Torniamo ora davanti alla Porta Magica sull’Esquilino dove abbiamo lasciato i nostri Argonauti. Guaccimanni costruisce un interessante scambio tra loro e le nobili dame versate in alchimia, tra cui una delle figlie di Santinelli, che nel corso dei Dialoghi tengono accademia ermetica proprio a Villa Palombara. Origliando quel che ne dicono gli illustri visitatori, ne ricaviamo che in una sola Porta il marchese Palombara volle fare l’epitome del celebre trattato intitolato Le dodici porte(The Compound of Alchymy; or, the Twelve Gates leading to the Discovery of the Philosopher's Stone,1471)di George Ripley (ca.1415-ca.1490) alchimista inglese del XIV secolo; che il globo crucifero che occupa il rosone non sia affatto da interpretarsi come l’antimonio volgare, trattandosi bensì della nostra Venere ermetica; che i sette geroglifici sulla soglia e sugli stipiti sono altrettante figure matematiche, da mettersi in relazione alla monade geroglifica di John Dee.
Non posso analizzare compiutamente queste affermazioni mentre ancora è in corso il lavoro di edizione critica dei Dialoghi di Guaccimanni, ma nella prospettiva che qui ho voluto offrire, mi sembra rilevante il riferimento a Ripley. Il canonico inglese, che aveva viaggiato per nove anni sul Continente ed era stato anche in Italia, si interseca anche biograficamente con Raimondo Lullo, che è spesso citato nelle sue opere. Inoltre, notiamo di passaggio che nella seconda metà del Seicento alcune opere di Ripley erano state oggetto di riedizioni commentate dallo stesso misterioso Ireneo Filalete, Cosmopolita, che costituisce un’autorità indiscussa nei Dialoghieruditi. Il riferimento a Le dodici porte, testoche divideva la Grande Opera in dodici stadi principali, sembra curioso poiché la Porta Magica a un rapido sguardo non presenta dodici elementi in qualche modo analoghi: le iscrizioni sono dieci, i sigilli sono sette. Certamente, però, se escludiamo la monade sulla soglia della Porta, che sembra qualificarsi come la materia di partenza e suggerire l’ingresso dell’Opera, restano sei sigilli accompagnati da altrettante iscrizioni; è forse questa la “dozzina” da prendere in considerazione, e in questo caso dovremmo cogliere l’invito a leggere i simboli e le iscrizioni come momenti autonomi, benché collegati tra loro,evitando di interpretare le iscrizioni come legende dei simboli.
Quanto alla Venere ermetica si può tracciare un possibile parallelo con l’avicula Hermetis – che nella Figura Cabalae di Kieser occupa una posizione analoga a quella del globo crucifero sulla Porta –, e il levarsi del nibbio, uccello di Iside (la Stella fiammeggiante di Tschoudy, ma anche la già citata Stella coniunctionis & vivificationis che accompagna la Figura Cabalae), o MILVI ORTU, anagramma di VITRIOLUM, e simbolo della primamateria (“speculare” alla materia prima, al VITRIOLUM appunto) in un altro celebre testo del Mynsicht/Madathanus, il Testamentum Hadrianeum pubblicato nel 1638 a Lubecca.
Non posso analizzare compiutamente queste affermazioni mentre ancora è in corso il lavoro di edizione critica dei Dialoghi di Guaccimanni, ma nella prospettiva che qui ho voluto offrire, mi sembra rilevante il riferimento a Ripley. Il canonico inglese, che aveva viaggiato per nove anni sul Continente ed era stato anche in Italia, si interseca anche biograficamente con Raimondo Lullo, che è spesso citato nelle sue opere. Inoltre, notiamo di passaggio che nella seconda metà del Seicento alcune opere di Ripley erano state oggetto di riedizioni commentate dallo stesso misterioso Ireneo Filalete, Cosmopolita, che costituisce un’autorità indiscussa nei Dialoghieruditi. Il riferimento a Le dodici porte, testoche divideva la Grande Opera in dodici stadi principali, sembra curioso poiché la Porta Magica a un rapido sguardo non presenta dodici elementi in qualche modo analoghi: le iscrizioni sono dieci, i sigilli sono sette. Certamente, però, se escludiamo la monade sulla soglia della Porta, che sembra qualificarsi come la materia di partenza e suggerire l’ingresso dell’Opera, restano sei sigilli accompagnati da altrettante iscrizioni; è forse questa la “dozzina” da prendere in considerazione, e in questo caso dovremmo cogliere l’invito a leggere i simboli e le iscrizioni come momenti autonomi, benché collegati tra loro,evitando di interpretare le iscrizioni come legende dei simboli.
Quanto alla Venere ermetica si può tracciare un possibile parallelo con l’avicula Hermetis – che nella Figura Cabalae di Kieser occupa una posizione analoga a quella del globo crucifero sulla Porta –, e il levarsi del nibbio, uccello di Iside (la Stella fiammeggiante di Tschoudy, ma anche la già citata Stella coniunctionis & vivificationis che accompagna la Figura Cabalae), o MILVI ORTU, anagramma di VITRIOLUM, e simbolo della primamateria (“speculare” alla materia prima, al VITRIOLUM appunto) in un altro celebre testo del Mynsicht/Madathanus, il Testamentum Hadrianeum pubblicato nel 1638 a Lubecca.
Tratto dal libro "Tradizione ed Uomo Contemporaneo"
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