Dall’archivio di Repubblica 2005 04 10
Le lotte segrete nel sottosuolo di Gerusalemme
E' nel Libro dell' Esodo che Mosè,
ricevute da dio le Tavole della Legge, le fece custodire nell' Aron herit, l'
Arca, una cassa in legno d' acacia. La Bibbia ne offre una descrizione
minuziosa, e in un passo di grande intensità racconta come re Davide e le tribù
d' Israele portassero l' Arca in corteo, gridando e saltando, suonando e
cantando, fino al luogo dove essa era venerata. Chi legge tutto questo come una
metafora può ricavarne che secondo la Bibbia la Legge morale deriva da dio, i
suoi precetti sono assoluti, dunque "Non uccidere" non è una norma
abrogabile da una società o da un parlamento a seconda delle contingenze. Ma
chi invece prenda il testo nel suo senso letterale, deve concludere che l' Arca
fu reale e dovunque oggi sia, contenga una traccia di divino. Infatti la Bibbia
riferisce all' Arca vari prodigi, così originando la tradizione israelita
secondo cui essa irradia una certa presenza d' Onnipotente. E in quel caso
trovarla equivarrebbe a trovare un' impronta di dio, senza dubbio la più
sensazionale scoperta della storia. Ma al di là delle suggestioni riservate a
chi crede, anche chi non crede non può restare indifferente alla storia
antichissima scolpita nelle Tavole della Legge. E questo spiega perché da tempo
nel sottosuolo di Gerusalemme sia avvenuto qualcosa che Hollywood titolerebbe:
la ricerca dell' Arca perduta. A guidarci in questa vicenda favolosa è un
saggio di Paolo Pieraccini (Politica, religione e archeologia in
Palestina/Israele dal 1967 al 2000), pubblicato da Letture Urbinati, la rivista
dell' Università di Urbino. Viaggiando tra l' archeologia e la politica
Pieraccini scopre sorprendenti relazioni tra lo scontro sotterraneo,
letteralmente, che oppose archeologi e religiosi, e le dinamiche politiche che
si sviluppavano, per così dire, in superficie. A ben vedere non potrebbe essere
altrimenti, tanto le sante pietre di Gerusalemme sono sovraccariche di simboli.
La loro terribile unicità risiede in questo: sono le pietre dove dio divenne
storia. Non la stessa storia né lo stesso dio: ma le stesse pietre, purtroppo.
Generazioni di pellegrini le hanno smussate strofinandovi le mani o
calpestandole con i calzari; ma a levigarle ha concorso anche il passo dei
guerrieri che se le disputavano, per fede, per ambizione, per avidità. Grondano
santità ma anche sangue. Non sbaglierebbe chi le considerasse gli altari
sacrificali del dio degli eserciti, sempre alacre in Medio Oriente. Più
esattamente sono il pretesto cui quella divinità spesso ricorre quando ha sete.
Così i primi gravi scontri in Palestina, nel 1929, cominciarono quando il Gran
Muftì di Gerusalemme accusò gli ebrei di voler distruggere la Cupola della
Roccia, da cui Maometto avrebbe spiccato il volo per il paradiso. Dalle
considerazioni del Gran Muftì, di fatto incitamenti al massacro, risultò la
morte di duecentocinquanta persone. Sospettoso come quel dio musulmano sembra
il dio di quei credi cristiani costretti alla coabitazione forzata nel tempio
del Santo Sepolcro, spartito secondo confini tuttora contestati: i suoi
sacerdoti da decenni litigano, e talvolta si pestano, per il possesso di
qualche scalino, di qualche centimetro quadrato di pietra. Né mancano esempi
analoghi sul versante israelita. Negli ultimi decenni l' ingresso in campo
degli archeologi avrebbe potuto sedare queste risse tra idolatri delle pietre e
in futuro, chissà, riportare tutti al dio unico sepolto sotto i sassi. Invece
col tempo ha preso piede un' archeologia d' ispirazione religiosa o politica
che sembra badare soprattutto a fondare il diritto storico degli uni o degli
altri: col risultato di complicare ulteriormente la contesa. Così adesso per
arrivare a una pace tra israeliani e palestinesi la questione da risolvere non
è soltanto la sovranità sulle pietre visibili, ma anche su quelle invisibili e
probabili, le pietre che sono, o potrebbero essere, sottoterra. Basti pensare a
cosa avvenne nell' ultimo negoziato di pace, fallito, tra governo laburista e
Arafat, quando si affrontò il contenzioso sul complesso noto come il Monte del
Tempio, che include Muro del Pianto, sacro agli israeliti, e la moschea
al-Aqsa, sacra ai musulmani. Clinton propose di scindere la sovranità sulla
superficie dalla sovranità sul sottosuolo: ai palestinesi la superficie, agli
israeliani il sottosuolo. è un po' come se stabilissimo che venti metri sotto i
piedi degli italiani comincia la Francia. Inusitata e paradossale, l' opzione
Clinton offriva però una possibile soluzione al conflitto che oppone, ormai da
quarant' anni, due avversari acerrimi. Da una parte le autorità islamiche che
amministrano i luoghi sacri ai musulmani considerano "terra araba"
anche quanto sta sotto, e non gradiscono scavi archeologici
"infedeli". Dall' altra quei settori religiosi israeliani per i quali
il Monte del Tempio è senza alcun dubbio proprietà della nazione ebraica, in
quanto così afferma la Bibbia (in Samuele XXIV, 24, è scritto che re Davide l'
acquistò dai Gebusei per 50 sicli: peraltro l' esistenza storica di Davide
secondo alcuni studiosi non sarebbe provata). Il Monte del Tempio è appunto il
luogo dove sarebbe sepolta l' Arca, secondo la tesi non inverosimile di alcuni
gruppi religiosi. Il Tempio sorgeva sulla sommità della collina, lì dove prima
c' era un altare del dio fenicio Baal e oggi la moschea di al-Aqsa. L' Arca era
custodita nella stanza più segreta, cui avevano accesso solo i più alti
sacerdoti in occasioni particolari. Sparì nel 587 avanti Cristo, in seguito
alla distruzione del Tempio da parte dei babilonesi. è possibile che i
sacerdoti l' abbiano messa in salvo solo quando fu chiaro che la cittadella
stava per capitolare; e in quel caso potrebbero averla nascosta proprio sotto
il Tempio, dove correvano canali e forse passaggi segreti. Dovunque sia finita,
ignoriamo cosa ne sia stato in seguito. Nel 63 avanti Cristo, quando Pompeo
arrivò a Gerusalemme per ispezionare l' ultima conquista di Roma, visitò il
Tempio, nel frattempo ricostruito, e non vi trovò «una singola immagine di
dio», come scrive Tacito. I Romani ne furono sorpresi e forse si convinsero che
quel santuario vuoto rappresentava un' oscura minaccia all' Impero e alle sue
divinità colorate. Lo distrussero due secoli dopo, nel 70 dopo Cristo. Ci sono
anche le suggestioni di questa storia millenaria dietro il forte interesse
dell' archeologia israeliana per il Monte del Tempio. Ambivalente invece l'
atteggiamento dei religiosi: alcuni arrivarono ad azzuffarsi con gli archeologi
che intendevano scavare l' area a sud del Muro del Pianto, ritenendoli
profanatori; altri sterrarono di propria iniziativa un antico canale che
passava sotto le case del quartiere arabo, anche con l' idea di affermare la
sovranità israeliana su quell' area. Per ottenere che il governo israeliano
fermasse gli scavi sgraditi l' autorità religiosa islamica, il Waqf, argomentò
che lo sterro in realtà aveva lo scopo di far crollare la moschea di al-Aqsa
erodendone le fondamenta, un' antica paura araba agitata sia dal Gran Muftì
negli anni Venti sia da Arafat settant' anni dopo. Da questo conflitto tra
religiosi armati di badile nacque l' epica battaglia del 1981, combattuta nelle
viscere del Monte del Tempio. Da una parte alcuni rabbini e i loro studenti,
che scavarono un tunnel lungo il muro occidentale fino a raggiungere una
cisterna d' epoca crociata sotto la spianata. Dall' altra il personale del
Waqf, che aveva preso a scavare un altro tunnel per rintuzzare l' invasione.
Respinti gli avversari, in seguito anche il Waqf si diede da fare per
attestarsi nel sottosuolo. A quindici metri di profondità c' erano le
cosiddette Stalle di Salomone, un enorme sotterraneo di 500 metri quadrati, con
88 pilastri su dodici file, fatto costruire da re Erode e successivamente
ristrutturato durante il periodo ommayade, quando divenne un sito musulmano.
Dopo scontri interminabili con gli israeliani nel 1996 il Waqf riuscì a
trasformare le Stalle in una moschea; e sullo slancio di quella vittoria,
cominciò a scavare due antichi tunnel, anch' essi in origine ebraici, senza
curarsi di eventuali reperti. Per lo scandalo dell' archeologia israeliana lo
scavo venne condotto con bulldozer. Quando si scoprì che il materiale di
risulta conteneva pezzetti di ceramica risalenti al Primo e al Secondo Tempio,
prestigiosi intellettuali israeliani chiesero al Waqf di fermare quell'
"atto irreparabile di vandalismo". Lo scontro è ancora aperto.
Probabilmente non si placherà fin quando una pace tra israeliani e palestinesi
non indurrà religiosi e archeologi a fare la cosa più ovvia: scavare insieme.
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