Roma "Salve Regina, madre di dio, tu che dai la vita... Grande, potente, sovrana di tutti gli dei, maga dai consigli eccelsi... E' per ordine tuo che il re sale sul trono...". Se li porta davvero bene i suoi 4.500 anni la dea Iside... Basta leggere queste preghiere per scovarvi ritmi e speranze che hanno accompagnato fino a oggi le fedi della gente mediterranea. Sono incise su un pilone del tempio di Philae, la sua isola-santuario che galleggia sul lago Nasser, nel profondo sud dell' Egitto, a segnare i confini con la Nubia. Ad avvicinarla ancor più a noi, poi, c' è quella sua immagine di dea madre, ripetuta in mille statue: lei, seduta sul trono che porge il seno ad allattare la sua creatura. Non a caso per questa mostra che Milano le dedica (verrà inaugurata venerdì prossimo per aprire sabato 22 al pubblico) è stata scelta proprio la Iside che allatta: sarà sul manifesto, in copertina al possente catalogo Electa, in giro sui cartelloni stradali che ne annunciano l' avvento. A vederla così, di primo acchito, è davvero una Madonna. Una surreale madonna egizia resa ancor più strana dalle corna di Hathor che l' incoronano impadronendosi del sole... Ma, pur sempre, una madonna con bambino.
Solo a saperne di più, se ne scopre il perché.
Se li porta davvero bene i suoi 82 anni Sergio Donadoni. Lui, Iside, la conosce davvero: è lui che - nel primo dopoguerra, alla Statale di Milano - ha rilanciato in Italia gli studi di egittologia; lui che ha dato il via a importanti studi tradotti in tutto il mondo; sempre lui è ora uno dei saggi che ha appena messo a punto il progetto per un nuovo museo egizio a Giza, vista sulle piramidi. "Una vita davvero felice" dice con naturalezza e racconta della fortuna di aver potuto seguire, ormai da più di 60 anni, quella sua passione per il mondo dei faraoni, nata quasi per caso, durante una visita al British museum, insieme alla mamma, quand' era ancora adolescente: "Lei mi comprò il catalogo, a me si spalancò un mondo...". Poi i primi scavi ("Chissà che anno era? Forse il '37..."). Nel 1966, il matrimonio con Anna Maria, la direttrice dell' Egizio di Torino (" Galeotto fu Bianchi Bandinelli: Vi dovete assolutamente conoscere - mi disse - in Italia voi egittologi siete talmente pochi..."). E, insieme all' egittologia, sempre presente l' Egitto: i viaggi giù per salvare con l' Unesco Abu Simbel prima; Philae dopo. E oggi, a chiamarlo a Luxor, è la tomba di un dignitario delle divine adoratrici che - ormai da più di venti anni - assorbe tutti i suoi autunni. Fu, però, durante il primo scavo - ad Antinoopolis, a cercar papiri, quando sull' entusiasmo, di sua iniziativa, aprì un altro cantiere proprio lì vicino - che ebbe il suo primo incontro ravvicinato con Iside: "Dalla sabbia apparvero delle gambe di granito nero. Scavammo con furia: era una maestosa Iside nera che ora è al museo del Cairo. Ogni volta la vado a salutare, con affetto e un po' d' orgoglio". Così, a chiedergli della dea sorella e sposa di Osiris, della sua capacità di vincere su qualsiasi divinità venisse in contatto, con Donadoni si viaggia veloci, ben guidati nello spazio e nel tempo inseguendo dappertutto quel mito che dai documenti appare ben radicato già nel 2300 avanti Cristo. E' un mito che spazia tra feuilleton e realtà virtuale. Per ricostruirne l' essenza il professore, gentile, accetta di arrampicarsi sull' albero genealogico degli antichi dei egizi: "All' inizio c' era il Vuoto che accoppiandosi con Tefnut generò Geb (la Terra) e Nut (il Cielo). Da loro nacquero quattro figli: Osiride e Iside, Seth e Nefti. Solo Osiride, però, diventa sovrano suscitando l' odio di Seth che finirà per ucciderlo. Iside non si dà pace fin quando non ritrova e ricompone il corpo del fratello amato. Con le sue parole magiche, il suo amore e il pianto rituale che serve a risvegliare il cadavere, lo rianima a tal punto da poter concepire con lui un figlio postumo, Horus. A questo punto Iside, già sorella, sposa, vedova, è anche madre: deve proteggere la sua creatura, farla crescere forte per permettergli di vendicare suo padre e riprenderne il ruolo". Ora, come Grande Madre, la dea si fa interlocutrice consueta senza bisogno di sacerdoti intermediari: è familiare per ogni altra mamma d' Egitto che sta in pena per i suoi bambini. Così è lei che protegge i piccoli di tutti: sorveglia il parto, dà consigli contro il veleno dei serpenti e degli scorpioni, ascolta le preghiere, appare in sogno... Pian piano coagula il sapere delle donne, delle guaritrici, delle mammane di allora. Nello stesso tempo non solo continua ad assicurare la vita dopo la morte (com' era riuscita a fare con Osiris) ma anche a dare fertilità a chi non l' ha". Virtù eccelsa in un mondo duro - con i campi da arare, i raccolti pesanti - dove non avere figli e braccia a disposizione significava rischiare vecchiaie di miseria. E infatti la sua festa coincideva con la piena del Nilo, quando il fiume sacro usciva dal suo letto per fecondare la terra e assicurare cibo per tutti". Il tempio di Hebit nel delta apre un nuovo capitolo: "...Ora - e siamo intorno al VI secolo a.C.- sul trono c' è la dinastia di Sais, i saitici. Furono loro a costruirlo. E' con loro che Iside cominciò a viaggiare fuori dall' Egitto: questi faraoni, fecero largo uso di mercenari libici ma soprattutto greci, i più organizzati". Sarà stata la nostalgia, sarà che il Mediterraneo mischia tutto, fatto sta che in Iside quei soldati ci videro Demetra. Nel suo sposo sfortunato, Osiris, riconobbero Dionisos. Pregavano questi antichi dei egizi e sognavano casa, i loro cari, l' Olimpo troppo lontano per proteggerli. I viaggi tra la costa egizia e Delo, frequenti e tutto sommato veloci se il vento e Iside erano propizi, fecero il resto.
Demetra regalò a Iside i suoi misteri, i rituali di iniziazione, la passione per i segreti. E Iside, al solito, come aveva già fatto con tante altre divinità femminili egizie, assorbì tutto e divenne ancora più grande, potente, talvolta inquietante. "Ormai Iside" prosegue il professore "è più o meno la Iside che conquisterà il mondo di allora, quella che arriverà a Roma e con le legioni romane dappertutto.
Adesso, però, chiede ai suoi fedeli di rispettare il suo credo, avere una vita isiaca chè solo così rinasceranno a nuova vita, come premio eterno". Anche Osiride, nel frattempo, è cambiato: ora i Tolomei, satrapi dell' Egitto dopo la morte di Alessandro del 323, lo chiamano Serapis. Lo ritraggono un po' come Zeus, e credono - o almeno fingono di credere - nella sua onnipotenza. Gli erigono templi (uno, il più famoso, proprio vicino al Faro di Alessandria), lo fanno sempre più sacro. Del resto, quella coppia divina di fratelli-sposi, così amata nella terra che dovevano governare, a loro doveva fare anche comodo visto che il matrimonio tra fratelli nella genia dei Tolomei fu una costante per tre secoli. Ad Alessandria, poi, Iside si è fatta davvero bella, grazie agli scultori ellenisti che le hanno dato nuova femminilità. Le vie del Mediterraneo sono infinite, Iside che le protegge, le percorre tutte. Un Iseo a Pozzuoli dove arrivava il grano d' Egitto e il marmo di Grecia, un altro a Pompei, un altro ancora nel porto di Ostia... E la Gallia, la Britannia, la Spagna...
Piaceva quella dea. Piaceva alle donne, ai poveri, agli schiavi, alle innamorate deluse... Conquistò Roma. Quella del popolino, prima.
Quella degli imperatori, poi. Ci mise un po' , certo. Al potere faceva paura, come ogni setta segreta. Eppure ce la fece: così il suo Iseo, che sorgeva meraviglioso dov' è ora la Chiesa di Santa Maria sopra Minerva, era frequentatissimo. Ormai persino gli imperatori dopo averla contrastata - soprattutto quando Cleopatra, nuova Iside, faceva paura riuscendo a irretire ogni grande romano che le arrivava giù ad Alessandria - l' avevano accettata a furor di popolo: Caligola, Nerone, Diocleziano, Adriano... Poi, però, su lei e sull' intero pantheon romano vinse Cristo. Ad affiancarlo - e sostituire Iside nei cuori delle donne - arrivò un' altra madre, vergine e nutrice; a proteggerlo ci pensò - con violenza - Teodosio che chiudendo i templi pagani in tutto l' impero ammutolì per sempre l' Egitto. Ma qualcosa di lei rimase. La mostra milanese racconterà anche la seconda vita della dea, quella rinascimentale, quando venne resuscitata decifrando a stento brandelli di memoria che i testi classici avevano salvato dai rigori cristiani. E' un' Iside, più maga che dea, filtrata attraverso mille alambicchi mentali dagli intellettuali del Cinque e Seicento. Esoterica, simbolica, ermetica e fascinosa com' è finisce a far da papessa nei tarocchi, da mito per i massoni, ma anche a dar poesia al Flauto magico, a rendere fantastiche le stampe del Piranesi, a costruire con lucida follia libri e architetture. Non è più l' Iside di Donadoni, però, questa.
Si vede subito che al professore interessa poco e niente: troppo recente, troppo inventata. Eppure anche la nuova dea, di fedeli nei secoli ne ha trovati tanti, anche di recente. Giusto 30 anni fa, nel '67, Jurgis Baltrusaitis, uno dei più pirotecnici storici dell' arte che il nostro secolo abbia avuto, ripubblicò La ricerca di Iside, una sua dettagliatissima fascinosa esplorazione tra arte, letteratura e geografia sulla diffusione dell' antico mito. Cosa ci trovasse lui in quel mondo lo spiegò bene con queste parole: "...Un Egitto immaginario, universale e immortale nacque lontano dai suoi confini e prese il posto dell' Egitto storico...". Probabilmente questa mostra avrebbe interessato anche lui.
Solo a saperne di più, se ne scopre il perché.
Se li porta davvero bene i suoi 82 anni Sergio Donadoni. Lui, Iside, la conosce davvero: è lui che - nel primo dopoguerra, alla Statale di Milano - ha rilanciato in Italia gli studi di egittologia; lui che ha dato il via a importanti studi tradotti in tutto il mondo; sempre lui è ora uno dei saggi che ha appena messo a punto il progetto per un nuovo museo egizio a Giza, vista sulle piramidi. "Una vita davvero felice" dice con naturalezza e racconta della fortuna di aver potuto seguire, ormai da più di 60 anni, quella sua passione per il mondo dei faraoni, nata quasi per caso, durante una visita al British museum, insieme alla mamma, quand' era ancora adolescente: "Lei mi comprò il catalogo, a me si spalancò un mondo...". Poi i primi scavi ("Chissà che anno era? Forse il '37..."). Nel 1966, il matrimonio con Anna Maria, la direttrice dell' Egizio di Torino (" Galeotto fu Bianchi Bandinelli: Vi dovete assolutamente conoscere - mi disse - in Italia voi egittologi siete talmente pochi..."). E, insieme all' egittologia, sempre presente l' Egitto: i viaggi giù per salvare con l' Unesco Abu Simbel prima; Philae dopo. E oggi, a chiamarlo a Luxor, è la tomba di un dignitario delle divine adoratrici che - ormai da più di venti anni - assorbe tutti i suoi autunni. Fu, però, durante il primo scavo - ad Antinoopolis, a cercar papiri, quando sull' entusiasmo, di sua iniziativa, aprì un altro cantiere proprio lì vicino - che ebbe il suo primo incontro ravvicinato con Iside: "Dalla sabbia apparvero delle gambe di granito nero. Scavammo con furia: era una maestosa Iside nera che ora è al museo del Cairo. Ogni volta la vado a salutare, con affetto e un po' d' orgoglio". Così, a chiedergli della dea sorella e sposa di Osiris, della sua capacità di vincere su qualsiasi divinità venisse in contatto, con Donadoni si viaggia veloci, ben guidati nello spazio e nel tempo inseguendo dappertutto quel mito che dai documenti appare ben radicato già nel 2300 avanti Cristo. E' un mito che spazia tra feuilleton e realtà virtuale. Per ricostruirne l' essenza il professore, gentile, accetta di arrampicarsi sull' albero genealogico degli antichi dei egizi: "All' inizio c' era il Vuoto che accoppiandosi con Tefnut generò Geb (la Terra) e Nut (il Cielo). Da loro nacquero quattro figli: Osiride e Iside, Seth e Nefti. Solo Osiride, però, diventa sovrano suscitando l' odio di Seth che finirà per ucciderlo. Iside non si dà pace fin quando non ritrova e ricompone il corpo del fratello amato. Con le sue parole magiche, il suo amore e il pianto rituale che serve a risvegliare il cadavere, lo rianima a tal punto da poter concepire con lui un figlio postumo, Horus. A questo punto Iside, già sorella, sposa, vedova, è anche madre: deve proteggere la sua creatura, farla crescere forte per permettergli di vendicare suo padre e riprenderne il ruolo". Ora, come Grande Madre, la dea si fa interlocutrice consueta senza bisogno di sacerdoti intermediari: è familiare per ogni altra mamma d' Egitto che sta in pena per i suoi bambini. Così è lei che protegge i piccoli di tutti: sorveglia il parto, dà consigli contro il veleno dei serpenti e degli scorpioni, ascolta le preghiere, appare in sogno... Pian piano coagula il sapere delle donne, delle guaritrici, delle mammane di allora. Nello stesso tempo non solo continua ad assicurare la vita dopo la morte (com' era riuscita a fare con Osiris) ma anche a dare fertilità a chi non l' ha". Virtù eccelsa in un mondo duro - con i campi da arare, i raccolti pesanti - dove non avere figli e braccia a disposizione significava rischiare vecchiaie di miseria. E infatti la sua festa coincideva con la piena del Nilo, quando il fiume sacro usciva dal suo letto per fecondare la terra e assicurare cibo per tutti". Il tempio di Hebit nel delta apre un nuovo capitolo: "...Ora - e siamo intorno al VI secolo a.C.- sul trono c' è la dinastia di Sais, i saitici. Furono loro a costruirlo. E' con loro che Iside cominciò a viaggiare fuori dall' Egitto: questi faraoni, fecero largo uso di mercenari libici ma soprattutto greci, i più organizzati". Sarà stata la nostalgia, sarà che il Mediterraneo mischia tutto, fatto sta che in Iside quei soldati ci videro Demetra. Nel suo sposo sfortunato, Osiris, riconobbero Dionisos. Pregavano questi antichi dei egizi e sognavano casa, i loro cari, l' Olimpo troppo lontano per proteggerli. I viaggi tra la costa egizia e Delo, frequenti e tutto sommato veloci se il vento e Iside erano propizi, fecero il resto.
Demetra regalò a Iside i suoi misteri, i rituali di iniziazione, la passione per i segreti. E Iside, al solito, come aveva già fatto con tante altre divinità femminili egizie, assorbì tutto e divenne ancora più grande, potente, talvolta inquietante. "Ormai Iside" prosegue il professore "è più o meno la Iside che conquisterà il mondo di allora, quella che arriverà a Roma e con le legioni romane dappertutto.
Adesso, però, chiede ai suoi fedeli di rispettare il suo credo, avere una vita isiaca chè solo così rinasceranno a nuova vita, come premio eterno". Anche Osiride, nel frattempo, è cambiato: ora i Tolomei, satrapi dell' Egitto dopo la morte di Alessandro del 323, lo chiamano Serapis. Lo ritraggono un po' come Zeus, e credono - o almeno fingono di credere - nella sua onnipotenza. Gli erigono templi (uno, il più famoso, proprio vicino al Faro di Alessandria), lo fanno sempre più sacro. Del resto, quella coppia divina di fratelli-sposi, così amata nella terra che dovevano governare, a loro doveva fare anche comodo visto che il matrimonio tra fratelli nella genia dei Tolomei fu una costante per tre secoli. Ad Alessandria, poi, Iside si è fatta davvero bella, grazie agli scultori ellenisti che le hanno dato nuova femminilità. Le vie del Mediterraneo sono infinite, Iside che le protegge, le percorre tutte. Un Iseo a Pozzuoli dove arrivava il grano d' Egitto e il marmo di Grecia, un altro a Pompei, un altro ancora nel porto di Ostia... E la Gallia, la Britannia, la Spagna...
Piaceva quella dea. Piaceva alle donne, ai poveri, agli schiavi, alle innamorate deluse... Conquistò Roma. Quella del popolino, prima.
Quella degli imperatori, poi. Ci mise un po' , certo. Al potere faceva paura, come ogni setta segreta. Eppure ce la fece: così il suo Iseo, che sorgeva meraviglioso dov' è ora la Chiesa di Santa Maria sopra Minerva, era frequentatissimo. Ormai persino gli imperatori dopo averla contrastata - soprattutto quando Cleopatra, nuova Iside, faceva paura riuscendo a irretire ogni grande romano che le arrivava giù ad Alessandria - l' avevano accettata a furor di popolo: Caligola, Nerone, Diocleziano, Adriano... Poi, però, su lei e sull' intero pantheon romano vinse Cristo. Ad affiancarlo - e sostituire Iside nei cuori delle donne - arrivò un' altra madre, vergine e nutrice; a proteggerlo ci pensò - con violenza - Teodosio che chiudendo i templi pagani in tutto l' impero ammutolì per sempre l' Egitto. Ma qualcosa di lei rimase. La mostra milanese racconterà anche la seconda vita della dea, quella rinascimentale, quando venne resuscitata decifrando a stento brandelli di memoria che i testi classici avevano salvato dai rigori cristiani. E' un' Iside, più maga che dea, filtrata attraverso mille alambicchi mentali dagli intellettuali del Cinque e Seicento. Esoterica, simbolica, ermetica e fascinosa com' è finisce a far da papessa nei tarocchi, da mito per i massoni, ma anche a dar poesia al Flauto magico, a rendere fantastiche le stampe del Piranesi, a costruire con lucida follia libri e architetture. Non è più l' Iside di Donadoni, però, questa.
Si vede subito che al professore interessa poco e niente: troppo recente, troppo inventata. Eppure anche la nuova dea, di fedeli nei secoli ne ha trovati tanti, anche di recente. Giusto 30 anni fa, nel '67, Jurgis Baltrusaitis, uno dei più pirotecnici storici dell' arte che il nostro secolo abbia avuto, ripubblicò La ricerca di Iside, una sua dettagliatissima fascinosa esplorazione tra arte, letteratura e geografia sulla diffusione dell' antico mito. Cosa ci trovasse lui in quel mondo lo spiegò bene con queste parole: "...Un Egitto immaginario, universale e immortale nacque lontano dai suoi confini e prese il posto dell' Egitto storico...". Probabilmente questa mostra avrebbe interessato anche lui.
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