Al tramonto su base demografica si accompagna il tramonto economico. Se si guarda a come sia cambiato in Francia, Italia il tasso di crescita economica, si vede come questo sia rallentato costantemente dal 1960 in poi. Man mano che i due paesi progredivano da un punto di vista socio-economico, trovavano difficoltà sempre maggiori a sostenere il tasso di crescita precedente, e, conseguentemente, il tasso di crescita economica ha subito un costante rallentamento.
Da un certo punto di vista, il rallentamento economico è il risultato del successo economico precedente. E’ più facile far crescere una economia piccola (in termini di reddito pro capite) che un’economia sviluppata. In un paese in cui il prodotto interno lordo pro capite è di 300 dollari all’anno, un incremento di soli 30 dollari, corrisponde ad una crescita del 10 per cento, in un paese come l’Italia in cui il PIL pro capite è sui 30000 dollari, un incremento di 30 dollari ammonta ad una crescita dello 0,1 per cento. Per cui, la crescita economica è stata per certi versi una vittima del suo successo.
Ma vi sono altri fattori, domestici, regionali, e globali che hanno influito sul rallentamento delle nostre economie e qui ci limitiamo a menzionarne due
Innanzitutto, la fine della guerra fredda, ha considerevolmente ridotto la rilevanza strategica dei partner europei. Per cui, nella misura in cui, gli Stati Uniti hanno sostenuto le economie europee anche, se non esclusivamente, in funzione anti-sovietica, con il finire della guerra fredda, finisce la necessità di fornire un tale sostegno, che, venendo, meno contribuisce a rallentare delle economie che negli anni pregressi aveva invece stimolato.
In secondo luogo, le nostre economie rallentano, perché con la globalizzazione, con la liberalizzazione dei mercati, con le delocalizzazione della produzione, l’Occidente non ha esportato solo capitali e tecnologia (che negli anni precedenti avrebbero prodotto benefici socio-economici a livello locale, cioè in Occidente) ma ha esportato anche la domanda di forza lavoro—rimpiazzando la forza lavoro occidentale, con quella di altri paesi  dove il costo del lavoro è inferiore.
Per cui si capisce che se il capitale che in passato veniva investito in Occidente, dove produceva crescita economica, viene portato altrove, ovvero, per lo più, in Oriente; se la delocalizzazione delle imprese deprime il tasso di occupazione in Occidente ma lo stimola altrove, come ad esempio, in Oriente dove porta anche la tecnologia; si capisce perché mentre l’Occidente Tramonta, l’Oriente ri-sorge.
Non era detto che dovesse andare necessariamente così. Quando si decise di permettere la liberalizzazione dei mercati e il libero movimento dei capitali finanziari, lo si era deciso per varie ragioni: in primo luogo perché apriva la prospettiva di profitti, precedentemente inimmaginabili, per i detentori del capitale e, in secondo luogo, perché apriva la prospettiva di sviluppo socio-economico per i paesi in via di sviluppo. Come abbiamo visto prima 30 dollari rappresentano una crescita del 10 per cento in un’economia in cui il PIL pro capite è di 300 dollari, ma non in una in cui il PIL pro capite è 30000 dollari. Per cui si pensava, essendoci maggiori possibilità di crescita nei paesi in via di sviluppo, il capitale che in ultima analisi si preoccupa solo di moltiplicare sé stesso, andrà nei paesi in via di sviluppo garantendo profitti agli investitori e la crescita ai paesi in via di sviluppo. Ma, nei primi anni successivi alla liberalizzazione dei mercati, i maggior beneficiari della maggior libertà di movimento finanziario sono stati gli Stati Uniti e non i paesi poveri. Perché il potenziale investitore che deve decidere dove investire il proprio capitale non guarda solo al possibile ritorno ma guarda anche al rischio, per cui , per lui, è meglio investire in un paese che cresce un po’ meno ma che è pressochè senza rischi che investire in un paese in cui il rischio è alto.
Ed è qui il momento in cui l’Occidente si dà la fatidica zappa sui piedi.
Perché l’Occidente si mette a promuove il buon governo, riduce il rischio che fin lì aveva tenuto lontani gli investitori dai paesi in via di sviluppo, e subisce una emorragia di capitali che aveva pensato bene di autorizzare.
Con lo spostamento di tecnologia, capitale e produzione, l’Occidente pone le premesse per il proprio tramonto economico, che rappresenta la seconda vera, importante dimensione del Tramonto dell’Occidente.