domenica 21 gennaio 2024

Tempio della Tosse

 Come era


Ricostruzione


L COSIDDETTO TEMPIO DELLA TOSSE🏛️
Il c.d. Tempio della Tosse è una struttura architettonicamente semplice, ma ingegneristicamente molto avanzata. Come nel caso del Pantheon (27 a.C. - 110 d.C. / 125 d.C - 128 d.C.) si compone di una cupola con oculus, in opus caementicium armato da barre in ferro radiali e da un tamburo (parete portante della struttura di copertura) composto da un sistema di archi di scarico che permettono di generare un momento d’inerzia sufficiente ad assorbire la spinta della copertura semisferica. La pianta del monumento tiburtino si sviluppa su di una matrice circolare, scavata all’interno da esedre e nicchie radiali, a motivi geometrici rettangolari e semicircolari. Tale impostazione di progetto la si riscontra anche in altri edifici contemporanei e non, a dimostrazione dell’ottimo modo con cui gli Ingegneri e gli architetti romani riuscivano a fondere al meglio efficienza strutturale, riscontro estetico e funzionale. Difatti tali esedre e nicchie avevano più funzioni, ovvero aiutavano la distribuzione delle spinte degli archi (nel campo statico), generavano una spazialità articolata sia in pianta che in alzato (in campo architettonico) ed erano luoghi in cui potevano essere riposte statue varie o giochi d’acqua a seconda della funzione dell’edificio.
Il corpo della struttura si compone di due ordini sovrapposti con l'inferiore di 5,43 m posto tra due muri ben più antichi in Opus Reticolatum, fungenti da basamento e risalenti al I secolo a.C. individuabili come resti di una villa d'Otium, avente due aperture affacciantesi l'una sull'antica via Tiburtina Valeria e l'altra sul lato opposto, mentre il superiore è corredato da 7 nicchie (il numero 7 possiede una valenza estremamente importante per i culti propri della Divinità il cui dominio era rappresentato dalla Luce e dalla Conoscenza intesa anche come Illuminazione Interiore, quali Febo Apollo o Benelenus sul quale torneremo più avanti), di cui 3 rettangolari e 4 semicircolari, al cui interno si aprono delle finestre aventi la funzione di lucernario: le sopracitate nicchie posseggono dimensioni notevoli, misurando ben 4,24 m in altezza e poco meno di 3 in larghezza; internamente troviamo ulteriori nicchie rettangolari e quadrate di dimensioni ancor maggiori. Sembra piuttosto palese che l'intero edificio fosse stato pensato e concepito affinchè la luce giocasse un ruolo piuttosto importante e denso di significato e ciò è ipotizzabile sia considerando il numero specifico di aperture che la loro dimensione. In antichità dovette essere rivestito di marmo o travertino, data la presenza di fori atti al fissaggio delle lastre, forse anche sormontato da una cornice odiernamente perduta mentre le mensole di sostegno della stessa si sono conservate. A proposito di Belenus, antichissima divinità protoceltica della luce venerata probabilmente sin dai tempi più antichi dell'umanità in moltissime civiltà, una sua iscrizione dedicatoria venne ritrovata frammentata in un edificio sepolcrale nei pressi del cosiddetto Tempio della Tosse, recitante:
“ANTINOO ET BELENO PAR AETAS FORMAQVE PAR EST CVR NON ANTINOVS SIT QVOQVE QUI BELENVS
Q.SICVLVS “
Quel poco che possiamo affermare con un certo qual grado di certezza è che il cosiddetto Tempio della Tosse è giunto fino a noi in condizioni eccellenti grazie al successivo cambio di destinazione d'uso, come poc'anzi accennato, dato che nel Medioevo divenne conosciuto come Trullum a cagione della sua pianta tonda, conosciuto anche come chiesa di Santa Maria della Tosse (nei pressi) di Porta Scura o del Passo poiché in prossimità della Porta Scura, ovveorosia ciò che restava della grandiosa Via Tecta attraversante il grandioso Santuario di Ercole Vincitore, dal quale vennero prelevate ingenti quantità di materiale edilizio utili al restauro della struttura: prova di ciò è un frammento di cornice marmorea angolare con scolpita una minuta clava di Ercole. Menzioni specifiche le abbiamo a partire dal secolo X dell'Era Cristiana, periodo al quale risale anche una delle pitture interne ancora odiernamente ammirabili: posizionata nella conca dell'ultima abside, a destra, si può scorgere un'Ascensione di Gesù, mentre in quella della prima troviamo un Cristo Redentore di circa tre secoli più tardo, risalente alla seconda metà del XIII. Fu nel secolo X che venne consacrata la chiesa di S. Maria della Tosse nel vecchio edificio rotondo nei pressi di Porta Scura. Sopra un rocchio di colonnna che era fino a pochi anni or sono nella parete di fronte l'ingresso si leggeva incisa nei rozzi caratteri di quell'età, con le maiuscole e minuscole alternate ad arbitrio, l'iscrizione seguente:
(In mense decembris die XIV feria I inditione XIV consacrata ecclesia)
Il Pacifici ci riferisce, al riguardo della sopramenzionata iscrizione, che nei primi di gennaio del 1925 non fu già più possibile rintracciarla. In età medievale ci si riferì topograficamente all'edificio in questione con “ubi modo dicitur ecclesia Sancte Mariae Portas Scure”; non ci è noto con esattezza il periodo in cui venne abbandonato e di conseguenza sconsacrato, seppur è possibile individuare un periodo compreso tra il XVII e il XVIII secolo.
ANALISI PITTORICA DEGLI AFFRESCHI
I caratteri stilistici intrinsechi degli affreschi più antichi in effetti concordano con l'inquadramento temporale della grafia relativa alla sopracitata iscrizione, oggigiorno perduta. Nel X secolo il giorno del XIV dicembre cadde precisamente di domenica (“feria I”) in una quattordicesima indizione sola: nell'anno 956 e, successivamente, nel 1001; in queste due uniche date, con più probabilità nella prima, avvenne la consacrazione dell'edificio a luogo di culto cristiano. Presso la calotta dell'ultima abside di destra si può ammirare la porzione superiore di una scena decorante l'intera nicchia, ovverosia l'Ascensione del Signore. Il Messia, qui raffigurato imberbe, è immortalato nell'atto di benedire con la mano destra, mentre nella sinistra stringe un libro. La veste è color porpora e spicca decisamente sul fondo azzurro, delimitato dalla grande aureola composta da fasce concentriche verdi, rosse e bianche: alcuni raggi dorati, impreziositi da gemme, si separano dal corpo del Cristo e si riconnettono al motivo decorativo. Dietro la testa di Gesù è presente un nimbo solcato da una croce e tra i raggi campeggiano astri e fiori di rose. Una coppia di angeli sorregge, attraverso le vaste ali, l'aureola del Salvator Mundi; indossano vesti color neve e gialle, messe ancor più in risalto dal rosso che colora il fondo della nicchia. Due ali, del medesimo colore dei vestiti, seguono la curva ascendente del nimbo mentre le restanti due si chiudono verso l'estremità dei corpi dando origine a tre ovali, donando una sensazione di leggerezza e ascendenza. Ombre e luci vengono figurate attraverso l'ausilio di modeste linee, le immagini presentano un certo qual grado di piatta rigidità, denotate da volti allungati, pupille sbarrate e prive di movimento, zigomi e mento sovradimensionati, mani tozze e incarnato paonazzo. Tramite attenta analisi, possiamo riscontrare una certa somiglianza tra questi affreschi e quelli che campeggiano nella Basilica di San Clemente in Laterano a Roma, attribuibili al secolo X. Il Cristo Redentore risalente alla seconda metà XIII secolo è rappresentato con la medesima postura di quello più antico, benedicente con mano destra mentre sostiene un libro con la sinistra; il capo è cinto da un'aureola cruciforme ed è racchiuso in un ovale, dal fondo azzurro, sostenuto da due angeli ai lati. Iconograficamente presenta delle notevoli somiglianze con l'affresco del Cristo Pantocrator posto sulla lunetta ogivale che decora l'ingresso posteriore dell'ex Chiesa di San Vincenzo (per ulteriori approfondimenti è possibile consultare l'articolo “L'Ex Chiesa di San Vincenzo” dell'arch. Francesco Pecchi, nela sezione "Le Chiese di Tivoli" del sito internet www.archeotibur.org ).
🟣🔵






Nessun commento: