Yahoo Notizie – gio 14 mag 2015
Il Guardian stronca Expo Milano, tutte le critiche
I padiglioni kitsch, i ritardi, la corruzione, l’incognita del dopo-esposizione. E il timore che un modello di questo tipo faccia più male che bene alla città.
Ora tutto queste critiche sono state messe assieme in un articolo del Guardian che rappresenta, finora, la più feroce stroncatura all’Expo 2015, arrivando addirittura ad auspicare che l’intera idea di continuare a dare vita a esposizioni di questo tipo possa essere accantonata. L’autore dell’articolo in questione è Oliver Wainwright, critico di architettura e design che ha fatto un ritratto generale del grande evento davvero impietoso. Ecco tutte le critiche punto per punto.
I padiglioni. Dovrebbero essere la punta di diamante dell’area Expo, anche sotto l'aspetto architettonico. E invece, secondo il Guardian, si tratta di “un folle collage di tende ondulate, di pareti verdi e di ammassi contorti”. Il risultato, invece di essere innovativo, è “un casino spettacolare, anche se è affascinante vedere le ambiziose costruzioni delle varie nazioni fianco a fianco”. Alcuni di questi padiglioni, inoltre, vengono stroncati con un solo aggettivo: kitsch.
Le controversie. Il titolo di questa edizione di Expo è “nutrire il pianeta”. E negli intenti di chi l’ha organizzato avrebbe dovuto essere una celebrazione dello slow food, della sostenibilità ambientale, di un nuovo modello di agricoltura, di qualcosa che, insomma, aveva l’obiettivo di immaginare un futuro diverso da quello che stiamo vivendo. Peccato che poi, tra gli sponsor principali, ci siano Coca Cola e McDonald’s. Ovvero le due corporation che, per definizione, rappresentano l’esatto contrario dello “slow food” e di tutto ciò che vuole significare.
Le spese, i ritardi. Secondo il Guardian, questa Expo è addirittura “la più controversa mai organizzata in Europa”. Le spese sono cresciute esponenzialmente mano a mano che passava il tempo, i lavori sono stati conclusi al fotofinish e addirittura si è speso un milione di euro solo per mettere le pezze laddove non si era fatto in tempo a terminare le opere. Tutto questo per dare vita a contenuti “stravaganti” che sarebbero più adatti a una “fiera per agenti di viaggio”.
La corruzione. Non poteva passare inosservato un aspetto che negli ultimi anni ha davvero martoriato l’esposizione universale: la corruzione. Tangenti, inchieste, appalti affidati con metodi oscuri, custodie cautelari e scandali di vario tipo. Il tutto, secondo il Guardian, dimostra una cosa sola: “la corruzione è ancora presente nell’Italia del dopo-Berlusconi”.
Il dopo-Expo. Che cosa sarà dell’area di Rho-Pero quando calerà il sipario sull’esposizione universale? Una domanda che attanaglia i milanesi e che ancora è molto lontana dall’avere una risposta. Eppure si tratta di una questione decisiva: cosa ci sarà a novembre laddove prima erano presenti campagna e campi coltivati? Si sperava in un grande parco, ma al momento non si ha nemmeno idea di chi potrà comprare un’area che è stata acquistata da Arexpo (Regione Lombardia, comune di Milano, Fondazione Fiera e Comune di Rho) a un prezzo giudicato fuori mercato (160 euro al metro quadro). Ma soprattutto, come si farà a costruire qualcosa di verde quando tutta l’area è stata coperta da una lastra di calcestruzzo?
Il futuro delle esposizioni universali. Le critiche del Guardian, però, non si limitano all’Expo milanese, ma prendono in considerazione un po’ tutto il sistema stesso delle esposizioni universali: una formula sorpassata, che andava bene ai tempi in cui l’unico modo per vedere le novità pensate dai vari paesi era recarsi a vederle di persona e che non ha più molto senso nell’era di internet. Non solo: ormai è assodato che le esposizioni, dove passano, lasciano solo una “scia di debiti e distruzione”. L’esempio classico è quello di Siviglia ’92: le strutture temporanee non sono mai state smantellate per mancanza di soldi, lasciando tutta l’area che l’ospitava come una sorta di enorme luna park abbandonato. Gli sforzi e le spese, insomma, non valgono i benefici che si ottengono. La speranza, secondo Wainwright, è che l’Expo del 2020 di Dubai possa essere archiviata come l’ultima destinazione per le esposizioni universali.
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