La tomba familiare dei Calisna Sepu, necropoli del Casone, campo della Malacena, Monteriggioni, fu il più consistente rinvenimento di questo periodo avvenuto in Etruria settentrionale. Di proprietà del N.H.G. Terrosi, rinvenuta 125 anni fa, conteneva al ritrovamento 450 reperti, di cui 105 deposizioni di incinerati. I materiali della grande tomba a camera, per una serie di vicissitudini, andarono in parte dispersi, in parte venduti all'antiquario Maccianti al museo di Berlino e la parte più consistente rimase in proprietà Terrosi. Quest'ultimi reperti sono visitabili al Museo Guarnucci di Volterra, al Museo Archeologico di Firenze e il nucleo più omogeneo appunto al museo di Colle. È stata ricostruita virtualmente una riproduzione in scala della grande tomba dei Calisna Sepu, ricca famiglia aristocratica, scavata nella roccia con banchine su tre lati e tramezzo centrale. A renderla nota sono state anche le vicissitudini legate alla dispersione sul mercato antiquario del prezioso corredo, costituito da 36 urne cinerarie, 4 delle quali in alabastro; vasi di ceramica con alcuni pregevoli crateri sovradipinti; vasellame e specchi in bronzo; strumenti in osso; armi; monete; oreficerie e altro. Da citare: i vasi cinerari in bronzo; quelli in vernice nera della Malacena (fra i più belli ); i quattro specchi in bronzo con incise scene dalla mitologia greca; le tre celebri kelebai volterrane dipinte a figure rosse (la prima è il vaso eponimo del cosiddetto Pittore del Pigmeo Trombettiere, la seconda attribuita al pittore della Colonna Tuscanica e la terza appartenente al gruppo " Volaterrae", unica di questo gruppo ad essere sovradipinta in bianco), tutte e tre databili tra la fine del VI e gli inzi del III sec. a.C. Le due urne cinerarie sono copie di originali che si trovano a Firenze e Volterra, nei rispettivi musei archeologici. Degna di nota è la copia della grande urna cineraria bisoma, con una tegola posta sulla testa del defunto, per proteggerla dallo stillicidio dell'acqua nella tomba; mirabilmente realizzata dal restauratore della Soprintendenza Archeologica, Giuseppe Venturini. Con queste caratteristiche, il sepolcro rappresenta la tomba familiare dei Calisni, ricca famiglia etrusca di Monteriggioni per circa trecento anni, dalla seconda metà del IV secolo a.C. fino al I secolo a.C.
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