Tra i 2 milioni di sanpietrini che compongono l’enorme piazza di San Pietro, si nasconde un sanpietrino molto particolare noto ai romani come “Il cuore di Nerone”. Si tratta di un piccolissimo bassorilievo a forma di cuore trovato dai ragazzini di Borgo Pio che passavano il loro tempo libero a giocare nella piazza con una palla fatta di stracci e soprannominato in questo modo per nessun motivo particolare. È conosciuto anche con i nomi di “Cuore di Bernini” e “Cuore di Michelangelo” e le leggende che corrono su questa piccolissima opera d’arte sono numerosissime. Secondo la prima è opera di Bernini in segno di un amore mai trovato, la seconda narra che è frutto del lavoro di Michelangelo come simbolo di un amore infranto, un’altra leggenda ancora dice che fu una donna a crearlo per ricordare il marito condannato a morte ingiustamente.
Un’ultima leggenda racconta che fu inciso tristemente da un soldato durante il discorso che Garibaldi tenne qui il 2 luglio 1849, prima di abbandonare Roma, sancendo così di fatto la fine della famosa “Repubblica Romana”.
Intraprendere la ricerca senza una minima traccia è un’impresa impossibile data la sua piccolezza nel complesso della piazza. Il cuore di Nerone si trova nel Libeccio della Rosa dei Venti piantata nella piazza, ed è sicuramente passata sotto milioni di occhi ma identificata poche volte.
Va anche detto che il pavimento della piazza è stato rifatto varie volte, l’ultima nel 1936. In quest’ultima occasione vennero sostituiti tutti i sampietrini preesistenti, tranne però proprio quelli interni ai riquadri della Rosa dei Venti, probabilmente per la forma irregolare dei riquadri stessi, o forse per il materiale ed il colore leggermente diversi rispetto agli altri sampietrini della piazza. Sembra perciò che il “cuore di Nerone” non sia andato perduto per una serie di circostanze incredibilmente fortunose.
Si trova ancora lì, a testimonianza di un passato che, davanti alle migliaia di opere d’arte straordinarie che Roma può vantare, potrebbe apparire ai più trascurabile ma che invece andrebbe trattato con maggior rispetto anche dai romani stessi che, di fatto, per la maggior parte, ignorano il meraviglioso coacervo di leggende, storia e identità che essa trasmette.
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