Il mondo del mito è per me un mondo materno, antico e
confuso. Ha il tono leggendario della parola materna; in senso
letterale, intendo. Mia madre racconta così del suo passato, in modo
leggendario; vertigini del tempo si aprono nelle sue storie che mi
lasciano come di fronte al mistero ammutolita. Se rimango stordita è
perché non capisco se è proprio vero quello che racconta e tra le varie
versioni dello stesso episodio non so mai a quale credere, se a quella
che vuole che la bisnonna materna fosse fuggita dalle montagne tra
Sansepolcro e Arezzo con un artista del circo, o se invece era la
sorella della bisnonna e l' amante non era un acrobata, no, era il
padrone del circo... E la nonna paterna, o la bisnonna, lei era russa,
ma com' era finita in Maremma? Migrazioni di popoli? O di simboli? Pure
fantasie? E perché proprio quelle? Di una cosa però sono certa
riguardo a mia madre: c' è un contenuto di verità nei suoi racconti, e
se non coincide con il loro contenuto di realtà, questo fatto li rende
semmai più intriganti. Non accade la stessa cosa coi personaggi del
mito? Il racconto mitico non è in effetti né meno ombroso, né meno
confuso. Prendete ad esempio la figura di Iside, le sue storie, o
leggende: secondo alcuni Iside è figlia di Ermes, secondo altri è
figlia di Prometeo. C' è chi la identifica con Cerere. Altri ancora
sostengono che Osiride e Iside sono figli di Zeus e Era, dèi che
appartengono a una specie di seconda repubblica, posteriore a quel
rimodernamento del cielo che fu opera di Crono. In certe tradizioni,
per la molteplicità dei suoi poteri, Iside è chiamata myrionima, e tra i
molti nomi il primo è quello di Demetra. Ma è anche chiamata
Core-Persefone-Proserpina. In uno dei quattro inni incisi sui pilastri
ai lati dell' ingresso del santuario di Iside a Madinet Madi nel Faiyum
la si definisce "inventrice di ogni vita." O "Iside salvatrice". In
molte leggende la si paragona a Io. Tra gli animali la vacca le è
sacra, e quindi intoccabile e perciò esclusa dal sacrificio. Alla dea
si offrono piuttosto buoi. O tori e cervi. Ama la pecora, e perciò non
si veste di lana: l' Iside di Nemi possedeva una vera e propria parure
in puro lino: tunica e mantello, stola; la cintura era d' oro... Il
mistero di Iside lo racconta in modo mirabile il secondo volume sulle
Religioni dei Misteri che la Fondazione Valla ha mandato alle stampe a
cura di Paolo Scarpi (pagg. XLVII-616, euro 27). Nel primo (recensito
su queste pagine da Salvatore Settis) la raccolta di testi, amplissima,
e unica al mondo, delle Religioni dei misteri riguardava Eleusi, il
dionisismo, l' orfismo. In questo volume Paolo Scarpi, con la
collaborazione di Benedetta Rossignoli, raccoglie quanto c' è di
conosciuto sui misteri di Samotracia e di Andania e sui misteri di
epoca ellenistica e romana: Iside, Cibele e Attis, e il mitraismo. Ci
muoviamo prima per mare, in quello che si chiama oggi Mar di Tracia,
approdando in un' isola, al di là della quale per i Greci cominciava la
barbarie. E' un' isola straniera, con un' oscura lingua rituale, e dèi
oscuri, che Erodoto chiamava Cabiri, che significherebbe "grandi"; il
culto dei quali dèi prevedeva la forma dell' iniziazione e della
contemplazione, come a Eleusi. Poi ci ritroviamo in una piccola città
della Messenia, nel cuore del Peloponneso, ad Andania. Con Iside dall'
Egitto ci apriamo all' immenso mondo imperiale romano, perché i misteri
di Iside ebbero una spettacolare fortuna, trasportando l' icona della
dea a una fama hollywoodiana. E' in questa sezione dedicata a Iside
(curata in modo impeccabile da Benedetta Rossignoli) che mi sono
attardata condotta con mano ferma dall' eccellente studiosa. E così ho
appreso che in origine, all' epoca dei faraoni, i rituali che vedevano
come protagonisti Iside e Osiride erano legati al processo di
successione dinastica. Si accompagnava così il trapasso nell' Aldilà
del faraone e insieme si celebrava l' insediamento del nuovo signore
d' Egitto. In origine, al centro del mito e del rito c' era il mistero
del potere, e della vita e della morte e della sopravvivenza del
potente. In altri termini, affinché con il terremoto della morte non
vacillassero le fondamenta stesse della vita si immaginò una storia che
vedeva in Iside la sorella - prima che la sposa di Osiride - la quale
Iside sposando Osiride lo elevava al trono. Osiride, però, veniva
ucciso dal fratello, che a sua volta veniva ucciso dal figlio di Iside e
Osiride... L' enfasi sulla consanguineità era centrale nella teologia
regale; si risolveva così, con il genos, il problema del passaggio;
passaggio di potere, passaggio dalla vita alla morte. Fu Tolomeo I a
rivitalizzare il culto della divina coppia fraterna Iside-Osiride, al
fine di ristabilire un nesso di continuità ideale tra le pratiche
cultuali della tradizione faraonica e la politica dinastica dei
Tolomei: il matrimonio tra Tolomeo II e la sorella Arsinoe, celebrato
da Teocrito nell' Idillio 17, ne è esempio. Negli atteggiamenti
esteriori e nell' esercizio del potere, Arsinoe anticipa le regine
Cleopatra II e III, fino all' ultima discendente dei Lagidi, Cleopatra
VII; rispetto a loro i detentori del potere di sesso maschile sono
pallide controfigure. Cleopatra VII (tanto per intenderci, quella
shakespeariana) vanterà la memoria di una discendenza diretta dalla
prima sovrana d' Egitto, vale a dire Iside. L' elemento fondamentale
del rito di passaggio non sparisce nelle trasformazioni posteriori;
rimane anzi fortemente impresso nelle successive riprese del mito,
mentre lo sviluppo del corpus dottrinario religioso che si compie in
età ellenistica è frutto del rimodellamento che trova la sua
espressione più completa nell' esperienza narrata da Apuleio nell'
undicesimo libro delle Metamorfosi. Per Apuleio Iside Regina è
soprattutto madre, soccorritrice; con tale titolo la invocano gli
iniziati ai suoi misteri. E per tali accenti col tempo la pratica
cultuale dedicata alla dea subirà una evoluzione in senso cristiano: il
suo ruolo di madre in età tardo-antica è avvertito come anticipazione
delle prerogative fondamentali della figura mariana. Frequente in età
ellenistico-romana sarà la raffigurazione della dea in trono che
allatta Oro e proprio questo tipo iconografico produrrà una forma di
sincretismo cultuale tra Iside e Maria. E' , ripeto, in Apuleio - nel
più bel romanzo dell' antichità che porta la sua firma: le Metamorfosi o
L' asino d' oro - che si documenta appieno la tendenza
universalistica che il culto isaico ha ormai assunto, a testimonianza
del processo di assimilazione e sovrapposizione intercorso tra Iside e
le diverse figure femminili del mondo mediterraneo. Iside è la dea
panthea, assimilata e sovrapposta per identità di funzioni e per sfere
di competenza ad altre divinità femminili variamente distribuite nel
panorama geografico antico dalla Grande Madre frigia di Pessinunte a
Ecate, passando per Persefone e Demetra. Nello stesso tempo rimane
numen unicum, superiore alle altre dee. Il vero nome di questa grande
divinità è Iside regina, e con tale nome Lucio prega l' essenza divina
della realtà tutta al termine della sua metamorfosi; sì, proprio lei,
la sorella e sposa del re Osiride, sulla quale in origine si fondava il
principio della regalità egiziana, ora è soprattutto madre. Madre
della realtà: «Io degli dèi e delle dee rappresento l' aspetto
uniforme e col mio cenno governo i culmini radiosi del cielo, i salubri
venti del mare, i silenzi carichi di pianto degli Inferi» - così parla
Iside, in Apuleio. Via via leggendo le testimonianze raccolte con
acribìa da Benedetta Rossignoli si ha la conferma dell'
indeterminazione, dell' inafferrabilità, dell' evanescenza dei misteri.
E' qui che i misteri somigliano ai racconti di mia madre. La
tradizione, v' è chi ha detto, è anche e soprattutto tradimento, e
sullo sfondo dei misteri di Iside chi abbia l' orecchio iniziato non
può non avvertire l' affiorare di un fraintendimento greco e poi
greco-romano dei complessi mitico-rituali altri, stranieri; e straniero
è l' Egitto. Per non parlare del fraintendimento degli autori
cristiani. Ed è qui che io - educata come sono a pensare che la vera
natura di qualcosa coesiste con la sua propria origine, sì che per
conoscerne l' essenza si deve riandare alla sua origine; fervida
credente nel legame tra Wesen e Ursprung - mi sono detta: ma qual è il
gesto di Iside, in origine? Quale il gesto - anzi, l' azione vera e
propria, l' atto drammatico che le è proprio? Iside era la sorella di
Osiride e sua sposa. Alla morte di Osiride, per mano del suo Caino, che
cosa fa Iside? Vaga alla ricerca del cadavere del fratello-sposo. La
sua ricerca straziante fa dire a Erodoto: «Iside nella lingua greca è
Demetra». Così Erodoto coglie la somiglianza dell' azione tra le due
figure, Demetra in cerca della figlia, Iside del fratello. Ma Iside
somiglia a Demetra, quanto somiglia ad Antigone. O se somiglia alla
madre, è perché della madre, ma in quanto sorella e sposa, ripete quel
gesto fondante dell' identità della creatura vivente che è la
restituzione del corps morcelé all' intero dell' immagine. Atto che
secondo Lacan pertiene allo sguardo materno in quella "fase dello
specchio" assolutamente centrale allo sviluppo umano. A ognuno dei
pezzi del corps morcelé di Osiride Iside diede sepoltura, moltiplicando
cenotafi sul corpo del mondo: questo il suo gesto salvifico. Iside
raccoglie il corpo spezzettato del fratello-sposo. «L' unico resto di
Osiride che Iside non trovò fu il suo membro virile; era stato,
infatti, immediatamente gettato nel fiume e mangiato dal lepidoto, dal
fagro e dall' ossirinco, che tra i pesci sono, per gli Egiziani, le
creature più aborrite. Ma Iside fece una riproduzione in sostituzione
dell' organo genitale e consacrò il fallo, e in suo onore gli Egiziani
celebrano ancora oggi una festa», racconta Plutarco. E' interessante
allora osservare come questo "tipo-femmina" (per riprendere un'
espressione della sapiente Lou Andreas Salomé, donna particolarmente
versata nella conoscenza dei misteri femminili), il tipo, cioè, della
"sorella-sposa" venga progressivamente oscurato dal tipo "materno", la
sposa che si fa madre e in quanto madre protegge, conserva, raccoglie. E
non a caso proprio Lou Andreas-Salomé (lei che si volle sorella e
sposa degli uomini che amò, tra gli altri Nietzsche) in un suo scritto
che uscì nel 1914 su Imago col titolo Zum Typus Weib, accenna a un
"narciso femminile" che si realizzerebbe per certe donne nell' amore
fraterno, o sororale per l' uomo. Iside, mi chiedo, non potrebbe essere
il "tipo" di questo amore fraterno incestuoso? Di questo amore potrei
fare vari esempi d' epoca moderna. Giovanni e Annabella in Peccato che
fosse puttana di John Ford è il primo che mi viene in mente. Siamo in
Inghilterra in epoca post-shakespeariana, e per un drammaturgo non è
facile sopravvivere; sopravvivere, intendo, alla morte di Shakespeare. E
cosa fa Ford? Volendo raccontare la storia di un amore impossibile,
non scrive la patetica storia di Romeo e Giulietta, divisi per via
dell' odio familiare. Scrive, invece, la cruenta tragedia di due
giovani che si amano e congiungono nel più tabuico degli amori, perché
sono fratello e sorella. E sapete come si discolpa il libertino
Giovanni? Dice che proprio perché sono fratello e sorella si devono
amare, così è stato deciso nel grembo materno. Pare di sentire Plutarco
- che dopo tutto era conosciuto in Inghilterra - quando afferma:
«Iside e Osiride, da parte loro, si amavano e la loro unione si compì
prima ancora della nascita, nel buio del ventre materno». Un altro
esempio è la coppia Tom e Maggie de Il mulino sulla Floss. Siamo nell'
Ottocento e la colta, coltissima George Eliot - donna emancipata quante
altre mai ai tempi - con tutte le storie che si può inventare, che
cosa va a raccontare? L' amore incestuoso, con tragico annegamento, di
un fratello e una sorella, la quale muore per salvare il fratello che
muore con lei. Né meno interessante è osservare che tipo di miti (nel
senso proprio di storie, di trame) vanno a cercare nel Novecento uomini
alla ricerca dell' "altro stato", uomini votati al "possibile" -
uomini come Musil, voglio dire. Il racconto umano quasi sempre prevede
padri e figli, come insegnano Aristotele e Freud, ma se ci sono com' è
naturale padri e figli in Kakania, nell' uomo senza qualità i figli non
combattono i padri. Anzi, Ulrich proclama il proprio amore per il
padre. Non ha gelosia. E' Oreste. E va a cercare la sua Elettra, che si
chiama Agathe. Ma la faccia nascosta di Oreste è quella di Narciso.
Oreste è preoccupato di ritrovare la sorella maggiore Elettra e di
unirsi a lei, come Narciso alla propria immagine. Narciso non vuole né
uccidere suo padre, né giacere con sua madre, vuole non essere figlio
di nessuno, essere solo con se stesso, costituire la propria origine.
Cioè a dire, in epoca moderna, la legge della coppia incestuosa è
mortifera. Sterile. Più si avvicinano, più il fratello e la sorella si
ritrovano soli. Il frutto della fraternità è il vuoto, la solitudine.
Mentre l' unione di Iside e Osiride era fruttuosa. Ma a quei tempi e in
quei luoghi, come racconta Diodoro Siculo: «La legislazione
contemplava il matrimonio tra fratelli per il successo ottenuto da
Iside; costei, infatti, sposò il fratello Osiride e dopo la sua morte
fece voto con un giuramento di non accettare altra unione coniugale,
vendicò l' assassinio del compagno e regnò trascorrendo il resto della
sua vita nel più assoluto rispetto delle leggi, divenendo motivo dei
più grandi e numerosi benefici per tutti gli uomini». Chissà se era l'
Egitto il nuovo regno che Ulrich e Agathe volevano fondare?
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