Un rito antico per una nuova vita
di Franca Garesio Pellissero
Nel tramonto della civiltá contadina si possono ancora cogliere, qua e lá, testimonianze di un passato che sorprende per il fascino e la particolaritádella sua cultura, fatta di oralitá e ricordi, di credenze e fedi insondabili, di simbologie e ritualitá, cui per lunghi secoli la nostra gente fu fedele e su cui modelló la propria esistenza. Un passato prossimo che nell'era tecnologica, anzi digitale, ci appare giá lontano, superato e improponibile. Tuttavia dove la tradizione ha resistito ad ogni attacco dl tempo, pur cedendo talvolta alle esigenze della rivisitazione e del folclore, dove, nei piccoli paesi, il mondo dei "vecchi" ha lasciato nella gente una qualche ereditá culturale, recepita e custodita come elemento di identitá e caratterizzazione sociale, si scopre che un filo segreto, tenace, unisce ancora saldamente il presente al passato. É il caso diChiusano, nell'astigiano, dove, da tempo immemorabile, si ripete puntuale l'usanza di celebrare la nascita di un maschio (da qualche tempo anche quella delle femmine in virtú della raggiunta paritá dei diritti) con un rito arboreo che affonda le sue radici nel mondo pagano. E il rito della pessera (pino) piantata nel cortile o davanti la casa del neonato, che si rivela ricco di simbologia maschia e di riferimenti alla sfera del mito. Un mito arcaico, vissuto spesso a livello istintivo, che lasocietá contadina ha custodito nella profonditá della propria cultura. Del resto, nella stessa societá contadina, fino a qualche decennio fa sostanzialmente tribale e maschilista, strutturata gerarchicamente in base all'etá, la nascita di un maschio fu sempre recepita come un evento importante, elemento di forza, motivo di prestigio e di orgoglio non solo per la famiglia ma anche per la comunitá. Sta di fatto che, come se ne celebrava la nascita, cosi si rimarcavano, con grandi feste che coinvolgevano tutto il paese, anche le altre etá di passaggio: i diciotto e ivent'anni, che sancivano, l'una il diritto del giovane di entrare a far partedel mondo egli adulti, e l'altra la raggiunta etá per la visita militare, che ne dichiarava l'abilitá, o meno, al servizio di leva. Un elemento minore, ma pur sempre indicativo del valore simbolico che rivestivano questi tre momenti della vita del maschio, é dato dall'usanza di imbottigliare il vino migliore prodotto nell'anno della sua nascita e metterlo da parte per stapparlo il giorno dei festeggiamenti dei diciotto e vent'anni: un suggello, dunque, forte e inequivocabilmente maschile delle tre etá.Anche lo stesso rito della pessera rivela legami tra le classi di passaggio: mentre essa sará nuovamente al centro della festa dei diciottenni, spetta ai maschi ventenni l'iniziativa di piantarla e dare il benvenuto al neonato della comunitá. Essi, dopo essersi accertati che la famiglia gradisce l'omaggio, provvedono a preparare la pessera : un lungo palo da muratore, generalmente costituito da un tronco di pino, alla cui sommitáviene fissata una chioma di bosso, adeguatamente addobbata. Partendo dal luogo di ritrovo prestabilito, la trasportano in spalla cantando fino alla casa del neonato, dove i familiari, i parenti e altri abitanti li attendono per assistere alla sua erezione. Questa é l'atto piú significativo e simbolico di tutto il rituale, e compendia una gamma di valenze: la pessera piantata ricorda l’Axis Mundi, l'Albero del Mondo, che unisce i tre regni: il Cielo, la Terra e gli Inferi, e che tanta parte ebbe, e ha ancora, nei riti di passaggio dalle societá arcaiche e primitive, come pure nel Cristianesimo dove il simbolismo dell'albero si é integrato nel simbolismo della croce. Esso é quindi il simbolo della sacralitá dell'Universo, di cui la nuova vita é venuta a far parte. Ma l'albero, come vedremo, é anche il simbolo fallico e rigenerativo della natura, bene augurante per la fertilitádel futuro uomo. Durante il tragitto che compiono andando alla casa del neonato, i giovani cantano canzoni maschie, quelle stesse che si cantano durante la festa dei coscritti. Altro elemento significativo di questa singolare usanza sono gli oggetti che vengono appesi allapessera, oltre alla bandiera tricolore, di probabile introduzione ottocentesca e chiaramente indicativa del ruolo militare del maschio, vengono sistemati gli strumenti di quello che si prevede sia il futuro lavoro del neonato, ma anche dei suoi sport e hobbies, in continuità con quelli del padre: una piccola zappa e un rastrello o altro attrezzo agricolo, se il bimbo é figlio di contadino, un martello e una pialla, se é figlio di falegname, una cazzuola se il padre é muratore, e cosi via; e ancora un tamburello, o un pallone, una bicicletta oppure una chitarra, una tromba, un clarinetto ecc. se il padre ha la passione per questi sport e per la musica. La pessera cosí addobbata, é dunque un simbolo bene augurante e rappresenta le forze del bene contro quelle del male: é un omaggio della comunitá e un augurio di prosperitá, benessere e virilitáper il nenato. Questo é quanto i ventenni e chi si é unito a loro intendonoesprimere nel momento finale, quando l'albero svetta dritto e alto contro il cielo: allora essi gridano piú volte evviva, unitamente al nome del neonato e a quello dei genitori, che subito dopo ricambiano l'omaggio con vini scelti e dolci per tutti. L'esempio di Chiusano, tuttavia, non é unico; esso trova una sorprendente analogia con un altro rito arboreo, praticato ancora oggi a Isola Fossara (Perugia), ove alla nascita del primo maschio un gruppo di uomini piantano davanti alla casa del neonato, raramente nelle adiacenze del paese, un albero costruito con l'essenza di tronchi di pioppo, localmente chiamato albero di Bedollo. Anche qui, come simbologia bene augurante per la vita futura del maschio, vengono appesi ai suoi oggetti vari: il libro, il fucile, la chitarra ecc., unitamente ad alcuni attrezzi del mondo contadino o di qualche altro mestiere, a seconda del lavoro del padre. Anche qui coloro che hanno reso omaggio al neonato sono invitati ai festeggiamenti della famiglia: il pranzo nel giorno del battesimo.
Entrambe le usanze, esaminate nella loro essenza, si rivelano, dunque, un retaggio degli antichi riti di iniziazione alla vita, di cui si é perduto il significato originale, mentre sono stati conservati alcuni temi specifici e parte della simbologia, arricchita per altro con elementi moderni e diattualitá; entrambe, di indubbia origine precristiana, sono sopravvissute, sorprendentemente, accanto al rito di iniziazione introdotto dalla Chiesa, il Battesimo, che a sua volta si é inserito sui riti arcaici del Vicino Oriente. Un filo diretto lega poi la celebrazione della nascita con la festa per idiciott'anni. Anche questa usanza ha conservato nel rituale inequivocabili tracce dei riti di iniziazione alla vita di adulto, in quanto, soprattutto in passato, solo dopo questa festa i diciottenni erano accettati nel mondo degli adulti.
Fino agli anniQuaranta/Cinquanta, essa era celebrata ogni anno in diversi paesi del Basso Monferrato, tra cui Camerano, Chiusano,Cinaglio, Corsione, Cortanze, Cossombrato, Montechiaro, Settime, Villa San Secondo, il giorno dell'Epifania o il 2 febbraio, a seconda dellelocalitá. Se si risale al periodo fra le due guerre si scopre che era una festa essenzialmente maschile: vi prendevano parte i diciottenni e i loro padri (le madri e le sorelle preparavano e servivano il pranzo); solo al momento del ballo partecipavano anche le ragazze della leva; esse, tuttavia, negli anni successivi vennero ad assumere un ruolo sempre piúmarcato fino a raggiungere la paritá con i coetanei. Quest'usanza, tuttora viva a Camerano, Chiusano e Settime, sebbene coincide ormai con la festa dei coscritti e abbia accolto qualche variante per adeguarsi ai tempi, conserva la simbologia e la ritualitá del passato al cui centro c'é ancora l'erezione della pessera, in questo caso un pino silvestre dei nostri boschi. Qualche giorno prima della festa, i diciottenni, di notte, vanno a tagliarla nei boschi e la portano a casa in spalla, quindi la nascondono fino al giorno della festa, quando, prima dell'alba, la piantano sulla piazza del paese. II tronco é roncato fino a pochi metri dalla cima in modo da lasciare bene in vista l'ultima parte della chioma, detta ir magg (il maggio), ma se se questo non é sufficientemente bello,viene sostituito con un altro, piú folto e piú lungo, mediante l'innesto.
É ancora usanza che la chioma sia addobbata di bandierine tricolori, dolci, salami, arance e altri frutti, che un tempo, nella gara alla scalata dell'albero e una esibizione di forza, il piú bravo si accaparrava. Soprattutto in passato, quando intorno alla pessera si giocava la reputazione di tutta la classe, la sua altezza e bellezza erano motivo diorgoglio e di prestigio per i diciottenni, perció essa era scelta con grande cura, in una sorta di rivalitá con le classi precedenti. Del rituale simbolistico della festa, i giovani della classe successiva o precedente,a seconda delle usanze di ciascun paese, cercavano di abbatterla o, ancor prima che fosse piantata, di rubarla, nonostante la sorveglianza dei diciottenni. Si mettevano in atto astuzie e piccoli inganni, tendenti a distrarre hi era preposto a farne la guardia e a mettere alla prova i ragazzi che avrebbero dovuto dimostrare la loro accortezza. L'abbattimento o il furto della pessera era perció il piú grande smacco che i diciottenni potessero subire. Ogni rivalitá tuttavia cessava verso le dieci del mattino, quando tutti in paese avevano potuto vedere lapessera, ben piantata, svettare alta nel cielo. Anche in questo rito, le cui origini si perdono nel tempo, é evidente come l'albero sia portatore di un messaggio attinente alla vita e alla fera sessuale: mentre conserva la simbologia dell’Axis Mundi, per cui anche questa etá di passaggio a parte della sacralità dell'universo, l'albero qui é soprattutto il simbolo fallico della vita cosmica; la pessera eretta rappresenta la raggiunta virilitá dei giovani diciottenni e il loro passaggio a una vita nuova, piena: quella di adulto. Per questo tutta la comunitá fa festa intorno a loro, anche per questo la festa é sempre un momento importante per i ragazzi. Lo fu in passato quando per molti era veramente la prima occasione, molto emozionante, di avvicinare una ragazza e di sentirsi qualcuno; lo é ancora oggi, quando i giovani hanno libertá di incontri con l'altro sesso, e quando, trami,e la televisione e una diversa cultura, hanno una visione piú ampia della vita e del mondo. Forse proprio perché sanno che queste antiche usanze sono ;cariche di storia e di tradizione, che sono testimonianze preziose perché caratterizzarono la vita dei padri e quella dei padri dei loro padri, vi aderiscono con grande emozione e con una nuovasensibilitá. I riti arborei e la simbologia a essi complementari furono, comunque, in ogni tempo espressione di vita nuova, di nascita o di rinascita a una nuova situazione umana, rappresentando l'albero la vita che ogni anno si rigenera in un processo di religioso mistero, cheaffascinó da sempre l'uomo portandolo ad accostarsi alla Natura con rispetto e venerazione. Tra i popoli piú antichi che praticarono riti arborei e che influenzarono la nostra cultura troviamo i Mesopotamici, gli Egiziani e i popoli dell'Asia Minore, che all'inizio dell'anno praticavano riti arborei e sessuali in onore della Natura, per celebrare il ritorno della vita cosmica e per impetrare la fertilitá dei campi e dell'uomo. Col diffondersi della civiltá mediorientale alla Grecia e quindi ai paesi dell'Occidente, alcuni di questi riti passarono nella cultura europea, subendo, nel tempo, apporti e influssi di altri popoli, in particolare dei Celti e degli Italici. Spesso i culti arborei erano dedicati a divinitá femminili, che meglio esprimevano il senso della fertilitá e della giovinezza; soprattutto sono note le feste nell'antica Roma in onore della dea Flora, le Floralia, celebrate dal 27 aprile al 3 maggio da ragazze con vestiti multicolori e coronate di fiori e da ragazzi che andavano nudi per le vie celebrando riti orgiastici tendenti a impetrare la fertilitá e l'abbondanza universale. Molto seguite erano anche le feste in onore della dea Cibele, originaria della Frigia, la Gran Madre protettrice della vegetazione, dell'agricoltura e della vita, cui eranoconsacrati la quercia, il pino e il bosso. I fedeli in suo omaggio trasportavano in spalla verdi tronchi di pino che poi innalzavano sul monte Palatino, presso il tempio a lei dedicato. Una simbologia cheabbiamo visto ripetersi in parte nei riti che hanno come simbolo lapessera. Altri riti che accolgono la simbologia dell'albero come espressione del potere riproduttivo della natura e conservavano tracce degli antichi culti in suo onore, sono ancora oggi presenti in alcune regioni dell'Europa, m particolare in Irlanda, m Francia e in Baviera, ove é famosa la festa del Mai Baum, l'albero di Maggio, e soprattutto i varie localitá d'Italia, dove, tuttavia, sono stati assorbiti dal Cristianesimo che li ha associati alla festa del santo patrono o a una ricorrenza religiosa, per cui sono in genere accompagnati da una processione o da una funzione sacra. Tali sono ad esempio i riti arborei che si celebrano a Ponte Nossa, Castel Giorgio, Pastena,Baiano, Alessandria del Carretto, Castelsaraceno, Viggianello, Rotonda ecc, che conserváno al centro della manifestazione il rituale del taglio dell'albero nel bosco, il suo trasporto al centro abitato congrande concorso di uomini e spesso anche di animali da tiro, lasacralizzazione del rito con la celebrazione di una messa o con una processione in onore del santo patrono, e infine la sua spettacolare erezione di fronte alla folla festante. A tutto ció sono associate, quasi sempre, altre manifestazioni folcloristiche e l'accompagnamento della banda musicale. Di particolare rilievo é poi il rito dello Sposalizio dell'albero o Festa del maggio, che si celebra ancora oggi a Vetralla, aPietrapertosa, a Oliveto Lucano e ad Accettura. Qui in particolare, la festa, che ricorre la domenica di Pentecoste e il lunedi e martedisuccessivi, ha assunto una grande importanza suscitando l'interesse di vari studiosi di demologia e archeoantropologia per la ricca simbologia e la complessitá del rituale. Sul tronco di un maestoso cerro (lo sposo), tagliato nei boschi di Montepiano e trascinato a valle da oltre trenta coppie di buoi con grande concorso di uomini, simpatizzanti e turisti che fanno festa durante le soste del lungo tragitto, in una cerimonia assai suggestiva viene innestata la chioma agghindata di un agrifoglio (la sposa), tagliata nella foresta di Gallipoli e trasportata da ragazzi e ragazze festanti.
La cerimonia prevede poi la processione in onore di san Giuliano, durante la quale alcune ragazze, per voto, portano sul capo le cende(costruzioni di candele e nastrini), e infine la difficile erezione e la pericolosa scalata dell'albero da parte di scalatori provetti, tra una folla ammutolita e ammirata. Sebbene da alcuni anni questa tradizione abbia assunto i caratteri della kermesse e della grande attrazione popolare, essa resta pur sempre l'affascinante testimonianza di "un rito di culto agrario, le cui origini risalgono all'epoca neolitica, quando l'agricoltura fece la sua prima comparsa nel mondo. Alla base della festa preistorica originaria stava la credenza che il mondo vegetale, poiché aveva caratteri sessuali maschili e femminili, potesse venircostretto a produrre abbondanti raccolti attraverso una cerimonia magica che ricalcava un patto matrimoniale umano" (VittorioLanternari). 1 riti arborei nacquero infatti quando la vita dell'uomo era essenzialmente mito e celebrazione delle forze naturali, incomprensibili e indomabili, di cui si temeva la potenza e si cercava di propiziarsi i favori. Nella cultura del timore e al tempo stesso del rispetto della Natura, l'albero, si é detto, fu sempre il grande simbolo della feconditáe della vita cosmica, della sua rigenerazione ciclica a ogni primavera.Ma, soprattutto, l'albero eretto dall'uomo, piú alto e ritto possibile,rappresentó a lungo l'unione della Terra e del Cielo, anzi dei tre regni, di cui gli Inferi, da cui emerge, rappresentano il misterico e l'insondabile, il regno della morte "iniziatica" apparente e la sua vittoria col ritorno a nuova vita. Esso é anche il tramite tra l'umano e il divino, tra il piccolo essere e le potenti divinitá cosmiche perché gli siano propizie. Perció i riti antichi erano permeati di una religiositá che noi oggi non possiamo piú cogliere, mentre rischiamo di trasformarli in eventi folcloristici e in feste paesane. Questa religiositá pagana, nonostante la sovrapposizione del Cristianesimo, si é conservata a livello inconscio nelle profonditá dell'antica cultura contadina, che ha sempre avuto il senso sacrale delle sue tradizioni e dei suoi miti. Cosí il mito della vita animistica della natura, espresso dalle fronde, sopravvisse fino a non molto tempo fa, accanto ad alcune funzioni religiose del Cristianesimo, come accadeva durante il rito pasquale del sabato santo, quando al suono delle campane che annunciavano il Gloria della Resurrezione, in molti dei nostri paesi, i bambini correvano ad abbracciare gli alberi da frutto e gli anziani li legavano con un ramo di salice perché producessero píú frutti. A Camerano, per la processione del Corpus Domini, ai lati delle vie venivano stese delle lenzuola ricamate: esse erano sorrette da funi, a loro volta sostenute da pali; in cima a ciascun palo era legata una chioma di bosso, irmaggio, per fare, con le lenzuola stesse, una barriera di rami verdi e di preziosi lini e ricami alla zona "sacra del rito religioso". II maggio era ancora al centro di una tradizione molto diffusa nei nostri paese e unpó in tutto il Monferrato, fino agli anni Venti, l'usanza cioé di Cantar maggio. II primo maggio, tre ragazzine, di cui una vestita da sposa, andavano di cortile in cortile portando la cima di una pessera, ir maggio appunto, tutta agghindata di fiori e nastri, che "piantavano" davanti alla porta di ogni casa mentre cantavano "Ben venga magg, ben stagamagg, ché 'r lu sima al mes di magg...". Un canto della tradizione dei riti questuanti, con cui inneggiavano alla natura, al maggio fiorito e ai giovani innamorati, e, lusingando la padrona di casa, chiedevano qualche piccolo dono, quindi se ne andavano ringraziando per il dono ricevuto o maledicendo, se non avevano avuto nulla. Anche questausanza affonda le sue radici nel mondo pagano, piú precisamente nell'antica Roma, ispirandosi alle ben note Floralia, durante le quali le fanciulle ornavano le porte delle case con fronde e fiori, quindi, indossando vestiti variopinti corone di fiori in testa, andavano lungo le strade inneggiando alla primavera e a Flora, in onore della quale si esibivano con i giovani nel circo in giochi festosi e spesso licenziosi. La tradizione, abbandonata del tutto nel Medioevo quando la Chiesaconsacró il mese di maggio alla Madonna, in etá moderna fu ripresa in forma piú moderata e popolare, appunto con il Canto di maggio. Alla sua composizione non furono estranei i famosi versi del Poliziano, composti per il Calendimaggio, fiorentino: Ben venga maggio / e'lgonfalon selvaggio, che sono anch'essi un inno alla natura, alla nuova vita e all'amore. E per finire vorrei ricordare un'usanza che ho riscontrato a Cossombrato; essa mi pare piuttosto singolare e indicativa dell'aUegria e spensieratezza che in fondo tutte queste forme rituali, ormai secolarizzate, portavano con sé, perché tutte finivano comunque con feste e abbondanti bevute di vino, o con una bella baldoria. Anche in questo caso si tratta di un rito arboreo, ma per cosídire cristianizzato, in cui il sacro é molto misto al profano. Si tratta dell'usanza, in vigore fino a qualche decennio fa, di "portare il Santo" aun amico (rigorosamente un adulto: dai diciotto anni in su), la sera del suo onomastico. L'iniziativa partiva in genere da un gruppo di buontemponi, che addobbavano con fiori, pacchetti di tabacco, sigarette e qualche bottiglia di buon vino, una piccola pessera appena tagliata nel bosco; quindi, accompagnati col suono di strumenti musicali, talvolta con una vera e propria banda, e con allegri canti popolari, la portavano in spalla e la piantavano nel cortile del festeggiato. Questi fingeva stupore, ma in realtá, essendo stato segretamente avvisato, aveva giá preparato il suo vino migliore e abbondanti dolci fatti dalle donne; cosicché tutti quanti brindavano fino a notte fonda tra suoni e canti, in un consesso tutto al maschile.
1 commento:
Sotto a questo suo commento c'è un nesso preciso che però non ho saputo cogliere, vuole spiegarlo.
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