Di Curzio Vivarelli
Preferisco percorrere le vie e le stradine in lungo e in largo tanto per farmi un'idea il più possibile completa e riassuntiva di un luogo. Leggevo in una prosa del solito scanzonato Giorgio Albertazzi che lui, già studente di liceo classico e laureato in architettura, detesta il cimelio e io mi trovavo d'accordo con lui già prima di leggerlo perché a mia volta detesto l'aria greve dei musei. Non entro nemmeno nei caffè o nei bar e più che altro giro e rigiro per le strade alla ricerca di quelli che io nomino, senza pretese letterarie certo, gli "angoli di poesia", quei posti spesso di pochi metri quadrati dai quali girando il capo sui vari punti cardinali vedi uno spettacolo completo, muto e di sola visione poetica.
Nella via assolata di Camaiore, che è poi la circonvallazione meridionale alla quale pervenivo dopo aver traversato le scarne vie del piccolo centro trovai il mio "angolo di poesia": alzai gli occhi e vidi sopra la fila delle modestissime casette sbrecciate colle grondaie storte, i battenti delle finestre sverniciati e fuori squadra, vedevo dunque le colline carducciane, il palazzo patrizio e, dietro di esso, la cattedrale, o meglio il campanile di essa con la copertura a scodella rovesciata che io chiamo, nella mia imperizia di girovago senza precise cognizioni d'arte "copertura alla livornese", perché lo ho vista sempre nei campanili della costa livornese, oltre che immortalata nel trittico di Gerardo Dottori.
Bella visione! E io, il "veditore" volli poi andar a scoprire cosa c'era in questa cattedrale romanica di cittadina modesta.
Vidi ben poco di speciale. Già mi impressiono poco di mio nei musei o nelle cattedrali veronesi che pure ammiro. Ma il poco che qui c'era mi colpì per la sua semplice bellezza.
La vasca per l'immersione rituale degli infanti, vigilata da un crocifisso in ottone e con ad un dipresso un bel marmo bianco istoriato che forse faceva da altare. E poi vidi e fotografai poco lontano dalla vaschetta, fatta pel primo nuoto mistico dei neonati, un "bamboccio", ovvero la statuetta d'un santo con il bastone pastorale. La fattura mi parve di medioevo e per questo lo chiamo "bamboccio": non era ancora iniziata a Firenze la Rinascita con l'imitazione dei modelli greci, e gli scultori paesani di statue dovevano arrangiare delle immagini che riuscissero in un qualche modo a colpire l'immaginazione. Di qui il fatto che questi "bambocci" abbiano nella loro scarna fattura la loro espressività ed una bellezza timida che li rende ancora più vicini al cuore.
Uscii dalla cattedrale, non lessi nemmeno le targhette o i foglietti volanti per non alterare le mie impressioni immediate. L'erudizione è necessaria, qualche volta però è perniciosa e qui nel mio caso lo era. Tornai per le vie strette e in ombra verso la circonvallazione meridionale.
Nessun commento:
Posta un commento