sabato 8 giugno 2013

Ci son voluti 10 anni ma sebbene a rilento la giustizia si muove!

Parmalat-Ciappazzi, confermata in appello la condanna a 5 anni per Geronzi di Mara Monti7 giugno 2013 Nessuno sconto dai giudici della Corte di Appello di Bologna che hanno confernato la condanna del Tribunale di Parma di un anno e mezzo fa a cinque anni di reclusione per bancarotta e usura all'ex presidente della Banca di Roma poi Capitalia Cesare Geronzi e tre anni e 7 mese a Matteo Arpe, allora direttore generale l'istituto di credito ed ex amministratore delegato del Mediocredito Centrale. Immediata la reazione dei legali che hanno già fatto sapere di volere ricorrere in Cassazione. A cominciare dal legale di Geronzi, Riccardo Olivo che si è detto "deluso del risultato". Sorpresi dalla sentenza anche gli avvocati di Arpe "in quanto è stata confermata una pronuncia di condanna, nonostante sia stata dimostrata non soltanto la totale assenza di prove a carico del dottor Arpe, ma la presenza di numerosissime prove a discarico di quest'ultimo", hanno commentato la sentenza Sergio Spagnolo e Mauro Carelli che hanno aggiunto: "Siamo certi che la Corte di Cassazione non potrà che accogliere il ricorso che presenteremo all'esito del deposito delle motivazioni da parte della Corte d'appello di Bologna". La vicenda che ha portato alla decisione di oggi è uno dei filoni del crack della Parmalat e riguarda la vendita delle acque minerali siciliane Ciappazzi del gruppo Ciarrapico cedute alla Parmalat di Callisto Tanzi. Un'operazione che era stata perfezionata poco tempo dopo un'altra acquisizione del gruppo alimentare, l'Eurolat ovvero il latte della Cirio di Sergio Cragnotti. Al centro di entrambe le operazioni c'è Banca di Roma che cuce e taglia alleanze e sollecita Tanzi ad acquistare una società estranea alla logica industriale della Parmalat, le acque minerali sull'orlo del fallimento, strapagate per ridurre l'esposizione dell'istituto di credito con l'Italfin 80 di Ciarrapico. Quando a Tanzi viene fatta la proposta dell'acquisizone, Banca di Roma sa che il Cavaliere non può dire di no: deve ristrutturare il gruppo turistico che perde miliardi di lire e rinnovare una serie di prestiti personali. Tutte operazioni che secondo i giudici hanno concorso alla bancarotta della Parmalat.

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