lunedì 20 dicembre 2021

La definizione di esoterismo di

Julien Champagne disegna l'alchimia - Jean Julien Champagne ed il suo  ambiente socio-culturale

L'esoterismo

di Alberto De Luca - 20/02/2009

 

  Originariamente, avremmo dovuto recensire il quinto volume della 
collana Viridarium,[1] interamente dedicato alla storia delle dottrine 
dell’esoterismo occidentale e frutto della pubblicazione degli atti del 
convegno tenutosi a Venezia, presso la Fondazione Giorgio Cini dal 
29 al 30 ottobre 2007, recante come titolo appunto “storie delle 
dottrine dell’esoterismo occidentale” (d’ora in poi sdeo).Giorno dopo 
giorno, però, affioravano personalissimi dubbi e quesiti irrisolti 
attinenti alla tematica esoterismo, che, forse per eccessiva discrezione 
oppure timore, non avevano mai trovato modo di manifestarsi apertamente.
La combinazione di quella recensione e delle proprie istanze 
chiarificatrici hanno dunque determinato l’ampliamento della recensione 
stessa, che riguarderà ora tre testi anziché uno, nonché l’inserimento di 
alcune brevissime riflessioni sull’esoterismo. Riflessioni che in ogni 
caso non tenteranno di esaurire questo argomento anche perché, essendo
 personalmente privi di qualsiasi “esperienza di esoterismo”, si 
limiteranno unicamente all’exoterismo dell’esoterismo ossia all’aspetto 
esteriore dell’esoterismo, mutuando così una felicissima espressione 
di Mino Gabriele rintracciabile anche in sdeo.Riteniamo, infatti, che 
la sostanza di un’esperienza spirituale rimanga de facto sempre 
incomunicabile ed inesprimibile. Ogni discorso su di essa, pertanto, 
finisce per stazionare al suo limite. Qualsiasi ragionamento sull’esoterismo
, di conseguenza, è un’argomentazione meta-esoteristica ad eccezione di 
quei rari casi di effettiva illuminazione: ma anche qui come potremmo 
“riconoscere” l’illuminato se non lo fossimo pure noi?Prima di continuare, 
è fondamentale ricordare l’etimologia ed il significato della parola 
esoterico, la quale deriva dal greco esoterikos con il senso di interiore, 
comparativo di dentro (eso oppure iso). Con questo aggettivo furono 
denominati i discepoli di Pitagora ammessi nell’interno della scuola, 
laddove vedevano il filosofo e ne ascoltavano le lezioni, contrariamente 
agli “esterni”, chiamati exotericos, esclusi da tutto ciò.In linea generale, 
riteniamo che di fronte all’esoterismo si possano assumere due posizioni.
La prima lo interpreta in maniera critica in quanto tentativo di far 
sussistere una parte della tradizione a detrimento dell’altra sua parte. 
Questo si esplica nell’accettazione del mero lato esoterico (invisibile) 
su quello essoterico (visibile, exoterico). Questa sorta di particolare 
sclerotizzazione comporta un implicito rifiuto, se non addirittura 
avversione, verso tutto quanto si riferisca alla tradizione visibile. Rifiuto 
pertanto della ritualità, della morale e della dottrina nella convinzione 
di poterne fare a meno. Un atteggiamento che si rivela poco giudizioso 
proprio come quello di una persona claudicante che decida di rinunciare 
alle grucce che la sorreggono. In questo primo porsi innanzi all’esoterismo, 
la problematizzazione di quest’ultimo si accompagna però al 
riconoscimento di un necessaria compresenza all’interno della Realtà di 
lato esoterico e di uno essoterico.L’altra posizione invece, contrariamente 
alla precedente, non operando alcuna differenziazione tra l’esoterismo e 
l’esoterico in quanto tale, li identifica per negarli ambedue. Il rifiuto è totale 
e l’orizzonte della Realtà è confinato in una sola dimensione, quella del 
visibile. Un estremismo pure questo che costringe la Realtà alla sua sola 
visibilità dunque, ma opposto al precedente che invece si limitava alla Realtà 
invisibile.Alla recensione del libro curato da Alessandro Grossato, per noi 
vero e proprio “libro galeotto”, se ne sono aggiunte ora altre due, che riguardano 
l’illustre accademico Antoine Faivre. È solo una questione metodologica che 
ci porta ad iniziare da quest’ultimo.Antoine Faivre è l’autore di due testi che 
sono stati definiti “manuali di esoterismo”, la cui estrema comprensibilità ne 
ha decretato il successo anche a livello accademico. Questi testi ampiamente 
documentati, pur se privi di un rigoroso impianto di note esplicative, fotografano 
l’esoterismo nella sua pletora fenomenica. Il primo di essi s’intitola “L’esoterismo”
,[2] l’altro invece “Esoterismo e Tradizione”.[3]Nel primo di questi, l’autore 
elabora ed offre al lettore una definizione scientifica dell’esoterismo, superando,
 non senza qualche difficoltà, quella che potrebbe essere una contraddizione in 
termini, ovvero quella di voler parlare scientificamente di un oggetto che è per 
antonomasia anti-scientifico.Faivre lo denota essenzialmente come una “forma 
di pensiero” caratterizzata dalla compresenza di sei elementi fondamentali, la 
cui distribuzione è variabile a seconda del contesto storico. Sostanzialmente 
l’autore pensa l’esoterismo in modo intellettuale e lo ritiene avulso da qualsiasi 
aspetto operativo quasi fosse solo una ideologia, senza però mai motivare questa 
sua convinzione, che lentamente assurge ad una specie di dogma.Gli elementi 
fondamentali della definizione di esoterismo, indicati da Faivre, si dividono in 
due parti: intrinseci e secondari. In realtà questi elementi sono il precipitato 
delle varie correnti animanti la galassia dell’esoterismo, tutte presenti eccetto 
una, la Massoneria che non viene mai presa in considerazione dallo studioso 
francese. Un fatto questo abbastanza curioso e certamente da comprendere alla 
luce dell’esperienze personali dello stesso studioso.Fanno parte degli elementi 
intrinseci “le corrispondenze”, ossia l’esistenza di corrispondenze simboliche e 
reali tra tutte le parti dell’universo - visibile ed invisibile – che soppiantano i 
principi di non contraddizione e del terzo escluso, la “Natura viva”, vale a dire 
la “magia naturalis” che reca la conoscenza delle reti di simpatie ed antipatie 
unenti le cose della Natura e l’applicazione concreta di tali conoscenze, 
“l’immaginazione e le mediazioni”, che sono riassumibili nell’importanza 
accordata all’iniziatore alla conoscenza (guru, Maestro), ed infine “l’esperienza 
della trasmutazione”, a significare la conoscenza illuminata mutuata soprattutto 
dall’alchimia e dalla teosofia.A questi fattori vanno aggiunti quelli definiti prima 
come secondari, ovvero “la pratica della concordanza”, che è quella tendenza 
a stabilire denominatori comuni tra due o più tradizioni diverse, e “la trasmissione”, 
vale a dire l’importanza accordata alla regolarità nella trasmissione degli 
insegnamenti dell’esoterismo.In questo elenco, forzatamente da noi condensato 
in poche frasi, se è facile rinvenire in filigrana le “branche” dell’esoterismo, dalla 
magia alla teosofia passando per l’alchimia, manca però la “segretezza”, una 
nozione che rinvia alla gravitas della stessa conoscenza e che forse sarebbe 
dovuta figurare tra gli elementi intrinseci dell’esoterismo. Un’assenza notata 
del resto anche da un’altro degli accademici che si occupano di questa materia, 
vale a dire Marco Pasi, il quale, denunciandola apertamente, ne ha limitato 
pure il senso al solo concetto di “non proferibilità”, senza però anche lui 
argomentarlo all’interno di sdeo.Le prime pagine di “L’esoterismo” sono perciò 
fondamentali per poter inscrivere l’impostazione dell’autore all’interno di quei 
due possibili atteggiamenti assumibili di fronte all’esoterismo e già esposti 
all’inizio di questo breve scritto.Il riconoscimento della debolezza lessicale del 
termine esoterismo, causa nel tempo di innumerevoli interpretazioni o 
mistificazioni, anticipa la precisazione del senso in base al quale esso sarà 
trattato da Faivre: l’esoterismo non avrà il senso del “segreto” e nemmeno del
 “luogo spirituale”, ambiti questi attinenti invece all’aggettivo esoterico e 
conformanti anche l’ambito religioso tout court.L’impostazione di questo 
“esoterologo” - il neologismo è dello stesso Faivre - si manifesta chiaramente 
denotando l’assenza di qualsiasi implicazione di tipo “religionista” nell’esoterismo 
e collocandolo al di fuori dell’ambito semantico della religione in senso lato. 
Una convinzione che è cifra anche di una distanza intellettuale intercorrente tra 
il francese e l’esperienza del “circolo di Eranos”.Partendo da questi presupposti, 
l’autore vaglia il suo oggetto solo in maniera fenomenica, adottando così una 
prospettiva di stampo storicistico, che implicitamente negherà al suo stesso 
oggetto una propria vita passata. L’esoterismo, per Faivre, non è mai esistito prima, 
perché etimologicamente moderno, e quindi non può essere nemmeno una 
parodia dell’esoterico, dato che non avendo un prius quam non è possibile 
scorgervi alcun decadimento.L’esito scontato, anche se ben dissimulato, è quello 
di negare esistenza a tutto ciò che è esoterico e per farlo, si inizia dall’esoterismo.
La seconda parte del volume è dedicata, invece, al censimento di tutta le pletora 
esoterica moderna, comunicando così indirettamente (o forse no) lo stato effimero 
di molte delle esperienze dell’esoterismo, che appare alla fine uno spazio libero 
in cui tutto e tutti possono inserirsi, dai millantati guru ed upaguru fino ai novelli 
templari, detentori ognuno di una propria definizione del termine esoterismo che 
caratterizzano, dilatandone o restringendone il campo semantico a seconda delle 
proprie esigenze.Nell’altro suo libro, “Esoterismo e Tradizione”, l’attenzione di 
Faivre mira piuttosto a distinguere tra un “tradizionalismo” per cui l’esoterismo è 
un sistema chiuso, esposto dunque al rischio di divenire dogmatico ed autoreferenziale, 
ed un’altro che presenta solo un “interesse esoterico per le tradizioni ed i simboli, 
presentandosi come metodo più che verità.Nella fattispecie, l’interesse critico 
dell’autore si rivolge soprattutto a quella corrente dell’esoterismo denominata in 
inglese perennialism, che egli stesso connota come esacerbazione della “pratica 
della concordanza”. È un dato di fatto però che questa corrente sia l’unica, tra le altre 
appartenenti al milieu esoterista, ad includere naturalmente (e normalmente) anche un 
aspetto essoterico e quindi a distanziarsi da quella estremizzazione dell’invisibile 
segnalata all’inizio.Il libro curato da Alessandro Grossato, “Forme e correnti 
dell’esoterismo occidentale”, si caratterizza, già dalla sua copertina, per una scelta 
minuziosa dei dettagli e per un controllo mirato delle parole, quasi ad intuire il 
versante esposto in cui si sta avventurando. La struttura espositiva del libro risulta 
estremamente logica e funzionale, annunciandone una prima parte tipicamente 
“dottrinale” ed un’altra prettamente storica. Nella prima, all’introduzione di 
Alessandro Grossato, riassuntiva delle tappe che hanno portato alla nascita dello
 studio universitario dell’esoterismo, succede così l’esposizione della definizione 
scientifica di esoterismoavanzata da Antoine Faivre e già considerata in precedenza. 
L’empreunt storicista del libro, che si dipana attraverso un preciso itinerario cronologico,
 inizia pertanto con Kocku von Stuckrad, che affronta la tematica inerente la concezione 
della sapienza in Occidente nel periodo che si estende dalla tarda antichità fino al 
XIII secolo. Francesco Zambon, invece, ricava eventuali ricorrenze simboliche a partire 
dai primi Padri della Chiesa fino ai romanzi medievali del Graal, mentre Nicholas 
Goodrick-Clarke propone nuove interpretazioni sulla vita spirituale di Raimondo Lullo. 
Moshé Idel riferisce sull’influenza della Kabbalah ebraica in Italia nel XVI secolo e 
Jean-Pierre Brach introduce il lettore all’aritmologia rinascimentale, laddove Joscelyn 
Godwin si sofferma sul legame simbolico intercorrente tra astronomia e musica
 nell’opera di Keplero e di Kircher. Wouter Hanegraaff sviluppa, viceversa, la propria 
interessante teoria in merito alla derivazione protestante dell’esoterismo moderno. 
Mino Gabriele ed Agostino De Rosa illustrano, a loro volta, le orme lasciate 
dall’esoterismo nel campo delle arti figurative. A Jean-Pierre Laurant viene dato 
modo di riepilogare un capitolo poco conosciuto della storia intellettuale dell’Ottocento 
europeo, la cui importanza non va assolutamente trascurata e Thomas Hakl descrive
 la particolare figura di Franz Sättler. Infine, Marco Pasi problematizza in maniera 
diversa la definizione teorica dell’esoterismo.La distanza da posizioni cosiddette 
“religioniste”, ripetutamente rivendicata da molti degli studiosi citati, induce 
inevitabilmente a ritenere che la caratteristica fondamentale delle correnti esoteriche 
occidentali consista appunto nell’aver investito un dominio di speculazione che la 
teologia, a partire dalla fine del Medioevo, avrebbe abbandonato per farne un 
oggetto di riflessione meramente scientifica: la superiorità della cosmologia o della 
natura ad esempio.L’angolatura da cui osservare l’oggetto “esoterismo” sarebbe, 
anche qui dunque, necessariamente storicistica e questo partendo da una definizione 
dell’oggetto stesso, che risulta però in fierinonostante l’apporto prezioso di Faivre.
 Ritorna anche qui il paradosso, solo apparentemente risolto da quest’ultimo, di dover 
circoscrivere una “cosa” che fa dell’illimitatezza il suo “essere” ed il suo “manifestarsi”.
In questi interessantissimi libri ci pare manchi una disamina filologica del termine 
in esame. Non è sufficiente, infatti, denunciare la debolezza lessicale del termine 
esoterismo e poi subirlo passivamente quasi fosse un dato di fatto. Al contrario, 
sarebbe forse auspicabile uno studio più attento, anche se contenuto, che indaghi 
e riveli le motivazioni che hanno portato al conio di questo neologismo.Questo è 
del resto ancora più necessario nell’ambito delle cosiddette scienze tradizionali, 
siano esse eminentemente “operative” oppure meta-esoteristiche, giacché in esso 
è ben ferma l’idea che l’azione del nominare stacchi e chiami alla vita una parte 
della Realtà.È precisamente per questo che potremmo anche sostenere, seguendo 
Pasi in sdeo, che i fenomeni storici esistano indipendentemente dalle parole che 
l’uomo in genere (e gli studiosi in particolare) adopera per descriverli, ma parimenti 
dovremmo anche dissentire dall’idea che la parola, che si usa, sia una mera convenzione.
La filologia è dunque l’unica ad essere in grado di fornire l’initium di questo 
genere di ricerca. È vero infatti che solo a partire dall’etimo originale, specie di Ur-Wort
possiamo riconoscere gli sviluppi successivi, anche fenomenici, della parola in sé. 
Ma questo vale, ovviamente, solo per chi sia disposto a riconoscere la validità ed 
applicabilità del broccardo nomen est omen.Possiamo notare allora come ciò che 
un tempo era “semplicemente” esoterico, ora sia divenuto una specie di pan-ideologia 
di stampo spiritualista, in ciò concordando con Faivre, e che questo sia sottolineato
dal passaggio del termine in esame da un uso aggettivale (esoterico) a quello invece 
attuale, sostantivato (esoterismo).Il termine esoterico, infatti, sta all’esoterismo, 
come l’idea, platonicamente parlando, sta all’ideologia – nel senso etimologico del 
termine. Ne deriviamo che l’esoterismo si avvicini molto di più alla “sclerotizzazione” 
dell’esoterico, che ad una serie di correnti storiche accomunate da una medesima 
air de famille”, per dirla come Faivre.Solo precisando quanto ora esposto, 
possiamo accettare la locuzione “forma di pensiero” quale connotazione principale 
dell’esoterismo, perché in questo caso l’autore avrebbe già provveduto a diversificare 
tra una parodia, l’esoterismo tout court e come tale essenzialmente moderno, ed 
una parte “concreta” della Realtà quantunque invisibile (esoterica), ma presente in 
ogni tradizione.L’assenza di questo discernimento ci fa ritenere dunque che esso 
sia stato voluto dall’autore stesso e ciò per negare implicitamente l’esistenza all’interno 
di ogni forma tradizionale di due livelli, mutuamente comprendenti ed escludenti, 
che sono l’essoterico e l’esoterico.Simile orientamento è rinvenibile anche nella 
maggior parte degli studiosi che compaiono nel volume curato da Alessandro Grossato, 
ciò che ci induce ad inserirli in quel secondo atteggiamento possibile di fronte 
all’esoterismo, abbozzato all’inizio dello scritto.Libri, già detto, estremamente 
interessanti e ben congeniati, dai quale però riemergono i personalissimi dubbi in 
merito alla possibilità di collegare Ermete Trismegisto oppure Pitagora alle correnti 
esoteriste dell’Ottocento o del Novecento, proprio perché la mancanza di una forma 
essoterica di una tradizione rende “folkloristica” la sopravvivenza del suo lato esoterico 
sic et simpliciter. Di questa impossibilità di “essere esoterismo” senza una base visibile
su cui innestarsi, si dovevano essere accorti sia Francesco Patrizi che Giordano Bruno, 
se è vero che questi intendevano ripristinare una “religione autentica fondata sugli scritti 
ermetici e sugli oracoli zoroastriani”.[4]Diverso sarebbe infatti ammettere che, per un 
principio di vasi comunicanti, gli arcanapitagorici ed ermetici, ad esempio, siano confluiti 
nel Cristianesimo o in un’altra tradizione e colà rielaborati e sopravvissuti. 
Un’affermazione pienamente condivisibile e dimostrabile, che però non viene presentata, 
a meno di sviste personali, in nessuno dei libri recensiti.La particolare attenzione 
dedicata da Faivre alla corrente inglese denominata perennialism, ci permette di 
problematizzare il concetto stesso di “unità trascendente delle religioni”.Assumere 
come incontrovertibile certezza che l’“unità trascendente delle religioni” unifichi solo 
determinate parti delle religioni (tradizioni), le parti esoteriche per la precisione, equivale 
a creare un “dogma”, che non convince perché tende ad idealizzare solo un aspetto della 
realtà misteriosa, vale a dire la sua parte esoterica. Quest’ultima, invece, non è niente di 
più che la constatazione oggettiva del ristretto numero di persone attratte dalla conoscenza 
del Mistero,[5] scarsità che dipende direttamente dai mezzi intellettuali e dalle grazie 
elargite in maniera diversa da uomo a uomo.[6]L’origine vedantina di questo concetto, che 
viene quindi calato come uno stampo nelle altre tradizioni, corrobora inoltre l’idea che il 
perennialism abbia adottato una metodologia riduzionistica per forgiare una specie di 
super-religione, ignorando, sembra, il materiale che già il Cristianesimo forniva.[7]Il 
concetto di “unità trascendente delle religioni”, dunque, è tanto più criticabile quanto più 
si fonda sulla scissione di un complesso dottrinario unitario in parti distinte, di cui solo 
ciò che è coerente con una astratta struttura idealtipica, determinata aprioristicamente, 
diviene ipso facto tradizionale.Il problema ed il pericolo costituito dalla corrente 
perennialism starebbe tutto qui e non, viceversa, nel ritenere che esista “a monte” una 
comune origine divina, che in modi ed in tempi diversi si è manifestata formalmente in 
maniera diversa.Siamo convinti che ognuno all’interno della propria tradizione di riferimento 
debba accettare l’insegnamento essoterico non come fosse la verità, ma come qualcosa dietro 
a cui si trova la verità (il lato esoterico che deve essere svelato), ecco perché risulta 
importante accettare e comprendere la Realtà in questi suoi due domini mutuamente includenti ed esclusivi.All’osservanza delle regole ordinarie possiamo e dobbiamo, se ne siamo capaci, 
penetrare nel Mistero della nostra tradizione.In conclusione, vorremmo formulare due 
domande aperte in merito ai libri ora recensiti: è possibile spiegare perché secondo Faivre, 
l’esoterismo si sarebbe costituito “alla fine del Medioevo”? L’utilizzo del sostantivo 
esoterismo non indica forse già una precisa volontà di secolarizzare ciò-che-è-esoterico?     


[1] A cura di Alessandro Grossato, FORME E CORRENTI DELL’ESOTERISMO OCCIDENTALE, Viridarium n.5, Medusa, 2008.

[2] A.Faivre, L’ESOTERISMO, SugarCo, 1992.

[3] A. Faivre, ESOTERISMO E TRADIZIONE, Elledici, 1999.

[4] A. Faivre, L’esoterismo, Varese, 1992, p. 64. Cfr. F. Patrizi, Nova de Universis philosophia, 1591.

[5]    Ed è appunto su questa idealizzazione forzata che si innesta il “pericolo gnosticistico” ovvero quello dell’autoreferenzialità. A questo proposito, forse è il caso di approfondire quello che Umberto Eco ha scritto nel Pendolo di Foucault e sottolineato recentemente anche da Vittorio Messori: “la credenza che la conoscenza dei misteri sia riservata a un’élite”. Il problema risiede nel verbo evidenziato: questa credenza è riservata perché pochi sono in grado o vogliono cercarla, oppure perché essa viene impedita da conventicole, associazioni e quant’altro? Cfr. V. Messori, Pensare la storia, Milano, 2006, pp. 173-175; U. Eco, Il pendolo di Foucault; J. Borella, Esoterismo guénoniano e mistero cristiano, Roma, 2002.

[6]    In realtà taluni “perennialisti” conferiscono una massima importanza alla storia come fonte di studio e di ispirazione, manifestando in tal modo un rigido dualismo non riconducibile però allo gnosticismo, dato che non esprime un binomio spirito-materia oppure conoscenza-ignoranza, ma polarizzandosi piuttosto tra una ipotetica società tradizionale ed una di tipo moderno. Per quanto riguarda la differenza intercorrente tra un “esoterismo formale ed uno reale” cfr. J. Borella, Esoterismo guénoniano e mistero cristiano, Roma, 2002, pp. 64-68.

[7] Per quanto attiene al “riduzionismo”, rinviamo alle osservazioni di Piergiorgio Pasqualotto e Massimo Marra.


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