Oltre le porte di un antichissimo tempo perduto
adoravamo te, Grande Dea,
Immensa Madre di tutte le cose
utero, tomba, germoglio
nutrivi le nostre anime e allattavi i nostri figli
eri acqua pura che rigenera
eri fonte di vita per tutte le creature
eri il cibo della sicurezza per le nostri menti semplici
eri colei a cui tutto dedicavamo
eri la nostra grande forza
il nostro morbido conforto
il vaso in cui raccoglievamo le nostre lacrime.
Temevamo la tua potenza infinita
e il rispetto per te era la pace della nostra arroganza
era la meraviglia dei tuoi verdi paesaggi
era la freschezza della tua acqua pura
era la vita che vibrava ogni istante.
All’inizio tutto era acqua e dall’acqua venne la vita. La Dea datrice di Vita, l’archetipo più potente della vita sulla terra, la dea Uccello, la Dea orsa, la de Cerva, la dea Cavalla, la dea Ariete, la dea Serpente, la dea Civetta, la dea Vulva, la dea Seni, la dea Glutei, la dea Pancia, la dea Gravida, la dea Umida, la dea Morte, la dea Trono, la dea Tomba, la dea Vaso, la dea Teschio, la dea Fallo, la dea del Fato…la dea dai Mille nomi, come diceva Omero, parlando di Afrodite, la quale deriva, da molti secoli prima degli antichi Greci, dalla Grande Madre che viene rappresentata in molti modi, tutti costellati dal tema della nascita-morte-rigenerazione.
Per parlare della Grande Madre prendiamo per riferimento la rappresentazione archetipica nella scultura “La Venere liquida “ di Zaccaria Mazzochin (Zac), artista contemporaneo. Questa scultura riporta lo spettatore a questo potente e straordinario istante della creazione della vita, sembra di riviverlo e di percepirne la potenza: l’acqua verde azzurra coagula in molecole, come tante uova gravide sorge dal mare la Venere Liquida, la grande madre, la madre terra che genera ogni creatura ogni respiro del mondo, senza tempo, senza spazio, rigenera oltre la morte e oltre la vita, senza di lei il nulla. L’artista, in quest’opera trae dalle viscere della terra e della psiche la nuova Venere, intensa, densa, piena di latte, gravida, le sue forme sono tutte modellate sul simbolo dell’Uovo, portatore di vita e nutrimento. Allo stesso tempo è una dea Liquida fatta d’acqua, che toccandola ci rinfresca quasi la si potesse bere. Ecco che questo archetipo ci riporta alla caratteristica fondamentale della donna e della madre. La donna ha racchiusa nella sua psiche, la capacità di nutrire, non solo con il latte, o nel fare da mangiare ai propri figli, ma nutrire di affetto, d’amore, far sentire accettati i figli, ma anche le persone con cui è in relazione ogni giorno. Il nutrimento psichico risiede nel concetto di accettare la persona per com’è, nel valorizzare l’individuo amato nelle sue caratteristiche personali, nelle sue potenzialità , permettendone l’espressione.
L’opera rappresenta la madre primigenia originata nelle profondità delle acque, generatrici di vita che a sua volta genererà la grande Dea, la terra, ovverosia l’emersione delle terre dal mare. Le rappresentazioni delle figure femminili dee madri sono figure antropomorfe e hanno tutte una colorazione scura, perché generate dalla terra appunto. Nella scultura di Zac la dea ha una colorazione acquosa ed è sostenuta da un cumulo di terra. La capacità di essere liquida, cioè di essere fluida è un altra splendida caratteristica del femminile. Il femminile sa avvolgerti, si adatta, sa come entrare nelle fessure, cioè sa accogliere amorevolmente una persona nella relazione senza volerla cambiare a tutti costi, sa penetrare il suo essere con delicatezza senza sconvolgerlo. L’acqua è anche un elemento vitale, senza acqua moriamo, quindi psicologicamente rendere umida la psiche significa donarle la dolcezza e la vitalità del sentimento, se una persona è arida significa che è senza cuore, l’acqua ammorbidisce tutto. L’acqua tuttavia è anche un elemento distruttivo se è impetuosa, questo è un’altra caratteristica del femminile: come ti avvolge così ti abbandona quando non rispetti le leggi della natura e della vita, quando non rispetti la natura istintiva della donna essa diventa distruttiva, questo avviene perché ha dentro di sé un istinto molto potente legato alla vita che è quasi indipendente dalla sua volontà e si attiva quando non viene onorato. La donna purtroppo non rispettando il suo istinto diventa distruttiva anche con se stessa, scegliendo relazioni sbagliate, perseverando in abitudini nocive, in cattiverie, invidie, vendette e in ossessioni assurde proprio perché non riconosce più il sacro dentro di lei.
L’artista ha prestato ascolto all’archetipo materno che abita dentro di lui così come in tutti gli esseri umani, questo ascolto generato da emozioni, sensazioni, memorie ancestrali ha prodotto come risultato l’assemblaggio delle forme ovoidali creando la prima madre. Forme ovoidali ispirate all’uovo, uovo cosmico che racchiude in se la vita. Se noi osserviamo sia frontalmente che di profilo la scultura, notiamo che le forme sono delle strutture ovoidali incastrate come se in lei si racchiudesse un potenziale creativo infinito, le uova che prendono forma e diventano struttura. L’impatto che si prova nel guardare l’opera la prima volta stimola una curiosità infantile: il bambino che di fronte ad un oggetto nuovo si sente proiettato verso l’incontro-scoperta, guardando l’opera viene un moto spontaneo di avvicinamento e di movimento di circumambulazione intorno all’oggetto e questo perché inconsciamente nasce la ricerca esplorativa di tutte le sensazioni ed emozioni generate attraverso l’impatto visivo. Superato questo primo momento. Nasce spontaneo, come nel bambino, il bisogno di toccarla, per percepire attraverso la sensazione tattile le forme, la consistenza, cercando di cogliere la dimensione morbida che si percepisce guardandola. La scultura in questo modo viene ridimensionata dentro di noi lasciando una sensazione di qualcosa di misterioso-antico già conosciuto, emerge un senso di abbandono tranquillo: l’inconscio-ritorno nel grembo della madre nuotando nel primigenio liquido amniotico.
L’uovo e la sua forma richiama l’ennesima caratteristica del femminile e del materno in particolare: la capacità generativa. La donna è nata per dare la vita, per far vivere, per difendere la vita, in lei questo istinto è primordiale, la funzione materna la completa, la riempie, la rende felice, se non ha figli la donna soffre molto, a meno che non riesca ad orientare la propria generatività e creatività in altri lidi, nel lavoro, nelle relazioni di amicizia e d’amore. In ogni caso la funzione generativa fisica può generare sofferenza attraverso il corpo con la formazione di miomi all’utero o altre patologie legate alla sfera genitale ( Rudiger Dahlke 2010) come per compensare una funzione primordiale repressa.
Come nelle antiche sculture antropomorfe delle Dee la testa era piccolissima e senza volto così nell’opera di Zac, la testa e’ nuovamente piccola, un uovo, in cui sono state accennate le immagini degli occhi: la Dea intravede. Questo è un aspetto primitivo legato alla natura prevalentemente fisica e corporea della donna, la donna racchiude la verità nel corpo, dovrebbe fidarsi di più delle sensazioni fisiche che della mente, la razionalità le serve ma l’istinto le da segnali molto più autentici tramite il corpo. Purtroppo la nostra cultura attuale centra tutto sulla ragione ma questo implica una grande sofferenza psichica e fisica, perché la mente dovrebbe essere ancella dell’anima e dell’istinto e non despota del corpo.
Tutto l’impianto scultoreo appoggia su di una base rettangolare in acciaio, un evidente elemento maschile, le cui caratteristiche grande deformabilità , durezza, buona resistenza alla rottura, alla trazione e allo snervamento, buona conducibilità termica, la sua per inossidabilità , la resistenza alla corrosione lo rendono il materiale da costruzione più usato al mondo. In questo caso rappresenta l’ancoraggio alle fondamenta stabili che impediscono all’Io di essere risucchiato e divorato dagli aspetti oscuri della grande madre. Potremmo azzardare nella nostra riflessione, che all’artista, nel momento in cui ha ultimato l’opera gli sia arrivata l’immagine-bisogno di creare una base in acciaio dove posare l’opera.
Da un punto di vista psicologico il maschile vive una sorta di timor sacro inconscio di queste caratteristiche del femminile, ne tema giustamente la potenza generatrice divina, la donna può delle cose che l’uomo non può fare, l’uomo ne fa altre, è chiaro, in esso riposa lo spirito del grano, il potere di fecondare l’universo. La madre porta con se il feto, lo cresce nella sua pancia, lo partorisce dalla vagina, lo nutre dal seno, lo protegge con le braccia, lo ama col cuore, la madre è il ricettacolo del mistero divino della vita, istintivamente non possiamo che avere un senso del sacro di fronte al corpo della donna. Allora perché alcuni maschi sono violenti col femminile? Perché uccidono le donne? Io credo che, a parte le storie individuali che spesso vivono individui violenti, con madri anche negative e distruttive, credo che questi maschi che usano violenza e perseguitano le donne, le mortificano, le usano, abbiano uno sviluppo affettivo e psicologico carente, credo che essi tentino di possedere il femminile distruggendolo, ma facendo questo non sanno che distruggono se stessi, la parte più bella e più dolce di sé stessi, la capacità di amare, di nutrire, di essere creativi.
In moltissimi scavi in Europa, Germania, Bulgaria, Ucraina, Moldavia, Romania, Anatolia, Tessaglia, si rinvennero templi e abitazioni o sepolture risalenti fra il 6400-5600 a.C. in cui c’erano graffiti simbolici e statuette votive raffiguranti quelle che noi chiamino “Le Veneri” dotate di miracoloso potere della procreazione e della rigenerazione della natura, a riprova che il femminile naturale ha un grande fascino e ad esso viene riconosciuto un grande potere quello di essere tutto per la vita, generazione, nutrimento, affetto, duttilità , cioè di espletare appieno i bisogni primari senza i quali nessun essere vivente può essere in equilibrio né da piccolo né da grande, se anch’esso non li ha vissuti e non li vive nella sua vita.
Emanuela Pasin
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