Quando nella pianura padana c'erano ancora vaste maremme (residui dell'antichissimo mare interno che poi si ritirò nell'Adriatico) i Celti prima e i Liguri poi si stanziarono nelle valli appenniniche. Qui le popolazioni, tra il 3000 e il 2000 a.C. costituirono un culto a un dio di pietra, che venne chiamato Penn, che significa "altura, monte", da qui il nome alle Alpi Pennine e agli Appennini (ma anche i monti Penice, Penna, Pennino e la località Pentema), che era una divinità , appunto, della cima delle montagne, poi venerata dai Salassi e ricordata da Tito Livio. Veniva adorato a forma di scheggione di roccia più o meno lavorato o talvolta con semplici ammassamenti di pietre. I Romani lo latinizzarono col nome di Pennius e divenne Giove Pennino. Oggi è ancora possibile trovare antiche rappresentazioni di questo dio dimenticato, una di queste si trova nell'entroterra di Finale Ligure, lungo l'antica via romana Via Julia Augusta: un enorme menhir rialzato, consumato dal tempo, con lontane fattezze umane. Alla base della singolare 'scultura' millenaria ci sono ancora segni incisi, forse di rituali e ancora oggi si trovano offerte, il che vorrebbe dire che qualcuno nutre ancora una forma di venerazione per questa divinità . Buona parte delle testimonianze di questi antichi culti sparirono con l'avvento del cristianesimo, specialmente tra il VI e il IX secolo, quando i sovrani Childeberto, Chilperico, Carlo Magno e molti altri ordinarono agli abitanti dei monti e delle campagne, sotto minaccia di pene gravissime, di distruggere i simulacri di pietra, i dolmen e qualsiasi altro oggetto al quale si volgeva culto. Da quel momento in poi, ogni culto alla divinità scomparve e ne rimase solo il toponimo. Gli unici frammenti giunti sino a noi devono la loro fortuna o alla protezione popolare o all'inaccessibilità del luogo in cui si trovano.
giovedì 11 agosto 2016
Il dio incarnato dalla pietra: Penn
Quando nella pianura padana c'erano ancora vaste maremme (residui dell'antichissimo mare interno che poi si ritirò nell'Adriatico) i Celti prima e i Liguri poi si stanziarono nelle valli appenniniche. Qui le popolazioni, tra il 3000 e il 2000 a.C. costituirono un culto a un dio di pietra, che venne chiamato Penn, che significa "altura, monte", da qui il nome alle Alpi Pennine e agli Appennini (ma anche i monti Penice, Penna, Pennino e la località Pentema), che era una divinità , appunto, della cima delle montagne, poi venerata dai Salassi e ricordata da Tito Livio. Veniva adorato a forma di scheggione di roccia più o meno lavorato o talvolta con semplici ammassamenti di pietre. I Romani lo latinizzarono col nome di Pennius e divenne Giove Pennino. Oggi è ancora possibile trovare antiche rappresentazioni di questo dio dimenticato, una di queste si trova nell'entroterra di Finale Ligure, lungo l'antica via romana Via Julia Augusta: un enorme menhir rialzato, consumato dal tempo, con lontane fattezze umane. Alla base della singolare 'scultura' millenaria ci sono ancora segni incisi, forse di rituali e ancora oggi si trovano offerte, il che vorrebbe dire che qualcuno nutre ancora una forma di venerazione per questa divinità . Buona parte delle testimonianze di questi antichi culti sparirono con l'avvento del cristianesimo, specialmente tra il VI e il IX secolo, quando i sovrani Childeberto, Chilperico, Carlo Magno e molti altri ordinarono agli abitanti dei monti e delle campagne, sotto minaccia di pene gravissime, di distruggere i simulacri di pietra, i dolmen e qualsiasi altro oggetto al quale si volgeva culto. Da quel momento in poi, ogni culto alla divinità scomparve e ne rimase solo il toponimo. Gli unici frammenti giunti sino a noi devono la loro fortuna o alla protezione popolare o all'inaccessibilità del luogo in cui si trovano.
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