Nell'augurare una buona festa del papà ai miei lettori e ai fans della mia pagina, parliamo oggi di un papà... antico!
Si parla del padre di Quinto Orazio Flacco, uno dei più illustri poeti d'età augustea ed esponente del circolo di Mecenate.
Orazio era d'umili origini: suo padre, di cui non sappiamo il nome (quasi come se Orazio ne fosse geloso) era un liberto lucano di Venosa, che grazie a una serie di lavori e di rapporti clientelari di fiducia, era riuscito ad accumulare una discreta somma di denaro, per assicurare un avvenire al figlio Quinto. Come ci tiene a precisare Orazio stesso, mentre i figli dei più illustri centurioni e magistrati locali andavano da un discreto maestro della zona (un tal Flavio altrimenti ignoto), il padre del poeta lo mandò a studiare a Roma dai migliori maestri.
Non solo Orazio, in tutta la sua poetica, si mostrerà sempre grato a suo padre per avergli riservato sempre e solo il meglio, ma non mostrerà mai un briciolo di vergogna o di risentimento per la sua bassa condizione sociale. Anzi, in linea con il suo pensiero, che in molti tratti abbracciava l'epicureismo, lo status di liberto del padre gli era servito come monito per non correre dietro a vani onori e inutili ricchezze, preferendo quella che lui stesso chiamerà "Aurea Mediocritas".
Quando Orazio, colto da un giovanile sentimento di ribellione misto a ideali di libertà, si unirà all'esercito dei Cesaricidi Bruto e Cassio (tra l'altro ricoprendo il ruolo di tribuno!), dopo la sconfitta di Filippi la sua colpa di essersi schierato con i nemici dei due triumviri Antonio e Ottaviano metterà a rischio lui stesso e anche la sua famiglia. Ma nonostante ciò, il padre di Orazio non solo riaccoglierà a casa il poeta, ma addirittura gli troverà un lavoro da scriba presso un magistrato locale (ndr. Che storia interessante! Ci si potrebbe scrivere un romanzo sopra, non trovate ? )
Orazio, dopo essere entrato a far parte della cerchia di Mecenate, non si vergogna delle sue origini, anzi afferma più volte che non sostituirebbe suo padre con nessun altro uomo: gli deve molto, forse tutto, perché grazie all’istruzione ricevuta con tanti sacrifici è riuscito a coronare il suo sogno, unendosi ai più grandi intellettuali della sua epoca. Il messaggio che ci ha voluto trasmettere il poeta è quello di sapere accettare e soprattutto amare chi ci ha generati, non solo perché dobbiamo ai nostri padri la nostra intera esistenza, ma soprattutto poiché un padre è una guida, insegna al figlio a vivere immune da colpe e caro agli amici, ricevendo lode.
Orazio era d'umili origini: suo padre, di cui non sappiamo il nome (quasi come se Orazio ne fosse geloso) era un liberto lucano di Venosa, che grazie a una serie di lavori e di rapporti clientelari di fiducia, era riuscito ad accumulare una discreta somma di denaro, per assicurare un avvenire al figlio Quinto. Come ci tiene a precisare Orazio stesso, mentre i figli dei più illustri centurioni e magistrati locali andavano da un discreto maestro della zona (un tal Flavio altrimenti ignoto), il padre del poeta lo mandò a studiare a Roma dai migliori maestri.
Non solo Orazio, in tutta la sua poetica, si mostrerà sempre grato a suo padre per avergli riservato sempre e solo il meglio, ma non mostrerà mai un briciolo di vergogna o di risentimento per la sua bassa condizione sociale. Anzi, in linea con il suo pensiero, che in molti tratti abbracciava l'epicureismo, lo status di liberto del padre gli era servito come monito per non correre dietro a vani onori e inutili ricchezze, preferendo quella che lui stesso chiamerà "Aurea Mediocritas".
Quando Orazio, colto da un giovanile sentimento di ribellione misto a ideali di libertà, si unirà all'esercito dei Cesaricidi Bruto e Cassio (tra l'altro ricoprendo il ruolo di tribuno!), dopo la sconfitta di Filippi la sua colpa di essersi schierato con i nemici dei due triumviri Antonio e Ottaviano metterà a rischio lui stesso e anche la sua famiglia. Ma nonostante ciò, il padre di Orazio non solo riaccoglierà a casa il poeta, ma addirittura gli troverà un lavoro da scriba presso un magistrato locale (ndr. Che storia interessante! Ci si potrebbe scrivere un romanzo sopra, non trovate ? )
Orazio, dopo essere entrato a far parte della cerchia di Mecenate, non si vergogna delle sue origini, anzi afferma più volte che non sostituirebbe suo padre con nessun altro uomo: gli deve molto, forse tutto, perché grazie all’istruzione ricevuta con tanti sacrifici è riuscito a coronare il suo sogno, unendosi ai più grandi intellettuali della sua epoca. Il messaggio che ci ha voluto trasmettere il poeta è quello di sapere accettare e soprattutto amare chi ci ha generati, non solo perché dobbiamo ai nostri padri la nostra intera esistenza, ma soprattutto poiché un padre è una guida, insegna al figlio a vivere immune da colpe e caro agli amici, ricevendo lode.
Un augurio sincero a tutti i vostri papà da Michele Porcaro - Autore.
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