Le
festività natalizie del 1951 saranno ricordate, in Francia, per una
polemica che ha risvegliato un vivo interesse attorno alla questione di
Babbo Natale, delle sue origini e del suo ruolo nella panoramica delle
celebrazioni (cristiane), fino ad arrivare a una vera e propria accusa
di eresia. A pronunciarla la Chiesa cattolica, che già da parecchi mesi,
attraverso le autorità ecclesiastiche, aveva espresso disapprovazione
per la crescente importanza attribuita da famiglie e
commercianti al personaggio di Babbo Natale, a cui si è unita la Chiesa
protestante, in toni forse meno enfatici ma altrettanto fermi.
L’occasione non sfugge a Claude Lévi-Strauss, celebre antropologo autore di Tristi tropici, al quale non succede tutti i giorni di trovarne una simile per esaminare, sotto i propri occhi, lo sviluppo repentino di un rito e di un culto, perché di questo, secondo lui, si tratta ..
Veniva denunciata una “paganizzazione” della festa della Natività, che deviava lo spirito collettivo dal significato propriamente cristiano di tale celebrazione, a vantaggio di un mito privo di valore religioso. Secondo l’accusa, Babbo Natale era inoltre un usurpatore perché si era via via conquistato spazio anche laddove era bandito il presepe..In effetti, si osserva, da quando l’attività economica era tornata progressivamente alla normalità, le celebrazioni del Natale in Francia avevano raggiunto un’ampiezza sconosciuta prima della guerra, uno sviluppo che fu il risultato diretto dell’influenza e del prestigio americani...Ebbene il 23 dicembre, presso il Duomo di Digione, si è compiuta l’esecuzione pubblica: il fantoccio di Babbo Natale è stato impiccato all’inferriata e quindi arso sul sagrato sotto gli occhi di parecchie centinaia di bambini.
Questa esibizione di plateale crudeltà non ha mancato di suscitare vive polemiche, anche nel mondo cattolico; la stampa dedica all’accaduto prime pagine ed editoriali e da parte del mondo civile si muove una disapprovazione verso la condotta del clero di Digione che costringe le autorità religiose a ritirarsi senza ulteriori commenti.
Ai tempi del rogo di Babbo Natale, il Paese era da poco uscito dall’occupazione tedesca della II Guerra Mondiale ed era molto diffusa un’opinione che si definiva miscredente, e che ricorda l’ondata libertaria della Rivoluzione francese e la noncurante spavalderia di certa stampa satirica contemporanea. Era tuttavia in atto un processo di graduale riconciliazione con le rappresentanze cattoliche, come dimostra in quegli anni la presenza nel Governo di partiti dichiaratamente confessionali.
E sono proprio gli anticlericali, in questa querelle che rischia ormai solo di suscitare ironie, a farsi difensori del buon vegliardo, privandolo di ogni caratteristica religiosa, riducendolo a innocua superstizione e facendone una bandiera di irreligiosità.
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L’occasione non sfugge a Claude Lévi-Strauss, celebre antropologo autore di Tristi tropici, al quale non succede tutti i giorni di trovarne una simile per esaminare, sotto i propri occhi, lo sviluppo repentino di un rito e di un culto, perché di questo, secondo lui, si tratta ..
Veniva denunciata una “paganizzazione” della festa della Natività, che deviava lo spirito collettivo dal significato propriamente cristiano di tale celebrazione, a vantaggio di un mito privo di valore religioso. Secondo l’accusa, Babbo Natale era inoltre un usurpatore perché si era via via conquistato spazio anche laddove era bandito il presepe..In effetti, si osserva, da quando l’attività economica era tornata progressivamente alla normalità, le celebrazioni del Natale in Francia avevano raggiunto un’ampiezza sconosciuta prima della guerra, uno sviluppo che fu il risultato diretto dell’influenza e del prestigio americani...Ebbene il 23 dicembre, presso il Duomo di Digione, si è compiuta l’esecuzione pubblica: il fantoccio di Babbo Natale è stato impiccato all’inferriata e quindi arso sul sagrato sotto gli occhi di parecchie centinaia di bambini.
Questa esibizione di plateale crudeltà non ha mancato di suscitare vive polemiche, anche nel mondo cattolico; la stampa dedica all’accaduto prime pagine ed editoriali e da parte del mondo civile si muove una disapprovazione verso la condotta del clero di Digione che costringe le autorità religiose a ritirarsi senza ulteriori commenti.
Ai tempi del rogo di Babbo Natale, il Paese era da poco uscito dall’occupazione tedesca della II Guerra Mondiale ed era molto diffusa un’opinione che si definiva miscredente, e che ricorda l’ondata libertaria della Rivoluzione francese e la noncurante spavalderia di certa stampa satirica contemporanea. Era tuttavia in atto un processo di graduale riconciliazione con le rappresentanze cattoliche, come dimostra in quegli anni la presenza nel Governo di partiti dichiaratamente confessionali.
E sono proprio gli anticlericali, in questa querelle che rischia ormai solo di suscitare ironie, a farsi difensori del buon vegliardo, privandolo di ogni caratteristica religiosa, riducendolo a innocua superstizione e facendone una bandiera di irreligiosità.
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