JEAN COCTEAU, VILLEFRANCHE E LA CHAPELLE SAINT-PIERRE
Nella nostra epoca di turismo omologato non è facile immaginare il
fascino chic e un po’ esotico che emanava questa piccola località della
Côte d'Azur
JEAN COCTEAU, VILLEFRANCHE E LA CHAPELLE SAINT-PIERRE
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Quasi
di fronte all’hôtel, posta su quai Amiral Courbet adiacente al Port de
la Santé, si trovava una piccola cappella romanica del XIII secolo
dedicata originariamente a San Pietro, patrono dei pescatori. La
cappella, in completo stato di abbandono, veniva utilizzata come rimessa
per le reti ed occasionalmente quale sede del tribunale ove i marinai
di Villefranche regolavano i propri conflitti. Fu
all’inizio degli anni Cinquanta che Cocteau ebbe l’idea di progettarne
la ristrutturazione, secondo quello spirito eclettico che animò tutta la
sua produzione artistica. Ciò che ancora oggi affascina di Cocteau è
proprio l’ampiezza della produzione creativa unita a una particolare
originalità espressiva. Amava, infatti, sperimentare tutti i linguaggi
che l’arte potesse offrire: era poeta, romanziere, saggista, scrisse
drammi teatrali, libretti d’opera, si cimentò anche come attore. In quel
momento si stava dedicando alla carriera cinematografica: Orphée,
di cui aveva curato sceneggiatura e regia, vinceva nel 1950 il premio
della critica a Venezia. Come disegnatore e pittore fu assai influenzato
dall’amico Picasso e la decorazione della cappella di Saint-Pierre
rappresenta senza dubbio la sua opera più incisiva. Cocteau diede inizio
ai lavori di ristrutturazione il 5 giugno 1956, dopo sei anni di
trattative tra l’amministrazione locale e la congregazione dei pescatori
proprietaria dell’immobile. Senza chiedere alcun compenso, si occupò
personalmente di affrescare le pareti esterne ed interne avvalendosi di
maestranze regionali per completare la restaurazione dell’edificio.Il
suo segno stilizzato e colorato si nota già dalla facciata: rossa,
gialla e bianca, con forme geometriche curvilinee che si alternano
armoniosamente ad altre di aspetto cuspidale, dando l’impressione di
essere state scolpite nella pietra. Il decoro murale che ricopre
interamente la superficie interna venne eseguito prevalentemente con la
tecnica del carboncino cui furono successivamente aggiunte tenui
sfumature di rosa pallido, giallo e azzurro.
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Cocteau
ideò cinque scene principali arricchite da un tripudio di simboli
mistici, di citazioni e allusioni riconducibili alla sua produzione
artistica. L’abside e le pareti laterali evocano tre momenti della vita
dell’apostolo Pietro: la camminata sulle acque, il pentimento per aver
tradito Gesù, la liberazione dal carcere ad opera di un angelo. Le scene
rimanenti, poste sulle pareti a destra e a sinistra dell’ingresso, sono
di ispirazione profana e rappresentano un omaggio ai gitani del
villaggio provenzale di Les-Saintes-Maries-de-la-mer e alle ragazze di
Villefranche. Il visitatore che entra in questa chiesetta si immerge
immediatamente in uno spazio sereno e silenzioso che fa trattenere il
respiro. Si resta sorpresi per le grandi dimensioni dei personaggi che
affollano gli affreschi, colti in pose plastiche quasi fossero sul punto
di distaccarsi dalle pareti. Alzando lo sguardo si viene rapiti dal
turbinio delle ali degli angeli sulla volta, a richiamare il volo dei
gabbiani. Dietro l’altare spicca la gigantesca sagoma stilizzata di Gesù
che tende la mano per salvare Pietro dalle acque, cui Cocteau diede
un’espressione “semplice, sublime, saggia” ma anche “imprevedibile,
beffarda”. Ai lati del portone d’ingresso decorato à trompe-l’oeil si
trovano due candelabri in ceramica cotti nei forni di Valbonne. Li
sormonta il grande occhio di Dio, che scruta il visitatore con
inquietante fissità. Sopra il portone si legge la frase Entrez vous-même dans la structure de l’édifice comme étant des pierres vivantes (Entrate nell’edificio come pietre viventi) a far memoria delle parole che Gesù rivolse a Pietro.
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Si
rimane incantati dall’abilità pittorica di Cocteau, che unisce con
sublime naturalezza arte e spiritualità. Colpisce la semplicità
fumettistica delle raffigurazioni, ove accanto ai protagonisti dei
racconti evangelici trovano posto pescatori, gitani, musicisti, ragazze
di paese e molti suoi amici personali. L’effetto complessivo è di una
grazia sobria di chiara ispirazione naïf, che unisce la spiritualità
pura presente nei racconti evangelici alle scene di vita quotidiana di
spiccata suggestione mediterranea. La cappella così restaurata venne
inaugurata con una Messa il primo agosto 1957. Cocteau scrisse per
l’occasione: “Ho vissuto notte e giorno per cinque mesi nella piccola
navata di Saint-Pierre, arrotolato tra le sue volte, rapito,
imbalsamato, per così dire, come un faraone preoccupato di dipingere il
proprio sarcofago. Alla fine mi sono trasformato in una parete, la
parete ha preso il mio posto e mi ha parlato… Io sono diventato la
cappella, e poi la cappella ha cominciato a vivere.” La chiesetta apre
al culto una volta l’anno, in occasione della festa di San Pietro, come
testimoniano i paramenti sacri e l’ostensorio a forma di colomba
disegnato da Cocteau posti sull’altare. La visita richiede un tempo
piuttosto breve ma lascia una sensazione di pace persistente, come se la
sua essenza restasse sospesa nell’aria salmastra lungo la banchina del
porto, tra le onde che accarezzano le barche ormeggiate al pontile.
Paolo Maria Iraldi
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