mercoledì 24 maggio 2017

Sirio e Beta Sirio Conosciuta dai Dogon -eredi della sapienza egizia-

I DOGON, UN ANTICO POPOLO DI ASTRONOMI

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I Dogon sono forse in contatto con altri mondi? Una cultura antichissima e misteriosa o solo una leggenda?
I Dogon sono circa 240.000, sparsi nei numerosi villaggi della falesia di Bandiagara, nel Mali, zona che è stata dichiarata “patrimonio dell’umanità” dall’Unesco per la sua importanza culturale.
Le maschere sono il simbolo religioso più espressivo della fede dei Dogon, usate durante cerimonie e danze rituali. La festa più importante è il “SIGUI”, che si svolge ogni 60 anni e durante la quale intagliano un nuovo “iminana”: la Grande Maschera a forma di serpente, che può raggiungere i 10 metri. Le maschere sono visibili anche in occasione dei funerali.
La pianta del villaggio rappresenta schematicamente la figura del corpo umano. I Dogon furono studiati per la prima volta da Marcel Griaule, che nel famoso libro “Il Dio d’acqua” raccontò l’iniziazione ricevuta dall’Ogotemmeli, personaggio che gli aveva trasmesso i segreti della cosmogonia della mitologia dogon, rivelando così alla cultura europea un mondo misterioso e affascinante.
I Dogon conoscono i misteri della stella Sirio e forse dell’origine dell’umanità.
Nella cultura tribale africana dei Dogon, le tradizioni sacre più segrete sono basate su ipotetici contatti con esseri evoluti provenienti da un pianeta della stella Sirio, avvenuti prima del 3000 a.C. Solo pochi anni fa la moderna astronomia, con i suoi potenti strumenti di osservazione e di calcolo, ha potuto confermare l’effettiva esistenza di quel pianeta. I Dogon sanno da secoli che Sirio è una stella multipla (!) e che l’orbita ellittica (!) della stella più piccola (invisibile e oggi detta Sirio B), richiede un tempo di 50 anni (!) per essere completata; inoltre per loro Sirio B è costituita da materia più pesante della stella principale … e il tutto è confermato dall’odierna astronomia.
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Come è possibile che essi abbiano queste informazioni? Quello che sappiamo per certo è che già le antiche civiltà mediterranee degli Egizi e dei Sumeri custodivano straordinarie conoscenze astronomiche, forse trasmesse da visitatori provenienti da mondi lontani … A tal proposito i Sumeri parlavano di esseri anfibi (come Oannes) che istruirono il popolo alle arti ed alle scienze e lo stesso fanno i Dogon chiamando questi dei primitivi “Nommo”.
Oannes era una divinità assira (particolare dal palazzo reale di Sargon II,721-705 a.C., Iraq): secondo R. Temple, autore, de “Il mistero di Sirio”, corrisponderebbe al dio pesce Nommo dei Dogon,(antenato alieno anfibio disceso sulla Terra nel remoto passato; si veda in figura la parte posteriore del capo-tronco pesciforme). La tribù africana dei Dogon ha conoscenze cosmiche incredibili (come il fatto che la stella Sirio è di tipo multiplo, scoperta recente dell’astronomia) che farebbero pensare ad un incontro remoto con civiltà avanzate non terrestri. Sitchin individua queste civiltà come provenienti da un decimo pianeta solare che i Sumeri chiamavano Nibiru.
L’enigma dei Dogon di Colin Wilson (da “Dei dell’altro Universo” – PIEMME 1999)
… Ma c’è un mito in particolare che secondo Shklovskii e Sagan potrebbe presumibilmente riferirsi a un contatto tra esseri umani e alieni. “La leggenda” scrivono, “suggerisce che avvenne un contatto tra gli uomini e una civiltà extraterrestre, prodigiosamente evoluta, sulle coste del Golfo Persico, forse nei pressi dell’antica città sumerica di Eridu, nel IV millennio a.C., o poco prima”.
La leggenda può essere fatta risalire a Beroso, sacerdote del dio Bel-Marduk nella città di Babilonia di tempi di Alessandro Magno. Beroso aveva accesso a incisioni cuneiformi e pittografiche (su cilindri, tavolette e pareti dei templi) risalenti a migliaia di anni prima. In uno dei frammenti a lui attribuiti, Alessandro Polistore descrive la comparsa nel Golfo Persico di “un animale dotato di ragione, che fu chiamato Oannes”. Questa creatura aveva una coda di pesce, ma anche piedi simili a quelli degli esseri umani, e parlava con voce umana. Insegnò agli uomini la scrittura e le scienze, ogni sorta di arte e anche a costruire case e templi. “In breve, egli li istruì in tutto ciò che poteva civilizzarli”. Oannes era solito trascorrere la notte in mare, perché era anfibio. Dopo di lui, giunsero altre creature della sua razza.
Un altro antico cronista, Abideno, discepolo di Aristotele, parla dei re dei Sumeri e menziona “un altro semidemone, molto simile a Oannes, che giunse una seconda volta dal mare”. Egli menziona anche “quattro personaggi che gettavano duplice ombra”, con ciò intendendo presumibilmente metà uomini e metà pesci, “che giunsero dal mare”.
Infine, Apollodoro d’Altene scrive che all’epoca di re Amennon il Caldeo “apparve il Musarus Oannes, l’Annedotus, uscendo dalle acque del Golfo Persico”, e in seguito “un quarto Annedotus uscì dalle acque del mare ed era metà uomo e metà pesce”. E durante il regno di re Euedoresco comparve un altro uomo-pesce di nome Odacon.
Apollodoro definisce Oannes l’Annedotus, come se fosse un titolo anziché un nome proprio. Passai un’ora e mezzo cercando in vari vocabolari ed enciclopedie il significato di “annedotus” e anche di “musarus”, riuscendo finalmente a scoprire nel dizionario di greco di Liddell e Scott che “musarus” significa “abominevole”. Ma di “annedotus” nessuna traccia. Poi, ricordando che Robert Temple aveva menzionato il dio-pesce in The Sirius Mystery, consultai il suo libro e scoprii che avrei potuto risparmiare tempo e fatica, perché aveva già fatto il lavoro per me. “Annedotus” significa “il repellente”. Era sbalorditivo: il “Musarus Oannes l’Annedotus” significa “l’abominevole Oannes il repellente”.
Temple pensa, e sono incline a concordare con lui, che questa indicazione abbia a che fare con qualcosa di vero, piuttosto che con un’invenzione fantasiosa. Ci si aspetterebbe che una narrazione mitica che descrive i semidei che insegnarono agli uomini la civiltà, non li definisca disgustosi e repellenti. Ma basta visualizzare l’immagine di un essere simile a un pesce, ricoperto di viscide squame, dagli enormi occhi bianchi e la grande bocca, per renderci conto del comprensibile disgusto con cui fu descritto. Forse in quella descrizione non v’è nulla di peggiorativo; è semplicemente fedele, come, ad esempio, quelle di Ivan il Terribile o di Akbar il Maledetto.
Ora, si dà il caso che The Sirius Mistery di Temple, sia di gran lunga il libro più erudito e convincente sulla possibile presenza di “antichi astronauti” sulla Terra. Temple cominciò a interessarsi all’argomento quando s’imbatté in un articolo su una tribù africana, i Dogon, che vive nel Mali settentrionale. Scoprì che i Dogon credono in dei dal corpo di pesce chiamati Nommo, i quali, provenienti da Sirio, portarono la civiltà nel nostro pianeta circa tremila anni fa.
Sirio, la Stella principale della costellazione del Cane Maggiore, dista 8.6 anni luce dalla Terra. La tradizione Dogon sostiene che essa ha una compagna invisibile, da essi chiamata “po tolo” (stella di grano, e poiché il “grano” cui si riferiscono, che costituisce la loro dieta abituale, è la digitaria, potremmo tradurre “stella di digitaria”).
“Po tolo” è composta di materia molto più pesante di quella terrestre. I Dogon sostengono che questa stella invisibile percorra un’orbita ellittica, impiegando cinquanta anni per completarla. E in effetti Sirio, essendo una stella doppia, ha una compagna invisibile, chiamata dagli astronomi “Sirio B”: questa è una “nana bianca”, ossia è costituita di una materia talmente densa, a causa del collasso degli atomi che la compongono, che una minuscola quantità di essa, corrispondente alle dimensioni di un pisello, peserebbe mezza tonnellata. E, proprio come affermano i Dogon, Sirio B percorre un’orbita ellittica completa in cinquanta anni.
Le tradizioni di questa tribù rivelano una notevole conoscenza dell’astronomia; dicono che la luna è “secca e morta” e disegnano Saturno circondato da un anello che non è affatto visibile a occhio nudo. Sono a conoscenza dell’esistenza delle lune di Giove e sanno che i pianeti ruotano attorno al sole. L’Encyclopaedia Britannica dice che il sistema filosofico dei Dogon è “molto più complesso di quello di altre tribù africane”.
Era inevitabile che gli studiosi occidentali, quando vennero a sapere che i Dogon possedevano simili nozioni astronomiche, cercassero di dimostrare che probabilmente le avevano assimilate da viaggiatori europei. Gli astronomi occidentali scoprirono Sirio B nel 1862, dunque era possibile che i Dogon ne avessero sentito parlare da turisti o missionari. Ma bisognò attendere il 1928 perché Sir Arthur Eddington formulasse la teoria delle nane bianche. E i due antropologi che studiarono i Dogon, Marcel Griaule e Germaine Dieterlen, giunsero in Mali nel 1931. Pareva improbabile che altri viaggiatori fossero entrati in contatto con i Dogon nei tre anni precedenti, recando con sé le ultime scoperte astronomiche.
Ma c’è un motivo ancora più valido per scartare questa teoria (che in seguito fu sposata da Carl Sagan). Griaule studiò la mitologia e la religione Dogon per sedici anni prima che gli stregoni della tribù ricompensassero la sua dedizione iniziandolo ai loro segreti più gelosamente custoditi. Un anziano molto saggio e sapiente fu nominato suo “tutore” con l’incarico di insegnargli i quattro gradi della conoscenza religiosa della tribù. Occorsero anni e quando il maestro morì fu sostituito da un altro. Griaule si rese infine conto che la religione dei Dogon è altrettanto ricca e complessa della teologia cristiana illustrata da Tommaso d’Aquino nella sua Summa Theologica. Era assolutamente da escludere che gli dèi dal corpo di pesce dei Dogon fossero entrati nelle loro leggende a seguito di un incontro avvenuto nel secolo scorso, con un missionario dalle inclinazioni astronomiche: costituiscono, piuttosto, la pietra angolare di una mitologia che si è andata formando e sviluppando nel corso di migliaia di anni.
Se si aggiunge che la lingua sumerica non ha nulla in comune con quelle semitiche o indoeuropee, e che gli studiosi dei Sumeri sono sconcertati dal fatto che quella civiltà sembra essere sorta già matura dal nulla (come quella egizia), possiamo osservare che almeno a prima vista la teoria di Shklovskii ha un suo fondamento: gli dei dal corpo di pesce sono forse la traccia di un contatto con una civiltà extraterrestre. E se teniamo presente il mito dei Nommo dei Dogon, di cui all’epoca Sagan e Shklovskii erano all’oscuro, quella teoria si fa ancora più plausibile.

I Dogon: una falsa leggenda … di Gianni Comoretto
I Dogon sono una popolazione che vive vicino Mandiagara, 300 Km a sud di Timbuctu, nel Mali. Due antropologi, Marcel Griaule e Germaine Dieterlen, li hanno studiati dal 1931 al 1952, e hanno descritto una cerimonia associata con la stella Sirio, che si tiene ogni 60 anni.
Griaule e Dieterlen sostengono che i Dogon hanno diverse conoscenze sul sistema di Sirio che non è possibile ottenere se non con mezzi “moderni”. In particolare conoscono l’esistenza di una stella compagna (Sirio B, indicata dalla freccia accanto alla luminosissima Sirio A), che ruota attorno a Sirio con un periodo di 50 anni, e che è composta di materia incredibilmente pesante. Sirio B è visibile solo con un telescopio di discrete dimensioni, e la sua massa è stata determinata con tutto l’armamentario teorico dell’astronomia dell’inizio del secolo. Griaule e Dieterlen non fanno nessuna ipotesi su come i Dogon siano venuti a conoscere questi fatti.
La storia ha avuto però un “boom” con un libro di Robert Temple, in cui questi ha ipotizzato che i Dogon conoscessero questi fatti da almeno 500 anni e che li avessero appresi da esseri anfibi provenienti da Sirio. Altri “studiosi” ipotizzano che le conoscenze derivassero dagli egizi e che questi ultimi avessero telescopi in grado di vedere Sirio B. Tutte queste ipotesi sono basate su elementi a dir poco inconsistenti. Nessuno di questi “studiosi” ha fatto ulteriori ricerche, ma hanno semplicemente lavorato di fantasia sugli studi di Griaule e Dieterlen.
Ad es. la datazione di 500 anni dipende dal fatto che i Dogon costruiscono una maschera cerimoniale ad ogni cerimonia; in un sito archeologico sono state trovate 6 maschere, più due cumuli di polvere che potrebbero essere altre 2 maschere. In ogni caso, pur ammettendo che questo porti indietro a 480 anni fa, dimostrerebbe solo che il rito è molto antico.
L’esistenza di telescopi egizi è stata invece dedotta dal ritrovamento di una sfera di vetro ben lavorata, che dimostrerebbe che gli egizi potevano lavorare il vetro, quindi potevano fare delle lenti, quindi potevano fare dei telescopi, quindi potevano fare dei grossi telescopi …
Un ulteriore revival di questa storia, sempre senza che nessuno raccogliesse ulteriori elementi sul campo, è sorto quando sostenitori dell’afrocentrismo hanno ipotizzato che le popolazioni africane potessero vedere stelle molto deboli ad occhio nudo, per misteriose proprietà della melanina.
Il lavoro di Griaule e Dieterlen è stato criticato per molti aspetti: i due hanno sempre lavorato con interpreti e tutta la storia di Sirio deriva da interviste ad una singola persona. Non hanno tenuto conto del fatto che i Dogon tendono ad evitare ogni forma di contrasto e quindi a non contraddire una persona stimata e rispettata (come erano loro), se questa fa ipotesi un po’ strampalate. Griaule e Dieterlen affermano che i Dogon conoscono pure una terza compagna di Sirio, che non è conosciuta. L’interpretazione della stella compagna come una stella doppia è scarsamente documentabile anche dal lavoro dei due antropologi.
Ma la cosa che fa crollare miseramente la teoria è che i Dogon non sono inaccessibili; sono una delle etnie più studiate del centro Africa e nessuno ha mai trovato traccia delle conoscenze anomale. Al di fuori praticamente dell’informatore di Griaule e Dieterlen, nessuno ha mai sentito parlare di stelle compagne, o di periodi di 50 anni, o di materia ultrapesante. Questo non è spiegabile con conoscenze segrete, perché i Dogon non hanno un corpo mitico segreto. La conoscenza è diffusa, senza una casta che custodisce i segreti religiosi.
Walter Van Beek, che ha passato 11 anni tra i Dogon, ha trovato che pochissimi Dogon utilizzano i nomi Sigu Tolo e Po Tolo (Sirio A e Sirio B secondo Griaule). L’importanza di Sirio è minima nella loro cultura. Nessuno, neppure gli informatori di Griaule, hanno idea che Sirio sia una stella doppia. Jacky Boujou, che di anni coi Dogon ne ha passato 10, concorda in pieno. E sottolinea che le teorie di Griaule possono essere interpretazioni distorte di quest’ultimo, confermate per spirito di armonia dal suo interlocutore.
Sagan ha ipotizzato che le conoscenze anomale potessero essere il frutto di racconti di visitatori occidentali, poi entrate nella cultura Dogon; i Dogon hanno infatti miti “bianchi” diventati in meno di una generazione parte della loro cultura.
Fonte:http://www.cerchinelgrano.info/i_dogon.htm

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