IL MISTERO DEL TUMULO PREISTORICO DELLA
CAMPAGNA VENETA
Di Milo Boz VenetoAnche nella nostra zona lungo alcune strade di
campagna a volte si vedono emergere delle motte, piccole montagnole isolate
(chiamate in dialetto mùtare de tera): questi piccoli rilievi, alti
qualche metro e coperti di fitta vegetazione spontanea, contrastano in maniera
singolare con il paesaggio coltivato assolutamente pianeggiante.
Sono li da sempre e i contadini, benchè
intralcino un poco il lavoro dei campi, le rispettano perché fanno parte della
storia del loro territorio, con i suoi miti e le leggende che alimentano
fantasie e curiosità; e nell’aratura dei campi circostanti non mancano i
ritrovamenti di reperti e manufatti antichi, con ogni probabilità risalenti
all’epoca romana.
Quali
sono le origini delle motte? Sono opera dell’uomo o fenomeni naturali?
Qual’era
la loro funzione? Nuclei abitativi, siti religiosi, osservatori?
Una
prima risposta è nello studio accurato di due ricercatori dell’Università di Padova,
Simone Deola e Simone Pedron, che apre uno scenario inaspettato riguardo
l’antica e complessa organizzazione del nostro territorio precedente alla
centuriazione romana, e risalente all’età del bronzo.
La ricerca è nata grazie a una felice
intuizione di un artista-falegname scorzetano, Mario Favaro, che cercando
alcuni anni fa di individuare la posizione su cui sorgeva il castello di
Scorzé, distrutto da Romano III degli Ezzelini nel XIII secolo, ha notato su
tutto il territorio una regolare successione di toponimi, piccoli rilievi,
confini irregolari che non poteva essere frutto del caso. Com’è andata poi lo
potete leggere nella relazione che trovate cliccando sotto.
Nel Comune di Scorzé è visibile un
bell’esempio di motta a Gardigiano in via Rossini (località Tasca) detta motta
Buffetto, che grazie all’interessamento di persone sensibili è stata preservata
dalla demolizione in occasione della costruzione delle opere accessorie del
passante autostradale di Mestre (tra l’altro la si può vedere percorrendolo in
direzione Trieste).
Il Rivolo ha promosso la pubblicazione
della ricerca nel 2008 nei Fascicoli di storia e cultura “L’esde” nella
speranza che raggiunga il pubblico più ampio possibile. Per usare le parole
degli stessi ricercatori “[…] E’ nostra convinzione, infatti, che la ricerca
storico-archelogica (ma più in generale tutte le ricerche) non deve rimanere
qualcosa di elitario, dibattuto in convegni di nicchia, ma deve coinvolgere,
attivamente o passivamente, tutta la popolazione […]”
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