venerdì 24 agosto 2012
La sincronicità nella filosofia
La Sincronicità nella Filosofia
di Silvia Serio
La sincronicità rappresenta una fra le argomentazioni principali della visione olistica e metafisica rispetto alla scienza, alla storia e al vivere comune; basti pensare a tutte quelle volte in cui ci si trova di fronte a situazioni particolari e improbabili, coincidenze e eventi fortuiti ma che per il singolo assumono significato. Una stessa visione allargata dell’esistenza trova radici anche negli antichi versi di Plotino: “tutta questa unità [...] è stretta nella comunione della simpatia e ciò che è lontano è vicino”, e nessuna parte del cosmo “è spazialmente tanto lontana da non essere vicina, per la tendenza alla simpatia che esiste fra tutte le parti dell’unitario vivente” (Enneade IV, 4, 22). “La materia è una e il mondo intero […] è la pienezza di vita” (dal “Pimandro”). E ancora: “Coloro che credono che il mondo manifestato (il mondo dell’essere) sia governato dalla fortuna o dal caso, e che dipenda da cause materiali, sono ben lontani dal divino e dalla nozione di Uno.” (Enneadi, VI.9).
Anche negli altri due neoplatonici Vico e Ficino, e in Schopenhauer, è possibile ritrovare i medesimi concetti: quest’ultimo, infatti, argomentando sull’armonia e connessione nella vita di ogni individuo, sostiene che la causalità è soltanto uno dei principi che governa il mondo e l ‘articolo “L’apparente intenzionalità nel destino dell’individuo” ne è testimonianza; paradigmatico è inoltre l’aforisma del filosofo “Il destino mescola le carte e noi giochiamo”.
E ancora Jacob Boehme che percepiva la realtà come dualistica, fisica e metafisica: questo pensiero viene benissimo espresso nella frase tratta da “La vita soprasensibile”: “Null’altro che il tuo volere, udire e sentire, e il fatto che lotti contro ciò da cui sei disceso. Con la tua volontà individualistica ti separi dalla volontà divina, e con la tua vista individualistica vedi solo nella tua volontà, che ottunde caparbiamente il tuo udito con cose terrene e particolari, ti trascina in un baratro, e con l’oggetto del tuo desiderio si poserà come un’ombra sopra di te per impedirti di giungere al supernaturale e al supersensibile”.
Per Cornelio Agrippa, l’uomo psichico nell’universo si configura come figura geometrica, che relaziona con il modo astrale per mezzo di un processo di osmosi: il divino si umanizza, e viceversa l’uomo si fa cosmo. L’uomo assume connotazione divina, inserito nei piani dell’infinito, e contiene il sistema solare a misura introiettato nella sua persona. È così che si può parlare di una parentela profonda tra l’astro e l’uomo (l’astro essendo antropomorfo e l’uomo cosmomorfo).
In ognuno di questi filosofi si enfatizza il rifiuto ad un approccio scientifico e razionale del vivere sostenendo un maggiore significato agli eventi della pura casualità. Questi concetti medesimi ampliati ed enfatizzati si possono ritrovare nell’attualissimo psichiatra americano James Hillman, esponente del relativismo culturale, che con la sua teoria della ghianda sottintende l’esistenza di una intelligenza universale che guida i nostri passi, ci rende insostituibili e predestinati; ogni uomo possiede il “daimon” che lo segue nella missione che ha da compiere, permettendo l’incarnazione del disegno divino e il compimento di una legge universale, come dimostrano i seguenti versi tratti da “Il Codice dell’Anima”: ”La vocazione, il destino il carattere, l’immagine innata: le cose che insieme sostanziano la teoria della ghianda, l’idea cioè che ciascuna persona sia portatrice di una unicità che richiede di essere vissuta”.
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