Volendosi riposare dalla corsa, vuol vedersi mentre riposa immersa nell'onda, ma resta nondimeno aggressiva. È per uccidere che accetta di essere vista, ma nell'uccidere si concede. Ucciderà se uno sguardo la insozza, ma esalterà colui che, morente, l'avrà scorta.
Pierre Klossowski, "Il bagno di Diana"
Diana, la dea casta e mai concessasi, facendosi donna, accetta, narcisisticamente, di essere ammirata, di essere desiderata non solamente da sé. Contemplando il suo corpo di donna, è quasi perduta nella sua stessa sensualità. Resta, tuttavia, una dea immacolata che nell’animo conserva l’aggressività della cacciatrice. Ed è qui che risiede una contraddizione: bramosa di essere voluta, inferocita per essere stata veduta, Diana celebra la sua antinomia nell'assassinio. Tramuta il cacciatore Atteone, l’uomo, il mortale che l’aveva scrutata, che l’aveva posseduta con gli occhi, in un cervo, lasciandolo sbranare dai suoi stessi cani.
La storia di Diana e Atteone è solo il pretesto per lo scrittore francese di origine polacca di esaltare la bellezza del gioco della sensualità. Viene alla luce così una nuova mitologia la cui pretesa consiste nel svelare le spiegazioni più scabrose, le interpretazioni meno ovvie e accettate. Nell'assenza di pudicizia, sia nel mito sia nei commenti, nondimeno ci si accorge di quanta ipocrisia ci sia stata nel definire alcuni miti. L'istinto, la sensualità, il dionisiaco (ricorda Nietzsche...), la bramosia dei sensi sono stati, quasi da sempre, concepiti come mostruosi e di sicura perdizione per l'uomo. Nelle pagine di Klossowski non è così. C'è sempre un che di pensato, un che di voluto; un desiderio non represso ma giustificato e assennato.
Redatto in brevissimi ma acuti capitoli, ripercorrendo il mito di Diana e Atteone, lo scritto di Klossowski oscilla tra la prontezza delle parole e il fulgore dell’interpretazione. Lo stile è prezioso, definito, ammiccante, e in alcuni capitoletti scritti in prima persona leggiamo il pensiero di Atteone. Il saggio così si fa racconto e il lettore non può che compiacersene.
La storia di Diana e Atteone è solo il pretesto per lo scrittore francese di origine polacca di esaltare la bellezza del gioco della sensualità. Viene alla luce così una nuova mitologia la cui pretesa consiste nel svelare le spiegazioni più scabrose, le interpretazioni meno ovvie e accettate. Nell'assenza di pudicizia, sia nel mito sia nei commenti, nondimeno ci si accorge di quanta ipocrisia ci sia stata nel definire alcuni miti. L'istinto, la sensualità, il dionisiaco (ricorda Nietzsche...), la bramosia dei sensi sono stati, quasi da sempre, concepiti come mostruosi e di sicura perdizione per l'uomo. Nelle pagine di Klossowski non è così. C'è sempre un che di pensato, un che di voluto; un desiderio non represso ma giustificato e assennato.
Redatto in brevissimi ma acuti capitoli, ripercorrendo il mito di Diana e Atteone, lo scritto di Klossowski oscilla tra la prontezza delle parole e il fulgore dell’interpretazione. Lo stile è prezioso, definito, ammiccante, e in alcuni capitoletti scritti in prima persona leggiamo il pensiero di Atteone. Il saggio così si fa racconto e il lettore non può che compiacersene.
Rivisitazione moderna e provocante del mito dunque; un mito, come quasi tutto del resto, che si delizia della contraddizione. Diana, dea casta e innocente e al contempo ammiccante e lunatica, è il simbolo stesso dell’incoerenza; dei desideri dell'uomo. Un mito ambiguo insomma.
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