“Le campane suonavano a martello solo per annunciare la peste, gli incendi e la guerra”, scrive Marek Halter ne 'Il cabalista di Praga', città del Golem, protettore del ghetto ebraico. E Jorge Luis Borges cita Eliezer da Worms, uno dei grandi esegeti del cabalistico ‘Sefer Yetzirah’ (Libro della Creazione), spiegando che egli “ha conservato la formula di cui si ha bisogno per plasmare un Golem.”
“Che cos’è un Golem?” si chiede d’altra parte Angelo Maria Ripellino nel suo libro ‘Praga magica’, che compie ora 50 anni. E si risponde: “E’ un uomo artificiale, d’argilla…il servo Golem è un personaggio chiave di Praga magica. Il vocabolo ebraico “golem” indica un rudimento, un germoglio, un embrione, implica dunque qualcosa di incompiuto, di ruvido, di embrionale…”
Il Golem è infatti incompiuto in sé e nel sogno che lo invoca, un Adamo che non conosce anima ma inconsapevolmente vi aspira. La sua imperfezione lo rende estremamente duttile, capace di infinite metamorfosi, immortale nelle tante materializzazioni in cui gli abbiamo chiesto di essere: dal misterioso personaggio del capolavoro di Gustav Meyrink, fino all’inquietante salma nella Sinagoga Vecchia-Nuova di Praga vista dal rabbino Yosef Yitzchok Schneersohn che spaventato corse via, come ha raccontato la sua figliastra. Il Golem può addirittura rivoltarsi contro il proprio creatore o rivelare le crepe nascoste dell’universo. Ma mantiene la speranza di un intervento occulto, sia pure incompleto, nelle cose senza speranza dell’Uomo, di qualsiasi uomo.
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