sabato 21 dicembre 2019

Il Sacro Chiodo e il rito della Nivola nel Duomo di Milano


Secondo un'antica tradizione nel Duomo di Milano è conservato uno dei chiodi con cui fu crocefisso Gesù; è conservato oggi in una teca in vetro posta a 42 metri di altezza sopra l'altare maggiore, nel semicatino absidale in corrispondenza dell'altare maggiore.
L'arrivo del chiodo a Milano non è conosciuto. Il primo documento che ci attesta l'esistenza del Santo Chiodo nella vetusta basilica di Santa Tecla risale al 18 gennaio 1389. Si trova nel registro di Provvisione che contiene gli atti dal 1389 al 1397 ed è conservato presso l'Archivio storico civico di Milano. Si tratta della risposta di Paolo de Arzonibus, luogotenente del Vicario, e dei XII di Provvisione, a Galeazzo Visconti che aveva stabilito fossero dichiarati festivi i giorni 5 agosto, festa della Madonna della neve e 16 ottobre, festa di san Gallo, titolare di un altare in Santa Maria Maggiore.
L'espressione ab antiquo fa supporre che il chiodo fosse conservato a Santa Tecla da alcuni secoli; a supporto di questa teoria si usa l'orazione unebre pronunciata da Sant’Ambrogio in morte dell'imperatore Teodosio (anno 395). In un'ampia digressione il santo narrava come Elena, madre dell'imperatore Costantino, si fosse recata in Terra Santa e qui avesse cercato con passione la croce e i chiodi della Passione. Trovatili, da due chiodi la pia donna avrebbe ricavato un diadema e un morso di cavallo donandoli poi al figlio Costantino con questo significato devozionale: "la corona è formata dalla croce perché risplenda la fede; anche le briglie sono formate dalla croce affinché l'autorità governi usando moderazione, non una imposizione ingiusta."
Lungo tutto il Quattrocento e i primi decenni del Cinquecento le Chiese Ambrosiane si svuotarono e di fedeli e di preti, tanto che in ormai pochissime di esse veniva celebrata messa.
La stessa presenza in Duomo del Santo Chiodo era stata sostanzialmente dimenticata dalla popolazione e anche da molti del clero stesso.
A porre freno a questa deriva arrivarono quasi contemporaneamente San Carlo e la Grande Pestilenza del Cinquecento.
Il 25 giugno 1566 San Carlo Borromeo entrò per la prima volta in Duomo e tra i primi atti dispose di ripulire, illuminare e ricostruire in vetro la teca che conteneva il Sacro Chiodo.
Era da oltre 25 anni che il chiodo non veniva esposto ai fedeli. E per altri 10 anni l'andazzo fu quello.
Solo l'arrivo della pestilenza fece cambiare la sorte del chiodo ormai condannato ad un sostanziale oblio
Milano fu colta dalla peste nel 1576 e San Carlo persuaso che senza un particolare inter­vento divino la città non sarebbe mai stata liberata dal tremendo flagello, indisse tre pubbliche processioni, cui egli stesso intervenne scalzo e con la corda al collo.
Sempre per ini­ziativa di san Carlo, la celebrazione in onore del Santo Chiodo venne attuata ogni anno, nella festa dell'Invenzione della Croce, al 3 maggio.
Ed è proprio in quei primissimi anni che appare anche la "nivola", il macchinario che permette di raggiungere il Sacro Chiodo.
Fu il Cardinale Montini, poi Papa Paolo VI, ad introdurre l'usanza che fosse il cardinale stesso a salire sulla nivola e a recuperare il Sacro Chiodo posto nella teca a 42 metri di altezza.
Il cambio di tradizione fu probabilmente dovuto alla maggior sicurezza data dalle moderne tecnologia che rendevano la nivola finalmente sicura.
Fu infatti a metà anni 60 del Novecento che venne elettrificato il meccanismo che sollevava la nivola; in precedenza erano le braccia di 16 uomini a sollevare l'ascensore sino ai 42 metri.
La nivola fu fatta quasi certamente realizzare da San Carlo Borromeo, il cardinale che riportò il culto della reliquia del Santo Chiodo ai fasti Medioevali dopo quasi mezzo secolo di oblio.
Erroneamente attribuita a Leonardo da Vinci, che collaborò sì con la Veneranda Fabrica del Duomo ma solo per alcuni disegni per la costruzione del tiburio della Cattedrale, e che visse a Milano tra il 1508 e il 1513, la nivola fu ordinata con un decreto del febbraio 1577 direttamente da San Carlo Borromeo, decreto conservato negli archivi dell'Arcidiocesi. Sino ad allora infatti il Santo Chiodo non veniva mai esposto ai fedeli e rimaneva perennemente posto nella teca sopra l'altare maggiore.
Un'antica descrizione della nivola è contenuta nel diario del cerimoniere del 1583-84. Questo può suggerire che in quell'anno la "macchina", forse fino ad allora senza un aspetto particolarmente degno di nota, sia stata addobbata e illuminata ovvero fosse usata per la prima volta.
Nel suo assetto attuale, la nivola risale all'epo­ca di Federico Borromeo.
È di forma circa ellis­soidale, all'esterno tutta rivestita di tela intera­mente dipinta a olio con figure di angeli in volo tra nubi e squarci di cielo.
Dopo varie peripezie dal1986 si modernizzò l'impianto elettrico del sistema di sollevamento della nivola.
Da allora la preparazione della nivola per il Rito segue uno schema ben definito: la nivola, che lungo il corso del­l'anno resta appesa, avvolta in una tela di juta, sul soffit­to della prima campata nella navata destra del Duomo, viene preparata qualche giorno prima del rito, nella parte centrale del coro vecchio, in fondo all'attuale cappella feriale.

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