venerdì 13 novembre 2015

Montecassino l''abate di Ieri uomo pieno di coraggio e in odor di santità, quello di oggi: un degenerato

L'abate di Ieri, Gregorio Diamante  uomo pieno di coraggio e in odor di santità, quello di oggi: Pietro Vittorelli, un degenerato

L'abate vescovo Gregorio Diamare, lascia il comando tedesco alla volta di Roma l'indomani della distruzione dell'abazia, nel febbraio 1944. A tenere aperta la portiera dell'autovettura il generale Frido von Senger und Etterlin, a sua volta terziario benedettino.




Il bombardiere che portava il numero 666 apri i bombardamenti il 15 febbraio 1944 alle ore 9 e 24 del mattino, l’abbazia di Montecassino è scossa da una tremenda esplosione, che interrompe la preghiera del piccolo gruppo di monaci benedettini nel cenobio e recitano «et pro nobis Christum exora». Tra di loro c’è l’abate ottantenne dom Gregorio Diamare e il suo segretario dom Martino Matronola, che in seguito pubblicherà un diario, indispensabile per ricostruire quei drammatici giorni. Si salveranno tutti i 12 frati che si rifugeranno nella cripta. Una valanga di bombe sui frati e sulle centinaia di profughi presenti nel monastero che si erano diretti al convento convinti di essere in un luogo protetto.
Si è appena abbattuto il grappolo di bombe da 250 kg l’una sganciato dal bombardiere strategico numero 666, pilotato dal maggiore Bradford Evans, il quale, con un numero di codice così inquietante, guida la prima delle quattro formazioni di B-17, le fortezze volanti statunitensi, che hanno ricevuto l’ordine di distruggere il millenario monastero arroccato sul colle. Alle fortezze volanti seguono altre quattro ondate di bombardieri medi.
Alle 13 e 33 è tutto finito, i monaci sono tutti salvi, ma diverse centinaia (qualcuno prospetta più di mille persone inermi) di profughi sono morti sotto le bombe, e sarà difficile, anche dopo la guerra, riesumarne i corpi e dare un nome alle lapidi. Diamare uscito da quell’inferno con i suoi frati rifiuterà di essere accompagnato in Vaticano dai soldati americani preferendo l’aiuto dei soldati e dei mezzi tedeschi.

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