con la divinizzazione delle forze della natura. Silvano era inoltre il dio dei confini e anche dei greggi e della pastorizia. Anche la piccola ara dedicata a Silvano è quasi sicuramente di provenienza locale essendo stata reimpiegata nella costruzione del campanile seicentesco, poi demolito nell'ultimo quarto del XIX secolo.
Altre iscrizioni romane furono segnalate nell'Ottocento come provenienti da Agliate e lì conservate: oggi purtroppo non sono più disponibili e sono scomparse. Tra queste iscrizioni va ricordata quella in onore di Mercurio, una divinità cui frequentemente nelle campagne venivano dedicate lapidi votive, forse anche perché era l'interpretatio di una delle principali divinità celtiche…..
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