Era un vero rito, solenne, dove si ripetevano gesti precisi.
Si coricava di forza il maiale sulla "meseta" (specie di altare costituito da una cassa di legno di forma trapezioidale che in seguito doveva contenere il macinato, chiamato tastasal, che andava a costituire il salame). Minimo tre persone forti tenevano fermo il povero suino che si dimenava furiosamente consapevole della tragica fine e il "Mazin" con un lungo coltello appuntito dava un colpo forte e preciso dalla gola verso il cuore e lo forava, dalla ferita foriusciva il sangue seguento gli impulsi dati dal cuore, che ancora pompava per poco. Si era pronti a raccogliere tutto quel sangue, non se ne perdeva una goccia, dato che seviva per preparare dei dolci particolari, ottenuti dalla cottura del liquido ematico misto a zucchero e uva appassita, la prepazione doveva precedere tutte le altre, una volta bollito prima di coaugularsi definitivamente era messo amch'esso in un budello e così si ottenevano i "brigaldoli".
Poi si passava allo smontaggio e alla separazione delle varie parti: i muscoli venivano tolti dalle ossa, la cotica, opelle coriacea, scorticata serviva per preparare i "codeghini", gli intestini tolti e lavati per poi essere riempiti dalla carne macinata, le parti sanguinolente come polmoni costituivano le cosidette:"morette" salamini neri. Quella morte dava la possibilità di vivere ad una intera famiglia e superare i rigori dell'inverno apportando le proteine e il grasso necessario, altrimenti la loro mancanza comportava delle grosse difficoltà per poter superare l'inverno rigido. L'uccisione del maiale era in fondo un vero sacrificio, si immolava l'animale afinchè la famiglia potesse vivere.
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