Nelle immagini di Garibaldi i capelli coprono sempre le orecchie così non possiamo sapere se gli avevano tagliato ambe due le orecchie e come le avevano tagliate.
Chi fu veramente Garibaldi? Fino al 1848 la sua vita è poco chiara, perché avvolta nella leggenda. “Da giovane – scrive lo storico Massimo Viglione, nel suo “L’identità ferita” (Ares)- dopo aver partecipato al tentativo mazziniano di invasione del Regno di Sardegna, Garibaldi si mise dapprima a fare il pirata al seguito del bey di Tunisi e poi fu costretto a fuggire in Sudamerica per non finire impiccato. Quindi si coinvolse prima nel furto di cavalli in Perù (dove gli vennero tagliati i padiglioni degli orecchi), e poi praticò la pirateria per il commercio degli schiavi asiatici“.
Un pirata, dunque? La notizia, negata da Phillip K. Cowie, con argomenti piuttosto fragili, è invece confermata da altri storici, come L. Leoni, O. Calabrese, A. Pellicciari, e persino da un agiografo di Garibaldi come Giovanni Spadolini che però, ne “Gli uomini che fecero l’Italia“, vi accenna fuggevolmente senza addentrarsi nelle sue “leggendarie e piratesche imprese in Sud America”.
Più esplicito lo storico del Risorgimento Giorgio Candeloro, che, intervistato su “La Repubblica” del 20/1/1982, fornisce dettagli maggiori: “Comunque Garibaldi, un po’ avventuriero, un po’ uomo d’azione, non era tipo da lavorare troppo a lungo in una fabbrica di candele. Va in Perù, e, come capitano di mare, prende un comando per dei viaggi in Cina. All’andata trasportava guano, al ritorno trasportava cinesi per lavorare il guano: la schiavitù in Perù era stata abolita e il guano non voleva lavorarlo più nessuno. Insomma un lavoretto un po’ da negriero. Era un avventuriero, un uomo contraddittorio, fantasioso, un personaggio da romanzo“.
Negriero, avventuriero, personaggio da romanzo…sino all’impresa dei Mille, che ne fece, appunto, un mito inarrivabile. Ed è quindi giusto, finalmente, rivedere questa storia di “mille eroi” senza macchia e senza paura, e senza soldi, ma armati solo del loro coraggio e di chissà quali ideali, che piegarono da soli il più grande stato italiano, il Regno delle due Sicilie: una favola che non può più essere raccontata. Occorre un po’ di serietà . Da tempo sappiamo bene che Garibaldi non fu affatto il conquistatore straordinario di cui si è a lungo parlato e che il mito della sua invincibilità fu creato ad arte ancora prima che egli ritornasse, dall’America, in Italia. Nella sua spedizione al sud, Garibaldi contò anzitutto sull’appoggio inglese, senza il quale non avrebbe potuto far nulla.
Nel suo “La strana unità ” (il Cerchio), Gilberto Oneto ricorda che la flotta da guerra dell’ammiraglio George Rodney Mundy seguì la spedizione garibaldina passo passo. I Mille neppure sarebbero riusciti a sbarcare, senza di essa. Oltre alla flotta che accompagnava tutti i momenti più delicati, a fianco di Garibaldi vi fu una legione di “volontari” inglesi, anch’essi determinanti. Infine, è da considerare l’importanza dei grandi finanziamenti ottenuti da Garibaldi dall’Inghilterra, che gli servirono certamente a pagare gli ufficiali dell’esercito borbonico che, a differenza dei loro soldati, abbandonarono in massa la difesa del regno.
Estratto da: http://www.libertaepersona.org/wordpress/2011/03/chi-fu-veramente-giuseppe-garibaldi-2344/
Chi fu veramente Garibaldi? Fino al 1848 la sua vita è poco chiara, perché avvolta nella leggenda. “Da giovane – scrive lo storico Massimo Viglione, nel suo “L’identità ferita” (Ares)- dopo aver partecipato al tentativo mazziniano di invasione del Regno di Sardegna, Garibaldi si mise dapprima a fare il pirata al seguito del bey di Tunisi e poi fu costretto a fuggire in Sudamerica per non finire impiccato. Quindi si coinvolse prima nel furto di cavalli in Perù (dove gli vennero tagliati i padiglioni degli orecchi), e poi praticò la pirateria per il commercio degli schiavi asiatici“.
Un pirata, dunque? La notizia, negata da Phillip K. Cowie, con argomenti piuttosto fragili, è invece confermata da altri storici, come L. Leoni, O. Calabrese, A. Pellicciari, e persino da un agiografo di Garibaldi come Giovanni Spadolini che però, ne “Gli uomini che fecero l’Italia“, vi accenna fuggevolmente senza addentrarsi nelle sue “leggendarie e piratesche imprese in Sud America”.
Più esplicito lo storico del Risorgimento Giorgio Candeloro, che, intervistato su “La Repubblica” del 20/1/1982, fornisce dettagli maggiori: “Comunque Garibaldi, un po’ avventuriero, un po’ uomo d’azione, non era tipo da lavorare troppo a lungo in una fabbrica di candele. Va in Perù, e, come capitano di mare, prende un comando per dei viaggi in Cina. All’andata trasportava guano, al ritorno trasportava cinesi per lavorare il guano: la schiavitù in Perù era stata abolita e il guano non voleva lavorarlo più nessuno. Insomma un lavoretto un po’ da negriero. Era un avventuriero, un uomo contraddittorio, fantasioso, un personaggio da romanzo“.
Negriero, avventuriero, personaggio da romanzo…sino all’impresa dei Mille, che ne fece, appunto, un mito inarrivabile. Ed è quindi giusto, finalmente, rivedere questa storia di “mille eroi” senza macchia e senza paura, e senza soldi, ma armati solo del loro coraggio e di chissà quali ideali, che piegarono da soli il più grande stato italiano, il Regno delle due Sicilie: una favola che non può più essere raccontata. Occorre un po’ di serietà . Da tempo sappiamo bene che Garibaldi non fu affatto il conquistatore straordinario di cui si è a lungo parlato e che il mito della sua invincibilità fu creato ad arte ancora prima che egli ritornasse, dall’America, in Italia. Nella sua spedizione al sud, Garibaldi contò anzitutto sull’appoggio inglese, senza il quale non avrebbe potuto far nulla.
Nel suo “La strana unità ” (il Cerchio), Gilberto Oneto ricorda che la flotta da guerra dell’ammiraglio George Rodney Mundy seguì la spedizione garibaldina passo passo. I Mille neppure sarebbero riusciti a sbarcare, senza di essa. Oltre alla flotta che accompagnava tutti i momenti più delicati, a fianco di Garibaldi vi fu una legione di “volontari” inglesi, anch’essi determinanti. Infine, è da considerare l’importanza dei grandi finanziamenti ottenuti da Garibaldi dall’Inghilterra, che gli servirono certamente a pagare gli ufficiali dell’esercito borbonico che, a differenza dei loro soldati, abbandonarono in massa la difesa del regno.
Estratto da: http://www.libertaepersona.org/wordpress/2011/03/chi-fu-veramente-giuseppe-garibaldi-2344/
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