venerdì 7 maggio 2021

Le Sirene

 

La sirena è un essere fantastico con la parte superiore del corpo di donna, formosa e di aspetto piacevole, e la parte inferiore foggiata a di coda di pesce.
Si tratta di un essere marino, o comunque acquatico, dal temperamento malevolo, che sfrutta le sue doti di seduzione sessuale, mostrando la parte superiore del corpo, per attrarre ignari giovani e ucciderli trascinandoli nel mare.

La Sirena canta in maniera irresistibile e a volte suona anche qualche strumento.
Ha lunghi capelli, spesso verdi come il mare, che pettina accuratamente; ha in mano uno specchio in cui si rimira compiaciuta. 

Corrisponde a quello che ha il termine inglese mermeid. Il mito della Sirena si ripete in tutto il mondo, nessun luogo escluso, e dimostra caratteristiche più costanti e omogenee perfino di quelle del mito del Drago.

Nell’area occidentale, europea, in particolare, questo mito ha una sua storia speciale. Infatti nessun altro mostro è stato soggetto, nel corso del tempo e nel medesimo ambito culturale, a una trasformazione così complessa come quello della Sirena, passata da immagine dell’anima umana, a demone mortale a forma di uccello, a seducente ninfa dalla coda di pesce.

Le Sirene, propriamente dette (Seirenes), nascono in Grecia, ma le tradizioni che le riguardano sono estremamente confuse e discordanti tra loro. 
Il numero stesso delle Sirene non è ben certo: Omero, il primo a menzionarle, ne parla usando il duale, sottintendendo dunque che si tratta di una coppia; tuttavia nella tradizione figurativa e in quella letteraria sono generalmente tre; non mancano però le eccezioni che parlano di quattro o addirittura di otto Sirene, come fa Platone.

Uguale incertezza c’è sui loro nomi: in un dipinto vascolare troviamo il nome di Imeropa; ma poi abbiamo le triadi Thelxinoe, Aglaope, Pasinoe e Partenope, Leucosia, Ligea; e la tetrade Teles, Raedne, Molpe e Thelxiope.
In tutto sono undici denominazioni differenti, talvolta legate a miti locali, come Partenope alla fondazione di Napoli. 

Lo stesso nome Seirenes non ha una etimologia sicura: può connettersi con seirà, (catena, laccio), o col verbo seirazein (legare con una corda), ambedue con un possibile riferimento alla qualità di incantatrici o maghe. 
Ma può anche essere fatto risalire a seirios (bruciante, da cui anche Sirio, l’astro della canicola) per alludere ai pericoli dell’ora MERIDIANA, quando il mare in bonaccia sotto il sole implacabile può essere più infido di quello in tempesta.

Analogamente, collegandolo al periodo delle grandi calure, quando tutto si dissecca, possiamo pensare ad un’altra variante del verbo seirazein, che significa "prosciugare". Ma sono stati proposti anche legami etimologici con l'ebraico sir, canto, e col radicale sanscrito sr, fluido in movimento.

La genealogia delle Sirene non chiarisce le cose più dell'etimologia.

Platone dice che sono figlie di PHORKYS e KETO, divinità, marine ambedue, fratello e sorella incestuosi, da cui nascono numerosi altri mostri celebri della mitologia greca, tra cui Scilla, Echidna, le Graie.
Ma si tratta di una attribuzione isolata; per lo più le Sirene sono dette figlie di ACHELOOS, una tra le più antiche divinità, greche in assoluto. 
Meno certa è la maternità: si parla di due delle Muse Calliope (Tersicore) o di una donna dell'Etolia, regione in cui scorre il fiume Acheloo (oggi Aspropotamo), di nome Sterope. 
Secondo una variante nascerebbero addirittura direttamente da tre gocce del sangue di Acheloo, cadute a terra quando, durante la lotta per il possesso della bella Deianira, Eracle spezza al dio una delle sue corna.

Per quanto riguarda l’aspetto fisico delle Sirene, abbiamo meno incertezze: anche se Omero non le descrive ci sono numerose raffigurazioni vascolari e scultoree, nonché le descrizioni di autori più recenti, che ne testimoniano la forma ibrida, col corpo di uccello e la testa femminile. 
Nel tempo questa forma attenua i suoi caratteri ornitomorfi: compaiono le braccia umane, il seno, poi tutto il busto; successivamente solo le zampe restano a forma di uccello, finché non si perdono, in epoca alessandrina, anche questi ultimi residui di ibridismo.
Quello che resta invece incerto è il motivo di questa forma. Sembra che fossero all’inizio del tutto umane, e che la loro parziale trasformazione in uccelli sia conseguente ad un evento, che varia però a seconda degli autori.

Per Ovidio erano compagne di giochi di Persefone, alla quale stavano insieme anche quando il tenebroso Ade l’aveva rapita; allora avevano chiesto agli dei di diventare uccelli per poter cercare la loro compagna in mare e per terra. 
Secondo altre versioni sarebbe stata invece Demetra a trasformarle così, come punizione per non aver cercato di impedire il ratto della figlia; oppure sarebbe stata Afrodite, per punirle di aver disprezzato le gioie dell’amore.
Di certo c’è solo che, pur avendo le ali, avevano perso la capacità di volare in una gara di canto contro le Muse; queste ultime, dopo averle vinte, irritate dall’orgoglio dimostrato dalle Sirene, le avevano spennate.

Questa confusa congerie di miti trova una espressione compiuta solo nelle due grandi epopee di viaggio della mitologia greca: il viaggio di Ulisse e quello degli Argonauti. 
Nell’Odissea (XII) Ulisse, partito dall'isola di Circe, per sottrarsi alla seduzione perfida delle Sirene, contro le quali era stato messo in guardia dalla maga, si era fatto legare all'albero maestro della nave dai suoi marinai, ai quali aveva preso la precauzione di otturare le orecchie con la cera. 
Aveva potuto cosi ascoltare il letale canto delle Sirene senza pericolo e aveva potuto conoscere le loro irresistibili armi seduttive, basate non sul sesso (come quelle delle Sirene che oggi conosciamo), seduzioni contro le quali a poco sarebbe servito chiudere le orecchie dei marinai, sfiancati da anni di guerra e di peregrinazioni; ma sull’intelletto, sulle lusinghe di una conoscenza senza limiti, che il loro canto offriva. 
Anche Ulisse soccomberebbe all'irresistibile richiamo, se gli stretti nodi che lo avvincono all’albero non fossero più forti del suo corpo provato dalle fatiche; solo grazie a questa costrizione fisica riesce a scampare ad un pericolo contro il quale anche il suo intelletto sempre pronto naufragherebbe miseramente.

Meno conosciuto è l’episodio narrato da Apollonio Rodio ne Le Argonautiche (IV, vv 89l-92l). 
Conquistato il Vello d'oro Giasone e gli Argonauti, dopo numerosissime avventure e dopo aver toccato anch’essi l’isola di Circe, giungono al Mare delle Sirene, di fronte al cui canto resterebbero inermi se il mitico Orfeo, imbarcato proprio con questo scopo, non suonasse ancora più dolcemente di loro, e non impedisse così che tutti i marinai si gettino in mare per raggiungerle. 
Solo uno di loro, Bute, soggiace al fascino delle seduttrici, ma viene salvato da Afrodite.
Secondo alcune versioni, dopo questo smacco le Sirene si gettano dalla loro rupe uccidendosi. 
Secondo altre, con maggiore coerenza, questo suicidio avverrebbe solo una generazione dopo, al passaggio di Ulisse, che costituisce per le Sirene il secondo grave smacco.

In tutti i miti vi sono alcuni elementi in comune: vi è sempre un rapporto con l’elemento acquatico, le loro imprese sono innestate nei grandi cicli di viaggio, il loro luogo di soggiorno è un isola e la loro ascendenza rivela caratteri acquatici sia che la si ascriva a Phorkys e Keto, sia ad Acheloos.
Altro tema fondamentale è quello della conoscenza, evidenziato tanto nelle parole che Ulisse riesce ad ascoltare, quanto nella loro presunta discendenza da una delle Muse.
La conoscenza a carattere profetico è una delle attribuzioni costanti delle divinità marine; il fatto che questo sapere venga comunicato attraverso la musica e il canto, induce a pensare che si tratti di una conoscenza segreta, iniziatica, aperta a pochi. 
Lo stesso Orfeo, vincitore delle Sirene, è l'iniziatore di una religione misterica; il suo potere di comandare, tramite la musica, gli animali e la natura ci ricorda che la musica terrestre riflette un’altra musica, quella cosmica, divina, che è nello stesso tempo legge cosmica, potere creativo e vita: non a caso Platone sceglie proprio le Sirene come simbolo delle sfere.


J. W. Waterhouse, La sirena (1900 circa)
Immagine dal sito http://upload.wikimedia.org/


Un terzo aspetto fondamentale è la correlazione con la morte; sia attraverso i riferimenti al ratto di Proserpina negli inferi sia attraverso il comportamento mortifero delle Sirene che, se non riescono ad uccidere, si uccidono esse stesse.

Questa correlazione con la morte si evidenzia soprattutto nella loro forma più antica di uccelli dal viso umano, pervenuta certamente attraverso l'Egitto dalle raffigurazioni del Ba, l'anima uccello del defunto. 
Le stesse Sirene greche sono rappresentate molte volte sui sarcofaghi, con in braccio una figura umana minuscola che è l'anima del defunto.

Queste tre tematiche non sono scisse tra loro; il mondo acquatico rimanda da un lato al sapere, comune a tutti gli esseri dell'acqua, ma dall'altro ha stretti rapporti con la morte; oltre a essere mortale e pericolosa di per sè, l’acqua è anche il tramite necessario per l’aldilà, sia che si vada verso una nuova vita (Isola dei Beati), sia verso la morte definitiva degli inferi. 
L’attraversamento dell’acqua è la prova necessaria per il passaggio tra due livelli di realtà, quello profano e quello sacro.

Questa connessione molteplice tra i temi, porta anche a una loro interscambiabilità. Così nel tempo, accanto a quella progressiva umanizzazione che si produce nell’iconografia delle Sirene, si verifica parallelamente uno spostamento delle valenze dal mondo propriamente infero dei modelli egiziani a quello marino, legato alla conoscenza iniziatica. Dal concetto oggettivo di morte materiale si passa cioè a quello simbolico della morte-rinascita, ottenuta attraverso l’iniziazione.

L’accostamento del nome Sirena alla descrizione di una donna pesce è attestato esplicitamente e in maniera inequivocabile solo verso l’VIII-IX secolo, nel Liber Monstrorum.
Quello che è strano non è che l’autore del Liber Monstrorum abbia attribuito una forma errata (da un punto di vista della tradizione precedente) al nome Sirena; il fatto inspiegabile è che un simile errore (o invenzione voluta, creazione) abbia avuto ragione di una tradizione millenaria e si sia imposto all’immaginario comune dell’uomo. 
Un simile cambiamento non può essere ascritto alla fantasia di un singolo autore, ma è necessario che corrisponda a una motivazione più profonda e collettiva, le cui radici siano già ben consolidate. Nella mitologia greca l’unico appiglio sembra dato dall’appartenenza all’elemento acqua.
Non si tratta però di un argomento sufficientemente solido, perché altri animali non marini hanno valenze acquatiche altrettanto forti del pesce: si pensi che quasi tutte le divinità fluviali greche e romane hanno aspetto di toro a testa umana e ai rapporti strettissimi tra il cavallo e l'acqua.

Nella mitologia greca esistevano altri esseri di aspetto misto di uomo-pesce, come TRITON, e divinità multiformi, che a volte assumevano anche l’aspetto ittiomorfo (NEREUS; PROTEUS). Tuttavia, la sola comunanza di forme non è significativa: a parte il fatto che questi ultimi casi sono quasi sempre esseri di sesso maschile, nessuno ha mai presentato aspetti di seduzione o relazioni con la musica o la morte se non sporadicamente.

Nel mito di OANNES, il mostro dall’aspetto misto di uomo e pesce che nell’iconografia è raffigurato come le Sirene moderne, nel primo anno dopo il diluvio, uscendo dal mare ogni mattina e rientrandovi la sera, insegnò agli uomini tutte le scienze e le tecniche necessarie alla vita.
Oannes ha un evidente stretto nesso con l’acqua, nonché con il sole (e questo potrebbe confermare l’etimologia di Sirena da Seirios, Sirio o sole); ma ha anche inequivocabili rapporti con la sapienza. 
Si trova quindi in lui il primo nesso fra il pesce e la conoscenza (oltre a quello, evidente ma insufficiente, tra pesce e acqua), necessario a spiegare strutturalmente la nuova forma delle Sirene.

Una conferma della relazione tra la conoscenza e gli aspetti ittiomorfi si trova anche nella storia di Giona che, inghiottito e poi rigurgitato dal mostro marino, acquisisce capacità profetiche; non va neanche dimenticato che la figura di Giona nei bassorilievi medievali appare spesso per metà rigurgitata dal pesce e il suo corpo sembra continuarsi con quello del mostro, diventando stranamente simile a quello di un Tritone.
Per di più, sempre in epoca medievale, si é anche confuso Oannes con Ioanas, e cioè Giona. Le affinità strutturali e formali che questi miti presentano con quello della Sirena hanno permesso un parziale passaggio di contenuti. 

La Sirena, cioé, perde la sua caratterizzazione formale ornitomorfa nel passare da essere prevalentemente legato alla morte a essere portatore di conoscenza (pur sempre mortale); parallelamente viene a formarsi un filone legato alla sapienza, derivante da Oannes, il cui carattere pesciforme è ben evidente.

I due filoni procedono di concerto e costituiscono la base su cui si innesterà, senza traumi, una variante iconografica che è più rispondente ai contenuti che si sono venuti coagulando attorno alla Sirena; la quale, a sua volta, è sempre meno ostacolata dall’aspetto predominante ornitomorfo, che è andato svanendo nel tempo.

Nella concezione moderna della Sirena emerge pure la componente sessuale, del tutto assente nell’antichità, e comincia a perdersi l’aspetto sapienziale, di cui resta solo la pallida eco del canto fascinoso.
Quest'ultima trasformazione si opera prevalentemente in ambiente cristiano.

Nella traduzione della Bibbia dei Settanta, in sei luoghi troviamo menzionate le Sirene come traduzione (inspiegabile) dei vocaboli tannim, sciacallo, e benot ya ’anah, struzzo femmina.
Per quanto poco motivata, questa traduzione dà comunque luogo a una serie di fitti commentari.

Clemente Alessandrino è il primo a fare delle Sirene il simbolo delle lusinghe del mondo e della voluttà carnale; questa nuova visione ben si accorda con i pericoli legati all'eresia gnostica e al crollo del mondo occidentale.
Ma esistevano precedenti favorevoli a quest'interpretazione anche in epoca anteriore all’avvento del cristianesimo, nella letteratura apocrifa dell’Antico Testamento. 
In particolare è interessante l’affermazione, fatta nel Libro di Enoch, che le donne che sedussero i figli di Dio diventeranno Sirene. E' la prima volta che la seduzione di tipo erotico viene espressamente riferita alle Sirene. Contemporaneamente, lo stesso testo fornisce anche un collegamento con gli aspetti sapienziali.
Infatti questi Figli di Dio, dice Enoch, insegnarono agli uomini, esattamente come Oannes, le scienze e le tecniche; rispetto al mito mesopotamico la situazione è speculare, poiché mentre Oannes viene subito dopo il diluvio a dare le sue conoscenze agli uomini redivivi, i Figli di Dio, invece, con i loro insegnamenti provocheranno quella degenerazione dell’umanità che indurrà Dio a provocare il Diluvio, per cancellarla dalla terra.

Concludendo il mito della Sirena nasce, sia in ambiente greco che ebraico, come simbolo dell’impossibilità (e della pericolosità) di giungere a una conoscenza totale, cioè a una pienezza di vita, se non si è ad essa preparati, iniziati.

Successivamente avviene una traslazione di contenuto, contemporanea a quella di forma. Mentre quella forma iniziale, derivata dall'Egitto e fortemente connessa al tema della morte, che diventa collaterale, si adegua ad una nuova prevalenza di contenuto (pesce=conoscenza), il contenuto stesso, in ambito cristiano, si evolve verso un nuovo sfondo erotico, cui peraltro la nuova forma può adeguarsi senza forzature (conoscenza = pesce = sesso).

La Sirena, di concerto con i nuovi risvolti simbolici, che non cancellano tuttavia quelli primitivi, si illeggiadrisce e finisce per rappresentare, nell'epoca attuale, una sorta di complimento per una donna affascinante.

http://free.imd.it/Colapesce/Cola-Affinita/sirena.htm, ricavato da "Termometro Politico"

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