«Quando entrò e gli fui presentato, esitai a tendergli la mano chiedendomi se stesse a me farlo (…). Allora gliela porsi, lui me la afferrò in uno slancio di gratitudine, e d’improvviso mi sentii inondato di cielo: erano i suoi occhi, non ne avevo mai visti di eguali, una cascata di luce blu. Poi li abbassò e fu subito buio. (…) ero letteralmente ipnotizzato da lui che si era esiliato in un angolo del divano, e lì stava quietamente, la testa reclinata sul petto, le sopracciglia tirate a tenda sugli occhi in uno sforzo che gli tatuava la fronte di pieghe perpendicolari. Avevo visto di Pound, tante fotografie; ma ora mi accorgevo che nessuna riesce a rendere la pura, marmorea, assoluta bellezza al di fuori di qualsiasi corrente archetipo. Di volti come il suo, tra il profeta biblico e l’eroe omerico, ne sono usciti solo dalle mani di Michelangelo. Era la prima volta che vedevo un poeta somigliare alla sua poesia. (…). Solo sul registro dell’anagrafe, Pound, è un nostro contemporaneo. Appartiene ad altre età. E forse è per questo che ha smesso di parlarci»
(Indro Montanelli 1909-2001)
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