Nella Roma antica esisteva un ampio e variegato lessico per indicare le donne che esercitavano il mestiere della prostituzione.
Tra queste, forse quelle più insolite ai nostri occhi sarebbero state le "bustuariae".
Col termine "bustuariae" si indicavano le prostitute che vendevano il loro corpo presso i cimiteri.
Spesso queste erano dette anche "nucticulae", poiché praticavano la loro professione soprattutto durante le ore notturne.
Queste donne erano solitamente caratterizzate da una carnagione molto chiara e da uno sguardo spento, assente, come quello dei defunti.
Queste meretrici adescavano i loro clienti durante i funerali, dato che spesso di giorno lavoravano come prefiche - ovvero quelle donne che, dietro compenso, prendevano parte alle cerimonie funebri con canti e lamenti in onore del defunto.
Era proprio durante questi cortei funebri, che le donne circuivano i loro clienti, spesso vedovi recenti.
Il rapporto veniva poi consumato sulla nuda terra della sepoltura, o nei cimiteri.
Sembra che le bustuariae inoltre, durante l'amplesso, ricordassero proprio dei cadaveri. Assecondavano inoltre qualunque fantasia del cliente, come l’esser chiamate, durante l’atto sessuale, col nome della moglie defunta!
Alcune di queste meretrici sono citate anche da famosi autori latini, come Marziale, Giovenale, Catullo.
Di alcune bustuariae sappiamo anche i nomi.
La più famosa fu sicuramente Licia, la quale contava tra i suoi clienti anche uomini illustri della società romana.
Un’altra è una donna al limite del leggendario: Nuctina.
Pare che si facesse pagare con due monete d’oro e che, dopo l’amplesso, si coricasse in una fossa, e si ponesse i soldi sulle palpebre.
-Bibula
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