Restauri da stroncare. Il massacro della cattedrale Chartres
Il massacro della cattedrale
di Chartres, in Francia, si sta compiendo indisturbato. Ottocento anni di storia sono già stati cancellati dall’abside e dal transetto, e saranno presto cancellati anche dalla navata principale e poi dalle laterali. L’architetto Carlo Berarducci e il suo sdegno in questo editoriale.
Un restauro a dir poco radicale della cattedrale di Chartres non lascia traccia del passaggio del tempo, degli eventi, degli incidenti consumati nel corso di oltre ottocento anni dall’inizio della costruzione. Sopra l’antico e sconnesso (ancora per quanto?) pavimento originale in pietra e sopra la base in pietra consumata dal tempo delle colonne nervate, è stato completamente ricostruito l’intonaco delle costolature e delle parti murarie tra costola e costola e quindi ritinteggiato tutto di un color bianco calce splendente senza alcun segno di patina, senza irregolarità di alcun tipo, un intonaco nuovo come quello delle villette in stile costruite sulle palme di Dubai. L’effetto è quello di una finta cattedrale voluta da qualche eccentrico sceicco arabo a riproduzione della cattedrale gotica. Effetto accentuato da un’illuminazione sparata uniformemente sulle volte e sulle colonne, lontano quanto più possibile dal chiaroscuro delle torce che hanno illuminato i primi settecento anni.
Un restauro che si discosta di poco dalla maniera di intendere il restauro in Cina, dove interi Hutong, gli antichi isolati di case a un solo piano che costituivano il tessuto urbano di Bejing vengono letteralmente demoliti, cioè rasi al suolo completamente, per poi essere ricostruiti identici ma nuovi, con nuovi spazi commerciali al piano terra per le catene internazionali della moda.
Qui si compie un restauro di ripristino dello stato ex ante di un immaginario stato originario, difficile peraltro da individuare per l’insieme di una costruzione realizzata nell’arco di oltre due secoli, per riportare gli intonaci delle parti non realizzate in pietra, ma che volevano simulare l’essere di pietra, a una nuova splendente immacolatezza del primo giorno, ma quale poi e di quale parte? Del secolo prima o del secolo dopo o di quello dopo ancora? Diverso quindi dal restauro sia pur opinabile della Cappella Sistina, che ha comunque riportato il colore così come lo ha pensato, realizzato e visto Michelangelo.
E allora perché fermarsi alle parti murarie e non proseguire con il restauro per sostituzione dei marmi consumati e danneggiati dei pavimenti e delle basi delle colonne rimasti in palese contrasto con i nuovi intonaci, dal momento che gli intonaci rifatti non sono quelli delle superfici piane intonacate pensate dall’origine per un periodico ripristino come lo sono gli intonaci delle facciate dei palazzi di Venezia, per esempio, ma sono appunto le nervature delle colonne e i costoloni costruiti in muratura per sembrare di marmo come in effetti sembravano prima del restauro.
Quello che è più preoccupante sono le conseguenze possibili e naturali. Se questo è il modo corretto di restaurare Chartres, perché non proseguire con Notre-Dame e con tutte le cattedrali di Francia, per riportarle a un nuovo splendido candore come costruite oggi stesso? Un’opera di falsificazione dell’originale per realizzare una falsa riproduzione, perché in realtà in origine vera. Un falso falso, quindi.
Un restauro che si discosta di poco dalla maniera di intendere il restauro in Cina, dove interi Hutong, gli antichi isolati di case a un solo piano che costituivano il tessuto urbano di Bejing vengono letteralmente demoliti, cioè rasi al suolo completamente, per poi essere ricostruiti identici ma nuovi, con nuovi spazi commerciali al piano terra per le catene internazionali della moda.
Qui si compie un restauro di ripristino dello stato ex ante di un immaginario stato originario, difficile peraltro da individuare per l’insieme di una costruzione realizzata nell’arco di oltre due secoli, per riportare gli intonaci delle parti non realizzate in pietra, ma che volevano simulare l’essere di pietra, a una nuova splendente immacolatezza del primo giorno, ma quale poi e di quale parte? Del secolo prima o del secolo dopo o di quello dopo ancora? Diverso quindi dal restauro sia pur opinabile della Cappella Sistina, che ha comunque riportato il colore così come lo ha pensato, realizzato e visto Michelangelo.
E allora perché fermarsi alle parti murarie e non proseguire con il restauro per sostituzione dei marmi consumati e danneggiati dei pavimenti e delle basi delle colonne rimasti in palese contrasto con i nuovi intonaci, dal momento che gli intonaci rifatti non sono quelli delle superfici piane intonacate pensate dall’origine per un periodico ripristino come lo sono gli intonaci delle facciate dei palazzi di Venezia, per esempio, ma sono appunto le nervature delle colonne e i costoloni costruiti in muratura per sembrare di marmo come in effetti sembravano prima del restauro.
Quello che è più preoccupante sono le conseguenze possibili e naturali. Se questo è il modo corretto di restaurare Chartres, perché non proseguire con Notre-Dame e con tutte le cattedrali di Francia, per riportarle a un nuovo splendido candore come costruite oggi stesso? Un’opera di falsificazione dell’originale per realizzare una falsa riproduzione, perché in realtà in origine vera. Un falso falso, quindi.
Lo stesso procedimento lo avevo già notato in alcuni piccoli villaggi medioevali sulla strada per raggiungere Chartres, dove pure il restauro perfetto delle antiche case in legno e la totale defunzionalizzazione delle destinazioni d’uso, con lo sradicamento del tessuto abitativo e la totale destinazione ristorativa, produce uno strano effetto di disneyficazione dell’originale, come se il modello di riferimento per il restauro fosse diventato la main street di Disneyland, dove al piano terra si susseguono uno dopo l’altro i ristoranti, le caffetterie, le crêperie, le gelaterie con le loro insegne su tavole di legno dipinte a mano e appese sopra le porte d’ingresso con catenelle in bronzo secondo precisa prescrizione, fermando un tempo mai esistito, congelando un falso più falso del falso. Il falso riprodotto diventa il modello per il restauro del vero. Disneyland si conferma la cosa più vera che ci rimarrà.
Carlo Berarducci
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