sabato 17 settembre 2016

A Belfiore un edificio del rinascimento citato dal Vasari, cade a pezzi

Periodicamente vado a vedere villa Moneta, è ormai imminente il crollo del tetto! Piange il cuore vedere tanto splendore, gli affreschi interni, le sale i pochi arredi rimasti tutto sta dissolvendosi e nessuno interviene!
La sorte è beffarda: le barchesse laterali sono state ristrutturate in multi appartamenti, mentre la villa è lasciata nell'abbandono.
Però il comune nel sito la cita ampiamente quasi una beffa!

Dal sito del comune di Belfiore: http://www.comune.belfiore.vr.it/c023007/zf/index.php/servizi-aggiuntivi/index/index/idtesto/7
Risultati immagini per Villa Moneta Belfiore
Il Palazzo fu in origine luogo di diletto nella possesione di campagna della famiglia 
veronese dei Moneta: le prime notizie di tale famiglia risalgono al 1557, ed era composta 
dal patriarca Giovanni Antonio, suo figlio Cosmo, sua moglie e quattro figli. Cosmo 
Moneta eredita i beni di famiglia nel 1557, tra cui la proprietà di Belfiore su cui, forse su 
un già esistente sedime, egli fece costruire la sua fabbrica. 
Palazzo Moneta ha un aspetto esteriore che richiama più un palazzo di città che una villa 
di campagna: l’edificio è una struttura cubica compatta, costituito di tre piani di cui quello 
terreno lavorato a bugnato che evidenzia in modo particolare i portali d’accesso delle 
facciate simmetriche a nord e a sud. 
All’interno vi è un ricco apparato decorativo dell’epoca della costruzione della villa, 
costituito da affreschi e stucchi di artisti famosi quali Paolo Farinati, il Falconetto e 
Bartolomeo Ridolfi. 
Al piano terra nei vestiboli sono visibili decorazioni a motivi vegetali; in un oculo al centro 
della stanza era visibile il “Ratto d’Europa”. 
Nel salone centrale a doppia altezza, al centro della volta è visibile una formosa figura 
femminile, forse Jo amata da Giove, ai lati della cornice della figura pendono immagini di 
altre divinità: Diana, Venere, Giunone, e forse Amore con Psiche. 
Lungo le pareti laterali, racchiusi in lunette, sono visibili numerosi angioletti che suonano 
strumenti musicali seduti sulla finta balaustra che circonda il salone. Nelle pareti 
principali sono raffigurate due grandi scene di battaglia e trionfo, opera del Farinati, la cui 
firma è venuta alla luce con il restauro del 1800 ed anche il motivo della chiocciola, sigla 
del pittore. 
Dal salone centrale, attraverso un corridoio con copertura a volta affrescato con una 
pergola di vite ed un altro con decorazioni a grottesche, si accede alla stanza “delle 
quattro stagioni”. In questo locale sono notevoli le decorazioni a stucco attribuite a 
Bartolomeo Ridolfi. 
Ridolfi valente stuccatore del ‘500 venne presentato ai Moneta da Paolo Farinati, di cui 
era il cognato. Nei quattro medaglioni a stucco sono rappresentate le stagioni e nei 
riquadri rappresentazioni a grottesca, che mostrano una vigorosa cultura popolare, con 
rappresentazioni di vita reale, inusuali per questo tipo di decorazione. 
Nell’ovale al centro del soffitto si vede Apollo e le muse tra le nuvole, ed attorno in 
cornici triangolari sono raffigurate altre divinità dell’Olimpo: Diana, Marte, Mercurio, 
Giove, Saturno, Giunone ed ancora Apollo che guida il carro del sole. 
Al piano primo è celebre la stanza degli “amori illeciti” per il tema delle raffigurazioni: 
Venere e Marte davanti all'alcova mentre Apollo avverte Vulcano, la leggenda di Priamo 
e Tisbe, altri due amanti che amoreggiano tra le acque di un laghetto. 
Proprio dalla leggenda di Priamo e Tisbe raffigurata a Palazzo Moneta, alcuni autori 
sostengono sia nata l’ispirazione di Shakespeare per il suo “Romeo e Giulietta”: il tragico 
amore tra gli amanti babilonesi, riportata poi da Ovidio, e quindi da Matteo Bandello, 
venne probabilmente riletta dal bardo inglese che ne trasse l’idea per il dramma degli 
innamorati veronesi. 
Nel Palazzo, un particolare architettonico originale è dato dalla “scala dei mussi” , scala 
elicoidale in cotto per la quale salivano ai granai le bestie da soma con il carico da 
immagazzinare. 

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