Frammento di sarcofago con raffigurazione del Kairos (l’occasione, l’istante)
Forse del II secolo d.C.
nella mostra “L’istante e l’eternità. Tra noi e gli antichi”
Mostra suggestiva e particolarmente apprezzabile per la trattazione di un tema affascinante come quello del Tempo e anche perché, dopo una chiusura pluridecennale, i visitatori possono godere nuovamente della bellezza di cinque Grandi Aule delle Terme di Diocleziano.
I curatori sono Massimo Osanna, attuale Direttore Generale Musei e Demetrios Athanasoulis, Direttore dell’Eforia delle Antichità delle Cicladi, ai quali si aggiungono Stéphane Verger, Direttore del Museo Nazionale Romano e Maria Luisa Catoni.
«Fermati, attimo. Sei così bello!»
Il rilievo appartiene al Museo di Antichità di Torino.
E’rappresentata la personificazione allegorica del momento propizio, resa celebre dal bronzo di Lisippo che, per primo, ne definì l’iconografia.
Si tratta di un rilievo, già porzione di un sarcofago attico e si rimane perplessi alla sua vista riguardo il suo significato. Kairos è la personificazione del tempo inteso come occasione “propizia” difficile da afferrare.
E’rappresentato come un giovane nudo fornito di due ali ricciolute sulle spalle e di una coppia di alette ai piedi, pronto a fuggire via. Abbondanti ciocche gli scendono sul viso, mentre la nuca appare inspiegabilmente rasata. Mentre la sua mano destra regge un oggetto a mezzaluna, un rasoio, la sinistra colpisce il piatto della bilancia per indicare la sua influenza sulle vicende umane. Lui stesso sembra in bilico sulla cornice del rilievo.
Kairós…
La difficoltà che l’uomo da sempre ha vissuto, nel suo sforzo di cogliere l’essenza del tempo, si riflette nella tormentata elaborazione di quel concetto nella cultura greca.
Per gli antichi greci il tempo non era un concetto univoco.
Esistevano almeno tre termini essenziali connessi al tempo: aiòn, chronos e kairòs.
Aiòn è una parola di origine orientale e significa “sempre”. Aiòn è dunque principalmente “ciò che è sempre, ciò che dura, l’eternità”. Nel suo significato di durata aiòn è spesso connesso alla vita, ed esprime il senso dell’estensione temporale dell’esistenza umana.
Aiòn, che in greco è allo stesso tempo “durata”, “vita”, “età”, “generazione”, “secolo”, è il principio vitale sottoposto alla legge della ciclicità eterna, in cui l’eterno è un’infinita ripetizione di finiti.
A quest’idea si contrappone quella di chronos, che è il tempo nel suo scorrere, definito e misurabile. È il tempo divoratore.
Platone nel Timeo (37d, 3-10) chiarisce bene la differenza tra aiòn e chronos:
aiòn è l’aspetto temporale dell’Essere, cioè l’eternità e la durata, mentre chronos è il tempo, aritmetico e misurabile, del divenire, ovvero la transitorietà, il movimento. Mentre per aiòn non c’è un passato e un futuro ma un eterno presente, chronos procede costantemente da un “era” verso un “sarà”.
kairòs rimane un’idea specificamente greca e pressoché intraducibile, densa come appare di significati non semplici da ricomporre in un’unica linea di sviluppo semantico. È un termine estremamente sfuggente.
Se quindi aiòn è il tempo eterno dell’Essere e chronos è il tempo conchiuso del divenire, cos’è kairòs?
È il punto mortale della ferita, il passaggio nell’ordito, il momento critico nella malattia, l’intuizione divina nell’arte, l’equilibrio tra i piatti della bilancia, la punta della lama e la cresta dello spartiacque. È l’apertura. Kairòs è il tempo in cui il divino e l’apparente si incontrano in un varco imprevedibile, che pochi sanno cogliere in tempo. È il momento in cui il problema diventa decisione. È l’attimo fuggente e miracoloso in cui svaniscono in un solo colpo tutte le contraddizioni del mondo.
E’l’attimo geniale, fecondamente creatore, nel quale una pienezza di Essere, travalicando uno sviluppo cronico del tempo, giunge al suo punto culminante.
Il genio di Lisippo, l’ultimo grande maestro della scultura greca classica dal 372-368 a.C. fino alla fine del IV secolo a.C., produsse per Alessandro Magno una statua bronzea (ora perduta) dedicata al kairós, per la quale inventò una iconografia particolare che ebbe in seguito molta fortuna, tanto da venire riprodotta – anche con varianti – in opere scultoree, mosaici, gemme.
L’originale si poteva ammirare nel portico dell’agorà di Sicione, città natale di Lisippo il quale realizzò una statua in bronzo di Kairòs che rappresentava, secondo la descrizione tramandataci da Callistrato, un adolescente nudo, il cui piede sinistro poggiava su una sfera o una ruota. Suoi attributi erano il rasoio e la bilancia.
Fondò in tal modo l’iconografia del dio.
Di quest’opera ci sono giunte molte copie e alcune dettagliate descrizioni.
In una di queste si legge che sul piedistallo era stato inciso questo epigramma di Posidippo di Pella (Antologia Planudea, 275):
«Dimmi, l’artista chi fu? Donde fu?» «Di Sicione» «Ed il nome?» «Lisippo» «E tu chi sei?» «Il nume dell’Occasione»
«Vai sulle punte: perché?» «Vado sempre di corsa» «Nei piedi hai due penne: perché?» «Volo nel vento» «Hai nella destra un rasoio: perché?» «Per provare che al mondo più tagliente discrimine non c’è» «E quei capelli sul viso?» «Perché chi m’incontra m’afferri, per Zeus!» «Ma quella gran pelata dietro?» «Fatto una volta coi piedi volanti il sorpasso, nessuno m’agguanterà da dietro, se pur vuole» «Dimmi, l’artista perché t’ha plasmato?» «Per voi, forestiero: m’ha posto come monito nell’atrio».
Nel rilievo di Torino è assente la sfera sulla quale il giovane dio era in bilico: una variante dovuta alla necessità, da parte dello scultore, di adattare la figura allo spazio disponibile nel fianco del sarcofago.
Tuttavia questa pur pallida eco del capolavoro di Lisippo è capace ancora di evocare la precarietà, l’incertezza di qualcosa che passa… l’attimo fuggente ma anche un momento di grazia o quello dell’ispirazione…
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