giovedì 17 maggio 2018

Un enigma legato alle degenerazione post rinascimentale

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maga che strangola un putto ...
Un dipinto proveniente proprio dagli Uffizi, attribuito oggi al pittore veneto Jacopo Ligozzi ( Verona 1547 – Firenze 1627 ) ed inventariato con il titolo “Maga che strangola un putto“, desta da tempo la curiosità dei curatori degli Uffizi e degli storici dell’arte tanto per la particolarità del soggetto rappresentato quanto per il fatto che, in mancanza di una firma, l’attribuzione dell’opera sia in verità tutt’altro che certa e una misteriosa iscrizione leggibile nel bordo della veste della donna rappresentata si pensa possa rimandare al vero autore del dipinto. Il dipinto è anche noto tra gli addetti ai lavori come “La strangolatrice” o “la Strega“ ed oggi è custodito e in buono stato di conservazione in un deposito della Galleria Palatina di Palazzo Pitti.
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La Maga che strangola un putto
Il dipinto misura 81 centimetri di altezza e 67 di larghezza e raffigura una giovane donna che sembra in procinto di strangolare un bambino ancora in fasce: la luce tenue della candela, la disperazione di quel bimbo che prega ed implora, lo sguardo e l’espressione della Strega che sembra ammonire chi guarda l’opera, quasi a sfidarlo a guardare ciò che di lì a poco lei commetterà, ovvero il crimine più atroce ed indicibile, l’omicidio di un bambino.
Nel colletto della veste della Strega è disegnato quello che sembra un logogrifo, due monogrammi di tre lettere ognuno e tra di essi il volto di un uomo barbuto e le vicende ed il ragionamento che hanno condotto alla presunta soluzione del rebus sono davvero interessanti, una lunga decifrazione durata settimane con il contributo ed i suggerimenti di alcuni enigmisti, veri campioni della disciplina.

Nove lettere, cinque vocali e quattro consonanti, le combinazioni innumerevoli ed alcune soluzioni assai poco convincenti hanno condotto il sottoscritto ad un inevitabile impasse, cosa tutt’altro che rara per coloro che si dilettano tentando di risolvere questo genere di giochi di parole, pensando quindi di coinvolgere Federico Mussano, amico enigmista, giornalista e scrittore. Federico, oltre a rilevare subito una forte somiglianza tra il viso barbuto disegnato sul colletto della Strega con il volto di Raffaello Sanzio nel dipinto “Autoritratto con Giulio Romano”, coinvolgeva nei ragionamenti uno dei più esperti e noti enigmisti, Tiberino, nome d’arte di Franco Diotallevi.

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