MANIFESTO BLANCO cfr SPAZIALISMO
Nel
´Manifiesto Blanco´, redatto da Lucio Fontana, in Argentina nel 1946,
era espressa una nuova concezione dello spazio che teneva conto per la
prima volta delle conquiste della scienza con le quali l´artista stesso
era chiamato ad interagire attingendo a nuovi strumenti e metodologie,
senza l´enfasi che era stata tipica dei Futuristi. Lo Spazialismo è
elaborato a Milano in cinque manifesti: del 1947 è il Primo manifesto,
firmato da Fontana, Kaisserlian, Joppolo, Milena Milani; Seguono
manifesti che radunano, di volta in volta, gruppi d´artisti tra i quali
Ambrosini, Bergolli, Buzzi, Capogrossi, Cardazzo, Carozzi, Roberto
Crippa, De Luigi, De Toffoli, Donati, Dova, Giancarozzi, Giani, Guidi,
Matta, Morandis, Morucchio, Peverelli, Scanavino, Serpan, Tancredi,
Tullier, Vianello. Del 1948 il Secondo manifesto, del 1950 la ´Proposta
per un regolamento´; in occasione della IX Triennale di Milano si
esprimeva col Quarto manifesto, 1951, la lucida coscienza dell´agire
nello spazio e del provocare, con ogni azione, uno spazio; del 1952 è il
Manifesto del Movimento Spaziale per la Televisione: impiegando per la
prima volta il nuovo strumento di comunicazione ne sottolineava
l´importanza ai fini della diffusione dell´informazione sulla ricerca
artistica. Sulle tesi dello Spazialismo si innestarono le attività di
vari movimenti come ´Groupe-espace´ in Francia, come il Nuclearismo di
Baj e Dangelo, le ricerche di Neoconcretismo, a partire dalla scelta di
Fontana per la monocromia dei campi, e di arte programmata (è Fontana
che presenta nel 1961 il Gruppo T).
Le ricerche di Fontana, già attivo fin dagli anni ´30 tra i primi
astrattisti, sosterranno puntualmente il movimento lungo tutto l´arco
della sua crescita con la continua proposta di segni, gesti e interventi
di inequivocabile novità e genialità, in netta opposizione a tutti i
canoni tradizionali della pittura e della scultura, e soprattutto con il
campo il cui si esprime l´opera, di cui viene oltrepassata sia la
superficie sia la relazione con l´ambiente, nel senso prettamente fisico
e nel senso dell´interazione tra spazio e luce. Allo straordinario
vitalismo che sottende ogni proposte dell´artista fa da contraltare una
sorta di silenzio, un senso metafisico dell´assenza che promana da ogni
sua opera. I materiali verificano, da parte di Fontana, l´innesto di
cementi colorati fin dalle prime prove astratte, l´impiego di lampade di
Wood e di tubi al neon nei vari ´ambienti spaziali´ allestiti a partire
dal 1949. La scultura ceramica vede strutturazioni plastiche composite a
partire da tracce disegnative di inedita libertà, per le quali era
stato invocato il temine di ´barocco´. Il segno registra l´automatismo
della spirale. Il rapporto col gesto della pittura è sconvolto dai colpi
inferti alla tela nei ´concetti spaziali´, dai primi anni cinquanta con
i ´buchi´, dagli ultimi anni cinquanta con i ´tagli´ che dalla tela
passano all´argilla, condotti nelle forme sferiche chiamate ´nature´. In
ogni caso, il gesto provoca l´abbattimento di una barriera, di un
diaframma, annullando le opposizioni davanti\dietro, interno\esterno,
tutte le dimensioni dello spazio incluso il tempo, in favore non solo di
una nuova fusione tra pittura, scultura e architettura, ma di una
propugnata totalità che inglobi opera, ambiente e azione. L´appoggio
critico di Giampiero Giani e della galleria del Naviglio di Cardazzo a
Milano garantiranno fin dai primi anni ´50 diffusione delle tesi del
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