di Lorenzo Talini
L’epoca
Alessandria d’Egitto, principio del V secolo. Cirillo (poi canonizzato e incluso nel numero dei Padri della Chiesa con l’epiteto di Doctor Incarnationis) sale al soglio episcopale, succedendo allo zio Teofilo. Occorre tornare indietro di pochi anni, alla fine del IV secolo, per comprendere il clima che si respirava, assieme all’afa, nella città del Delta. Lo zio di Cirillo, Teofilo, fu il carismatico capo (papas) della comunità cristiana di Alessandria sotto il regno di Teodosio I, un patriarca volitivo e un politico spietato. Fu proprio lui ad istigare la plebe alessandrina a distruggere il Serapeo, un edificio sacro ¨il cui splendore -secondo Ammiano Marcellino- era tale che le semplici parole potevano solo sminuirlo¨.
La vicenda assunse le caratteristiche della tragedia e in quel periodo ¨la religione dei templi ad Alessandria e nel santuario di Alessandria fu dispersa al vento, non solo le cerimonie, ma gli edifici stessi, sotto il Regno di Teodosio [I]¨, come racconta un autore pagano.
Durante il regno di Teodosio I, si ebbe una drastica semplificazione della politica religiosa dell’Impero: nel 391 il cristianesimo niceno veniva proclamato religione ufficiale dello Stato e, nel 392, una legge speciale per l’Egitto fu emanata contro i culti pagani. Intanto a livello locale, si assisteva all’espansione dei poteri amministrativi e giurisdizionali (tendenza iniziata con Costantino) dei vescovi a scapito degli organi dell’amministrazione locale laica.
Ad Alessandria, in quel periodo, dominava la società civile l’éliteprovinciale ellenizzata, che continuava a godere del ¨privilegio di una speciale educazione ¨ellenica¨ dalla forte componente politica¨ (Ronchey): l’eredità della paideia classica. Questa classe dirigente coniugava la sempre più diffusa religione cristiana con il neoplatonismo, spesso condividendo l’idea platonica dei riti e dei dogmi della religione come inganno utile per la diffusa -per quanto sommaria- comprensione della metafisica.
Alla base della piramide sociale si trovava il popolino, inquieto e manovrato dal vescovo. Si trattava di una massa cristianizzata che, animata dall’odio di classe, usava la nuova religione come pretesto per tentare il rovesciamento dello status quo cittadino e come motivo di giustificazione per odiare la ricchissima comunità ebraica alessandrina, una comunità antica quanto la città stessa.
Pochi anni dopo, patriarca dunque divenne il nostro Cirillo, in seguito celebrato come ¨nuovo Teofilo¨ giacché -racconta Socrate Scolastico- ¨distrusse gli ultimi resti dell’idolatria in cittਠ.
Le fonti
La vicenda di Ipazia è un tizzone che continua ad ardere sotto la cenere: esiste il pericolo di un incendio tante sono le implicazioni ideologiche nella riflessione contemporanea. Occorre quindi cercare (e dico ¨cercare¨) una qualche forma di imparzialità, individuando e commentando le fonti.
Ci parlano di Ipazia scrittori sia pagani che cristiani. Tra i pagani, il principale è Damascio (480-529), autore della ¨Vita di Isidoro¨, opera biografica dedicata all’ultimo sacerdote del Serapeo di Alessandria, nella quale si riporta anche l’episodio della morte della nostra filosofa. La prosa di Isidoro è vibrante: lo scrittore è animato da un forte risentimento nei confronti dei cristiani e spesso ne è condizionato (egli stesso, ultimo direttore dell’Accademia di Atene, chiusa dal ¨devotissimo¨ Giustiniano nel 529, fu vittima dell’intolleranza cristiana).
Tra i cristiani incontriamo Socrate ¨Scolastico¨, cioè ¨avvocato¨ (380-450), un notabile costantinopolitano aderente alle posizioni della Chiesa della sua città, la quale era in rapporti di mortale inimicizia con quella alessandrina. Socrate deprecò l’operato di Cirillo e del ¨popolino cristiano¨ di cui ¨nulla può essere più lontano dallo spirito del Cristianesimo¨, esaltando la figura di Ipazia, ¨donna di straordinaria virtù¨, quantunque pagana.
L’ariano Filostorgio narra sinteticamente l’episodio, chiaramente stigmatizzando la condotta degli alessandrini, cristiani niceni: ¨quella donna fu fatta a pezzi dai sostenitori della consustanzialità¨
Prese le parti di Cirillo il vescovo copto Giovanni di Nikiu (vissuto secoli dopo i fatti), che descrisse Ipazia come una maga che ¨ingannò molte persone con i suoi stratagemmi satanici¨. La difesa dell’operato degli alessandrini dipende dal fatto che Cirillo era considerato come uno dei padri della Chiesa copta.
Le nostre fonti sono eterogenee e spesso in disaccordo: non è facile ricostruire la verità storica dei fatti, ammesso che ne esista una.
Ipazia
La ¨
veneratissima filosofa prediletta da Dio¨ (come la definisce
Sinesio, un suo allievo) nacque ad Alessandria probabilmente negli anni ‘70 del IV secolo, da Teone il matematico. Era una donna bellissima, anche se non ne abbiamo nessuna descrizione particolareggiata; fin da bambina si dedicò allo studio delle scienze e della filosofia con risultati sbalorditivi al punto che superò, ancora adolescente, il padre che la istruì come se fosse un uomo, intuendone le doti non comuni (quando era giovane, le autorità cittadine le offrirono la cattedra in una scuola prestigiosa).
Cosa Ipazia insegnasse non possiamo sapere con certezza: era pagana per cultura e riti; aderiva al neoplatonismo ma probabilmente si occupò dei suoi risvolti tecnico-matematici.
Fu certamente astronoma e studiosa di geometria.
Niente ci è giunto della sua produzione scientifica: commentò alcune opere, come l’Algebra di Diofanto, e il suo nome è stato messo in relazione con il Canone astronomico, molto probabilmente non un’opera originale ma un’edizione critica del terzo libro dell’Almagesto di Claudio Tolomeo.
Ci viene descritta semplicemente come bellissima, senza specificare se fosse bionda o bruna; ci viene raccontata come dotata di un fascino e di un carisma particolari e tenuta in grande stima dalla maggior parte della cittadinanza. Viveva in stretta contiguità con i membri più influenti dell’élite cittadina (di cui faceva parte), tanto che entrò in stretti rapporti con il praefectus augustalis Oreste.
Viveva in maniera ascetica, disdegnando l’intimità con gli uomini, e parlava schiettamente di tutto con tutti. Alcune fonti narrano che, quando certi suoi allievi manifestarono per la maestra sentimenti amorosi, questa li respinse senza troppa delicatezza.
Nondimeno, la sua professione di docente, la sua frequentazione disinvolta di ambienti che all’epoca erano considerati riservati agli uomini e la sua parrhesia (assoluta libertà di parola) destarono scandalo tra le frange più integraliste della comunità cristiana di Alessandria d’Egitto.
Il Santo
Doctor Incarnationis,
sanctus,
papas. Assassino, fanatico, spregiudicato. Cirillo di Alessandria, venerato come santo dalle chiese copta, ortodossa e cattolica (neppure due secoli fa, la Chiesa di Roma lo proclamò padre della Chiesa come
Doctor Incarnationis), è stato famoso e famigerato. Suo zio era Teofilo cui subentrò alla guida della Chiesa alessandrina nel 412. Fervente antipagano, nel 414 guidò il grande pogrom che condusse alla cacciata degli ebrei dalla città: un episodio purtroppo familiare per gli europei contemporanei, una vera mattanza. Fu aiutato dai
parabalani, ¨monaci-barellieri¨ che vivevano isolati nel deserto e costituivano la frangia più pericolosa dell’estremismo cristiano, ¨
esseri abominevoli, vere bestie¨ secondo il lessicografo bizantino
Suda (ovviamente un cristiano devoto, essendo vissuto nel medioevo).
Cirillo mirava a intensificare la sua autorità in città, eliminando o rendendo inoffensivi i diversi potentati di Alessandria. Dopo l’influente comunità ebraica, toccò poi al praefectus augustalis. Questi, Oreste, che ¨si era molto risentito per l’accaduto e aveva provato gran dolore a vedere una città così importante completamente svuotata di esseri umani¨ secondo Socrate Scolastico, era un funzionario ligio, cristiano (era un requisito indispensabile oramai per accedere alle cariche pubbliche) ma attento a mantenere l’indipendenza del potere statale, una spina nel fianco nerboruto della Chiesa di Alessandria. L’odio per il prefetto grazie all’opera del vescovo crebbe fino a che il corteo che scortava Oreste venne assalito da alcuni monaci: ¨sei un pagano!¨, ¨sacrificatore!¨ e altri epiteti sempre più offensivi volarono all’indirizzo del funzionario. Una pietra, un sibilo, il rosso vermiglio del sangue. Qualcuno aveva colpito alla testa Oreste.
Era troppo, l’ira del prefetto si scatenò e il responsabile della violenza, Ammonio, fu torturato a morte. Ma Cirillo, con intento politico è notevole spudoratezza, conferì al defunto il titolo di martire e il nome di Taumasio, il ¨Mirabile¨: una dichiarazione di guerra.
Questa era l’aria che tirava in Alessandria.
L’eccidio
¨Phthonos personificato si levò contro di lei [Ipazia] in armi¨.
Anno 5096 dalla creazione del mondo, 415 dell’era volgare, mese di marzo.
Phthonos è l’invidia che si impossessò del cuore di Cirillo, secondo Socrate: invidia per il prestigio di Ipazia, per il favore di cui godeva presso il prefetto, invidia per la sua sapienza e bellezza. Cirillo vedeva nel rapporto tra la donna e il funzionario romano un ostacolo al suo predominio sulla città: Oreste era stato subornato dalla sapiente e, per questo motivo, si era adirato per la cacciata degli infidi ebrei. Forse era perfino diventato pagano…
Lui, il papas, era trattato da nemico mentre quella ¨astronoma¨ pagana decideva del destino degli alessandrini per il tramite delpraefectus augustalis. E il suo prestigio? La sua autorità?
Per giorni il vescovo dové infuocare gli animi dei fedeli, enumerando le empietà di cui la donna era colpevole. I parabalani, eccitati dall’odio ed estenuati dai digiuni (era tempo di quaresima), si radunarono attorno ad un certo Pietro, un monaco che probabilmente aveva un ruolo di preminenza tra i suoi confratelli, e ¨piombarono addosso ad Ipazia un giorno che, come da abitudine, faceva ritorno a casa da una delle sue pubbliche apparizioni¨. La filosofa fu trascinata nella chiesa chiamata Caesaraeum e venne massacrata: mentre era ancora viva, le cavarono gli occhi e, denudata, fu dilaniata con dei cocci affilati (ostraka). I suoi resti furono condotti nel Cinarion e furono bruciati. ¨Una macchia enorme, un abominio per la loro cittਠsentenzia laconico Damascio.
Alcuni hanno affermato che Cirillo non fosse il mandante. Non tenendo conto di Giovanni Malala e di Suda, che parlano di una responsabilità diretta del vescovo, chi può negare la responsabilità morale e ¨politica¨ del patriarca? Il pastore risponde dei danni provocati dal suo gregge…
Bibliografia
- Silvia Ronchey ¨Ipazia, la vera storia¨
- John Toland, ¨Hypatia or the History of a most beautiful, most virtuous, most learned and in every way accomplished lady, who was torn to pieces by the clergy of Alexandria to gratify the pride, emulation and cruelty of the archbishop commonly but undeservedly titled St. Cyril¨
- Enciclopedia europea, voci ¨Ipazia¨ e ¨Cirillo di Alessandria¨.
- Enciclopedia Larousse, voce ¨Ipazia¨
- Suda, Lexicon
- Damascio, Vita Isidori
- Socrate Scolastico, Historia ecclesiastica