A un Km a nord di Alatri, lungo la strada che portava a Guarcino, in località La Stazza, tra le alture di monte Secco e di onte Cappuccini, l’ingegnere tedesco Bassel, alla ricerca dei resti dell’acquedotto costruito nel II secolo a.C. dal censore Lucio Betilienio Varo, rinvenne nel 1882 una base di colonna e vari frammenti di terrecotte architettoniche. Sul terreno in lieve declivio, di proprietà del conte Stanislao Stampa, sorretto da un muro in opera poligonale, successive indagini archeologiche eseguite dalla Direzione Generale delle Antichità e delle Belle Arti (dirette, nel 1889, da Adolfo Cozza e da Herman Winnefeld), portarono alla luce, in collaborazione con l’Istituto Germanico (di cui era membro lo stesso Winnefeld), resti di un tempio etrusco, in seguito reinterrati. I "tesoro" archeologico custodito in un deposito votivo si componeva di statuette raffiguranti simbolicamente l’offerente o la divinità, di un ex voto simboleggiante un bovino e di alcune monete di età repubblicana. SI trattava, quindi, di un piccolo santuario extraurbano datato alla fine del III secolo a.C., testimonianza di un ritrovato benessere della città, dovuto a un più intenso rapporto con Roma. Ed è in questo periodo che l’attività edilizia riprende ad Alatri, come testimonia il succitato tempietto di ordine tuscanico, anfiprostilo, la cui ricostruzione in scala 1:10 è oggi possibile ammirare presso il Museo Civico di Alatri.
Inoltre, in seguito alla scoperta, Adolfo Cozza realizzò un’accurata ricostruzione in scala 1:10 in legno e terrecotte policrome dell’ultimo restauro del tempio, conservata oggi nei magazzini del Museo della Civiltà Romana: questa fu la base per il modello in scala reale edificato tra il 1890 e il 1891, esposto in un cortile del Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia.
Resti messi in luce dagli scavi furono interpretati come pertinenti a un tempio con una cella di m. 6.39, un pronao di m. 679 e una larghezza di m. 7.925; le due colonne frontali dovevano avere un diametro inferiore ai 76 cm.; dalle tracce sul terreno il Cozza ipotizzò un originario tempio tuscanico con cella e pronao, mentre in una seconda fase doveva essere stato aggiunto un portico sul retro. Il tempio era rivolto a Sud, verso Alatri, mentre il lato Ovest era rivolto sulla valle, corrispondente, nell’iscrizione del censore L. Betilieno Varo, al “campum ubei ludunt” (campo dove giocano). Elementi della decorazione templare sono le lastre di rinvenimento che offrono motivi floreali – come palmette affrontate o disposte in serie – o geometrici, come il meando. Le antefisse del tempio di Alatri, che nella decorazione architettonica dei templi costituivano l’ultimo coppo del tetto sul margine della gronda, raffigurano Artemide, la Signora delle fiere, in greco Pòtnia Theròn. La religione romana la assimilava a Diana e, in questo caso specifico, la Pòtnia, con evidenti tracce di policromia, è raffigurata come dominatrice di due leonesse affrontate. Primordiale divinità delle selve e della forza generatrice della natura, la dea rappresentava l’ancestrale energia del creato.
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