La Damnatio Memoriae. Letteralmente condanna della memoria, la “Damnatio Memoriae” nel diritto latino consisteva nella cancellazione della memoria di una persona e nella distruzione totale di qualsiasi traccia potesse tramandarla ai posteri.
Era una pena particolarmente dura, riservata a coloro che venivano considerati ostili o nemici agli interessi di Roma.
La Damnatio Memoriae, cancellava ogni traccia dell’esistenza di queste persone, salvaguardando in tal modo l’onore della città, la pena risultava ancora più aspra se si pensa quanto valore attribuiva la società dell’epoca all’orgoglio di essere cittadino romano. La scarsità di fonti storiche, specialmente in epoca più antica, favoriva in molte occasioni l’efficacia di questa punizione.
A Roma questa pena veniva generalmente decisa e applicata dal Senato, e faceva parte di quelle sanzioni che potevano essere attribuite a personalità di spicco dell’Urbe. In primo luogo la Damnatio Memoriae prevedeva la “abolitio nominis”, ovvero la cancellazione del “praenomen” da tutte le iscrizioni, la distruzione di tutte le sue raffigurazioni, come pitture o statue, e il divieto di tramandare il suo “praenomen” in seno alla propria famiglia di appartenenza.
In alcune circostanze, dopo che il Senato approvava la sanzione, veniva eseguita la “rescissio actorum”, la rescissione degli atti, che consisteva nella completa distruzione di tutte le opere realizzate dal condannato nell’esercizio della propria carica, in quanto ritenuto un pessimo cittadino. Se tale sanzione veniva applicata qual’ora il condannato fosse ancora in vita, essa rappresentava una vera e propria morte civile.
In età imperiale, tale punizione subì una degenerazione lenta ma inesorabile, che andò a colpire anche dopo la loro morte persino la memoria degli imperatori spodestati o uccisi. In questo caso la cancellazione delle effigi indesiderate poteva avvenire anche sulle monete già coniate e già in circolazione.
Vediamo ora alcuni tra i più illustri personaggi che nella storia di Roma subirono la “Damnatio Memoriae”.
Tra gli imperatori, rigorosamente non in ordine cronologico, vale la pena ricordare Caligola, Nerone, Domiziano, Commodo, Eliogabalo, Massenzio, Treboniano Gallo, Didio Giuliano, vi furono poi altri uomini e donne di spicco che subirono tale pena, come il braccio destro dell’imperatore Tiberio, Seiano, oppure la madre di Nerone, Agrippina, o ancora Geta, fratello di Caracalla che non esitò a farlo assassinare e a far si che se ne perdesse ogni traccia.
Era una pena particolarmente dura, riservata a coloro che venivano considerati ostili o nemici agli interessi di Roma.
La Damnatio Memoriae, cancellava ogni traccia dell’esistenza di queste persone, salvaguardando in tal modo l’onore della città, la pena risultava ancora più aspra se si pensa quanto valore attribuiva la società dell’epoca all’orgoglio di essere cittadino romano. La scarsità di fonti storiche, specialmente in epoca più antica, favoriva in molte occasioni l’efficacia di questa punizione.
A Roma questa pena veniva generalmente decisa e applicata dal Senato, e faceva parte di quelle sanzioni che potevano essere attribuite a personalità di spicco dell’Urbe. In primo luogo la Damnatio Memoriae prevedeva la “abolitio nominis”, ovvero la cancellazione del “praenomen” da tutte le iscrizioni, la distruzione di tutte le sue raffigurazioni, come pitture o statue, e il divieto di tramandare il suo “praenomen” in seno alla propria famiglia di appartenenza.
In alcune circostanze, dopo che il Senato approvava la sanzione, veniva eseguita la “rescissio actorum”, la rescissione degli atti, che consisteva nella completa distruzione di tutte le opere realizzate dal condannato nell’esercizio della propria carica, in quanto ritenuto un pessimo cittadino. Se tale sanzione veniva applicata qual’ora il condannato fosse ancora in vita, essa rappresentava una vera e propria morte civile.
In età imperiale, tale punizione subì una degenerazione lenta ma inesorabile, che andò a colpire anche dopo la loro morte persino la memoria degli imperatori spodestati o uccisi. In questo caso la cancellazione delle effigi indesiderate poteva avvenire anche sulle monete già coniate e già in circolazione.
Vediamo ora alcuni tra i più illustri personaggi che nella storia di Roma subirono la “Damnatio Memoriae”.
Tra gli imperatori, rigorosamente non in ordine cronologico, vale la pena ricordare Caligola, Nerone, Domiziano, Commodo, Eliogabalo, Massenzio, Treboniano Gallo, Didio Giuliano, vi furono poi altri uomini e donne di spicco che subirono tale pena, come il braccio destro dell’imperatore Tiberio, Seiano, oppure la madre di Nerone, Agrippina, o ancora Geta, fratello di Caracalla che non esitò a farlo assassinare e a far si che se ne perdesse ogni traccia.
La pena si protrasse anche in epoca medievale, particolare è il caso di Papa Formoso (816 circa – Roma, 4 aprile 896). Egli di fatto subì un processo post mortem, conosciuto come il Sinodo del Cadavere, con l’accusa di sacrilegio e abuso di potere, il suo cadavere fu riesumato, vestito con abiti pontifici e posizionato sul trono della sala del concilio, dove il suo successore (anche se il vero successore di Papa Formoso fu Papa Bonifacio che guidò la chiesa per soli 15 giorni), Papa Stefano VI l’avrebbe processato. A rispondere alle domande poste venne nominato un diacono. Al termine di questa farsa, il defunto Papa venne riconosciuto colpevole, e dopo il taglio delle tre dita usate per impartire le benedizioni venne trascinato e gettato nelle acque del Tevere. Scritto il luglio 10, 2015 by romaeredidiunimpero.-http://romaeredidiunimpero.altervista.org/
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