martedì 14 marzo 2017

GLI ORACOLI SIBILLINI, UN PONTE TRA L'ANTICA E LA NUOVA RELIGIONE




Conservati nel tempio di Giove Capitolino fin dal VI secolo avanti Cristo, tali scritti venivano consultati dai sacerdoti addetti alla loro custodia solo in rare occasioni, quando momenti critici o difficoltà nelle scelte di governo lo richiedevano. Da qui la loro valenza politica, oltre che religiosa. E' realistico pensare che questi Oracoli sibillini fossero stati redatti da più veggenti, di origine sia etrusca che greca. Sembra comunque che vi fosse una certa unità nel loro stile, rigorosamente in versi. Ma quella di esprimersi in forma poetica è una caratteristica comune a tutte le sibille, che solevano generalmente improvvisare i loro responsi in esametri. Di certo si può dire che non fossero testi di facile decrittazione, essendo compilati in versi di significato ermetico, che per esprimere concetti di senso compiuto dovevano essere variamente articolati tra loro. Accresceva la difficoltà dell'operazione il fatto che la scrittura fosse in parte velata dall'uso di caratteri oscuri o geroglifici.

Un'atroce morte era prevista per il sacerdote che, violando la consegna, avesse consentito ai profani di copiare i sacri testi. Ne dà notizia lo storico Valerio Massimo, descrivendo con crudeli particolari l'esecuzione del sacerdote Tullio, condannato alla stessa pena dei parricidi, cioè affogato in un sacco, per essersi lasciato corrompere da un cittadino di nome Petronio Sabino, permettendogli di trascrivere l'oracolo. Non sembra però che condanne così feroci servissero da deterrente contro i predatori del segreto oracolare, poiché di tali libri ne circolarono sempre vari esemplari a Roma, soprattutto in età imperiale. Il fenomeno raggiunse la massima estensione sotto Augusto, che per arginarlo ordinò il sequestro e la distruzione delle copie in possesso dei privati. Ne vennero bruciate oltre duemila. 

Le numerose trascrizioni dei libri sibillini, che i divieti imperiali non erano valsi ad impedire, ne consentirono la ricostruzione — sia pure attraverso inevitabili manipolazioni — all'inizio dell'era cristiana, da parte di apologisti tendenti a dimostrare come gli oracoli pagani avessero previsto l'avvento della nuova religione. C'era del resto, negli oracoli attribuiti alle sibille, una visione apocalittica della storia che non soltanto conferiva loro una ispirata solennità ma trovava dettagliati riscontri nelle grandi premonizioni bibliche sulla fine del mondo. Vi si parlava di giudizio finale del grande Re, con impressionanti descrizioni della catastrofe che si sarebbe abbattuta sull'umanità degenerata, in tutto e per tutto simile a quelle raccontate dall'apostolo Giovanni e dai suoi precursori ebraici. Vi si enumeravano segni celesti, soprattutto comete, preannuncianti cambiamenti epocali. Vi si tracciavano spaventosi scenari di morte o rigenerazione, alcuni dei quali, riferiti al passato, evocavano disastri come l'eruzione del Vesuvio del 79, mentre altri, riferiti al futuro, potevano interpretarsi come conferma (insospettabile, perché di fonte pagana) delle profezie conclamate dalla nuova religione. Tanto da far dire a Clemente Alessandrino, primo dottore della Chiesa, verso la metà del II secolo, che le visioni profetiche delle sibille fossero da considerarsi anticipatrici delle verità evangeliche. Ciò che afferma Clemente dimostra in tutta evidenza l'intento di rapportare lo studio delle Scritture alla cultura dell'antichità, traendone avallo. Imparate dalla Sibilla come rivelò Dio e le cose future, incita nel suo Protrettico, che in greco vuol dire appunto "esortazione". Leggete […} e troverete enunciate in grande rilievo e chiarezza testimonianze sul Figlio di Dio, e su come muoveranno guerra molti re contro il Cristo, odiandolo, e su quelli che diffonderanno il suo nome, sul loro martirio e sul suo trionfo.

                                                                Risultati immagini per Jan van Eyck, Sibilla Cumana (1432)

Jan van Eyck, Sibilla Cumana (1432)


Altri santi e intellettuali cristiani dei primi secoli, come Giustino e Agostino d'Ippona,ebbero una rispettosa considerazione per le sibille, distinguendo le loro sentenze dalla farraginosa idolatria degli altri oracoli. Agostino è severo verso astrologi e indovini nella Città di Dio, ma indulgente nei confronti di queste veggenti, che mai si posero in contrasto con le verità di fede. Giustino, dal suo canto, riconobbe loro un certo.merito per avere «confutato le falsità dei pagani» con le loro predizioni sull'avvento del Cristo. Diversamente da quanto accadde per le predizioni di ogni altro indovino dell'antichità, quelle delle sibille furono considerate dalla Chiesa credibili. Determinanti per la fagocitazione degli Oracoli sibillini da parte cristiana furono, come si è detto, i passi riconducibili alla tradizione apocalittica, sia per i toni che per i contenuti. Come dimostra l' iterazione dettagliata dei riferimenti alla «collera del grande Dio», ma anche alla gloria che ne deriverà per il vincitore della battaglia finale. 

Dio darà un segno: una stella sfavillerà nel cielo terso, come una fulgida corona, per più giorni. Sarà l'aureola della vittoria per cui gli uomini combatteranno. La grande lotta condurrà infatti [il vincitore] alla città celeste. Ogni popolo sarà impegnato in duelli immortali... Ma l'ignobile non potrà coronarsi d'argento...

Le calamità che affliggeranno gli uomini all'approssimarsi del giudizio sono le medesime di ogni altra apocalisse:

[...] fame, peste, guerre. I tempi cambiano in un coro di lamenti e fiumi di lacrime [...] Esplode una gran confusione anche tra i giusti e i fedeli, allorquando le stelle dell'intero firmamento si mostrano a tutti in pieno giorno, insieme al sole e alla luna, mentre il tempo incalza veloce [...] Una densa nube avvolge il mondo infinito, da oriente a occidente, dalla mezzanotte al sole alto. Un fiume ardente di fuoco scorre giù dal cielo sulla terra, causando rovine dovunque: ne sono invasi gli oceani, l'azzurro mare, i laghi e le sorgenti, gli abissi dell'Ade (il lessico sibillino è qui ancora quello della paganità grecoromana) e la volta del cielo. I corpi celesti vanno in frantumi e si velano di nera oscurità. Dal cielo precipitano in mare le stelle…

Fanno da contrappunto a queste immagini spaventose, negli "Oracoli sibillini" cristiani, come in altre rivelazioni catastrofiche e nello stesso messaggio di Fatima, echi di desolante dolore:

Guai alle donne che quel giorno saranno incinte! Guai alle madri che avranno i loro piccoli al seno! Guai a quelle che dimorano in prossimità del mare!... 

E' di particolare significato, in questa prospettiva, il fatto che anche l'apocalisse delle Sibille preveda, oltre la soglia dell'orrore, la possibilità di una soluzione salvifica. A beneficio non soltanto dei giusti, ma perfino di quei malvagi che, pentendosi, imploreranno la misericordia divina.

[...] Qualcosa sarà concesso a quelle anime pie che supplicheranno l'onnipotente incorruttibile Dio, che elargirà loro la salvezza dal tormento del fuoco e dall'incessante stridore di denti [...] E le manderà lontano dalla fiamma che non si estingue, a vita eterna e diversa, nella pianura dei Campi Elisi, oltre le onde agitate dell'Acheronte... 

Per questa loro sospensione tra mitologia e rivelazione cristiana, le sibille hanno di fatto costituito nella storia delle grandi profezie un ponte sull'abisso che separava i culti dell'antichità classica dalla nuova cultura religiosa. A conferma dell'effettivo interesse suscitato nell'immaginario occidentale da queste figlie inquietanti della paganità, depositarie di segreti connessi all'esercizio di pratiche esecrate dalle Scritture come blasfeme, eppure accettate in funzione di un più avanzato disegno escatologico, vi sono i capolavori di numerosi artisti che ne trassero ispirazione per decorare cattedrali e santuari, dove le Sibille, alla pari degli angeli e dei santi, costituiscono uno dei motivi ricorrenti. Sono perfino presenti nella liturgia. Nomina una sibilla il canto sacro del Dies irae, introdotto nel repertorio religioso da Innocenzo III, papa dal 1198 al 1216.

Dies irae, dies illa
solvet saeculum in favilla
teste David cum Sibylla.

È' un richiamo alla fine del mondo, al giorno dell'ira e al secolo che si dissolve nel fuoco, come testimoniano le Scritture (David) e la Sibilla.

Franco Cuomo, Le Grandi Profezie - Newton & Compton Editori

Eraclito di Efeso

1 commento:

Milo Boz ha detto...

lettura affascinante.