martedì 2 agosto 2016

Il sacrificio del grano fonte di vita e alimento fondamentale mediterraneo

Alfredo Cattabiani

da Calendario


All'inizio dell'estate si miete il frumento, un'operazione impregnata un tempo di sacralità e perciò accompagnata da riti ispirati alla credenza che nel raccolto si manifestasse una forza o potenza sacra chiamata il "Vecchio" dagli Arabi, dai Serbi e dai Russi; oppure "Madonna del grano" nei paesi anglo-germanici, e "Madre della spiga" o "Vecchia" dagli Slavi. Questa forza attiva si credeva incarnata nell'ultimo covone o nelle ultime spighe i cui granelli si mescolavano alla semente autunnale per garantire un buon raccolto l'anno seguente. I Bulgari la chiamavano "Regina del grano", identificandola con l'ultimo covone che vestivano con una camicia da donna, portavano in processione per il villaggio e infine gettavano nel fiume per impetrare la pioggia in funzione del futuro raccolto: oppure bruciavano, spargendone le ceneri sui campi per accrescere la fertilità.

L'usanza, ormai quasi scomparsa, di gettare in acqua un fantoccio vegetale oppure di bruciarlo era l'eco di un rituale arcaico che impliava un sacrificio umano. Si identificava lo Spirito del grano in un forestiero che attraversava i campi durante la mietitura, oppure nel mietitore che tagliava l'ultimo covone, o in una vittima scelta secondo un rituale. Costui veniva ucciso e bruciato, e le sue ceneri sparse nei campi per fertilizzarli. Si supponeva che lo Spirito del grano si appiattasse tra le spighe indietreggiando, man mano che la mietitura procedeva, fino alle ultime spighe o all'ultimo covone. Allora, espulso dal suo ultimo rifugio, doveva necessariamente assumere una forma diversa da quella degli steli che erano stati il suo corpo e quale poteva essere se non l'aspetto di chi si trovava più vicino alle ultime spighe o all'ultimo covone?

Nell'Europa moderna è rimasta fino a qualche decennio fa l'eco incruenta di quella cerimonia: il contadino che tagliava l'ultimo grano veniva legato al covone e condotto in giro per il paese. Lo si batteva o bagnava, o addirittura lo si gettava in un letamaio. Si sacrificavano anche animali, simboli dello Spirito del grano: lupi, cani, galli, lepri, capre, tori, buoi, vacche, cinghiali, scrofe. In Transilvania si legava un gallo vivo nell'ultimo covone uccidendolo con uno spiedo; e dopo averlo spennato, se ne gettava la carne conservando pelle e penne fino all'anno successivo. All'epoca della semina i contadini mescolavano il grano dell'ultimo covone alle penne del gallo spargendolo sul campo: così lo Spirito del grano avrebbe informato la rinascita delle messi a primavera.


Risultati immagini per Pieter Bruegel il Vecchio, Mietitura,
Pieter Bruegel il Vecchio, Mietitura, 1565 (Metropolitan Museum, New York)


Già nei tempi antichi il sacrificio umano in occasione della mietitura era solo un vago ricordo, riattualizzato simbolicamente nelle cerimonie incruente descritte. Sia il sacrificio arcaico sia i riti che lo avevano sostituito erano la ripetizione rituale della creazione, del sacrificio iniziale di un gigante primordiale o di un animale mitico, come il toro, dal corpo del quale si formarono i mondi e spuntarono le erbe. «Il rituale rifa la Creazione» spiega Eliade; «la forza attiva nelle piante si rigenera mediante una sospensione del tempo e mediante il ritorno al momento iniziale della pienezza cosmogonica. Il corpo della vittima ridotto in pezzi coincide con il corpo dell'essere mitico primordiale che diede vita ai semi con il suo smembramento rituale.» [Mircea Eliade Trattato di Storia delle Religioni. cit pag. 259]

La mietitura era seguita da feste di ringraziamento nella forma di orge rituali, la cui funzione era di rendere possibile, riattualizzando il caos mitico anteriore alla creazione, il rinnovamento del ciclo agricolo. Tali orge furono stigmatizzate da molti concili, e a poco a poco vennero frenate e corrette in feste più accettabili dalla cristianità, anche se eccessi e sregolatezze continuarono fino alle soglie del nostro secolo.

Oggi si sono trasformate in fiere e sagre, come per esempio la sagra delle Regne a Minturno, in provincia di Latina, dedicata alla Madonna delle Grazie custodita nella chiesa di San Francesco. Sin dall'inizio della mietitura alcune immagini della Vergine sono portate nei campi, e ogni contadino vi depone accanto un covone di grano. Poi tutti i covoni sono trasportati in paese su carri allegorici riccamente addobbati e decorati da pannelli di mosaici composti da chicchi di grano colorati, che rappresentano scene di vita campestre. Sulla piazza si allestisce un grande palco che serve per la trebbiatura, eseguita con il caratteristico «viglio». Si prende un covone di grano da ogni carro e lo si depone sul palco dove una coppia in costume batte le spighe scandendo il tempo con danze e canzoni popolari.



Alfredo Cattabiani, Calendario (Oscar Saggi, pag. 247 e seguenti)

Nessun commento: