giovedì 26 marzo 2015

L'ultima cena di Leonardo: una rappresentazione strana!


Un profondo mistero avvolge “Il Cenacolo” di Leonardo, commissionato all’artista nel 1495 dai frati della Chiesa di S. Maria delle Grazie, a Milano, per il loro refettorio. Appare in effetti alquanto plausibile che il grande Maestro non abbia aderito all’idea dei committenti di rappresentare l’Ultima Cena, interponendo piuttosto l’immagine di una diversa celebrazione che evidentemente teneva a realizzare: le nozze mistiche fra lo spirito cosmico, il Logos, e l’elemento femminile terrestre, rappresentato da Maria Maddalena. A parte la valutazione del libro in questione nella sua interezza ["Il Codice da Vinci" di Dan Brown], in cui vengono portati in basso i piú alti significati esoterici, compresi quelli alla base della Via del Graal – la Via che riconsacra la coppia umana nell’unione secondo il Sacro Amore – esaminando il dipinto si vede effettivamente che manca uno degli elementi essenziali e simbolicamente ineludibili dell’Ultima Cena: il prezioso calice di cui la Emmerick dà una descrizione tanto particolareggiata(1) e dal quale, secondo i Vangeli, bevono uno dopo l’altro tutti gli Apostoli. In questi ultimi c’è inoltre un atteggiamento di evidente contrasto rispetto a quella Verità rivelata, ancora troppo difficile da comprendere e accettare prima della discesa su di loro dello Spirito Santo. Uno solo fra tutti, Giovanni, posto piú in alto degli altri perché rappresentato in piedi – imberbe e vestito di rosso per renderlo ben riconoscibile secondo l’iconografia classica – porta le mani al cuore in pieno accoglimento del rito celebrato.
Lazzaro-Giovanni è infatti l’unico che ha ricevuto l’Iniziazione direttamente dal Cristo – come scrive il lettore e secondo quanto rivelatoci da Rudolf Steiner – quindi l’unico in grado di intendere nel giusto modo il mistero celato nell’unione mistica. E d’altronde, essendo tutta la vita del Cristo una prefigurazione di quanto l’uomo dovrà compiere nella sua intera esistenza per giungere alla propria spiritualizzazione, ovvero cristificazione, e quindi alla “resurrezione della carne”, una parte cosí centrale come il rapporto di coppia non poteva essere elusa, a dimostrazione della necessità per il discepolo di riconsacrare ciò che è stato svilito e contaminato, per tornare al ricongiungimento spirituale della “coppia superumana”.
In proposito Massimo Scaligero scrive mirabilmente: «La reintegrazione della dignità dell’uomo, la salvezza della cultura e della civiltà, la restituzione della gerarchia dei valori e della reale fraternità, sono ideali che non possono avere significato o potere di vita, ove non sia concepibile l’accordo di cui la coppia umana detiene il segreto. Nella relazione della coppia, infatti, tende a rivivere l’archetipo obliato. L’uomo può ritrovare la donna spirituale, la donna può ritrovare l’uomo spirituale. Questa è la possibilità dei nuovi tempi, in quanto l’oblio possa essere assunto come una condizione della coscienza aperta a ogni possibilità oltre se stessa. Proprio al punto in cui si è giunti, la via della reintegrazione può essere l’esigenza piú forte, come presso un limite ultimo. Tale via, ove susciti nello sperimentatore la decisione del superamento del limite, che è il limite della coscienza individuale, gli rivela via via il suo coincidere con il compito di ritrovamento dell’accordo eterico perduto. Il tema della donna interiore, o dell’amore celeste, gli si presenta come condizione di fondamento, presso alla possibilità dell’incontro effettivo con la creatura del sacro amore, l’unica, la sposa originaria ritrovata, epperò a lui portatrice del contenuto ineffabile del Graal»(2).
All’incessante meditazione sul mistero di Lazzaro-Giovanni occorre quindi aggiungere quella sul mistero del Sacro Amore e della riconquista del Graal.
(1) C.M. Brentano, La Passione secondo Anna Katharina Emmerick, Tilopa, Roma 1990, pp. 21-23.
(2) M. Scaligero, Graal, Saggio sul Mistero del Sacro Amore, Perseo, Roma 1970, pp. 41-42.
Dall'Archetipo - Novembre 2004

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