Tullio Crali, il Saint-Exupery dell’aeropittura
“Crali si può considerare il più grande pittore del momento, la sua serietà nel lavoro è una virtù rara oggi, noi aeropoeti futuristi elogiamo la meravigliosa passione per le altezze e le velocità aeree, passione che costituisce la massima garanzia del trionfo di Crali. Questa passione è, in realtà, l’essenza magica dei maestri del Futurismo”. Così Filippo Tommaso Marinetti, “padre” del Futurismo, nel 1940 descrive il giovane aeropittore futurista, oggi ingiustamente (e non casualmente) trascurato.
L’artista
Torno ad esercitare il mio primo mestiere, quello di storica dell’arte. E lo faccio raccontandovi quegli artisti di cui, difficilmente, se non in occasione di specifiche ricorrenze e marginalmente, sentirete parlare. Questo lunedì voglio scrivere di un artista che amo molto, Tullio Crali (1910-2000). Tutti, ma proprio tutti, conoscono la sua celebre opera “Incuneandosi nell’abitato”, meglio nota come “Un tuffo sulla città”, scelta persino a New York come immagine-simbolo della grande mostra sul Futurismo. Esponente di spicco di quella peculiare declinazione dell’Avanguardia futurista chiamata Aeropittura (caratteristica per le opere dipinte dalle cabine di pilotaggio di aerei in volo), Crali non cessa mai di stupire. Nato a Igalo, presso le Bocche di Cattaro, nell’attuale Montenegro (dove il padre si trovava per lavoro) da una famiglia di dalmati italiani, egli vive a Zara fino al 1922 e poi a Gorizia, dove muove i primi passi verso la sua ricerca artistica: un dialogo infinito tra terra e cielo e un costante stupore infantile per gli aerei e che inizia a “manifestarsi” dinnanzi al primo idrovolante ammarato nelle acque della sua città. E’ proprio quel crogiuolo culturale in cui nasce e cresce a rendere la sua opera così eclettica. Tullio, infatti, rivolge la sua ricerca tanto alla pittura quanto all’architettura, senza tralasciare la moda (sua l’invenzione del borsello da uomo datato 1951, oppure degli abiti unici per donne uniche), i gioielli, i manifesti, la scenografia, sino alle composizioni dal nome SASSINTESI e UNISASSI. A Parigi, negli anni Trenta, gira con una giacca rosso fiamma. Disegna il blazer senza risvolti e senza tasche e la giacca con un risvolto solo per coprire il taschino portapenne. Inventa il borsello. Abolisce la cravatta. Le sue idee sono poi state riprese dai grandi stilisti.
Crali e il futurismo
A quindici anni il giovane, ancora studente presso l’Istituto Tecnico, scopre sulle pagine del “Mattino illustrato” di Napoli il Futurismo: è una folgorazione. Inizia a dipingere acquerelli con lo pseudonimo di Balzo Fiamma. Frequenta la bottega del “sior Clemente”, un intagliatore, doratore e corniciaio che gli prepara i cartoni e gli permette di entrare in contatto con gli artisti goriziani de Finetti, Melius, Gorsè e Del Neri. Nel 1928 vola per la prima volta con un idrovolante diretto in Istria e, nel 1929, anno della nascita ufficiale dell’Aeropittura futurista, conosce Marinetti ed entra subito a far parte del movimento. Da quel momento si reca sempre più spesso al campo d’aviazione di Merna dove inizia a copiare gli aeroplani. Conosce Sofronio Pocarini, il fondatore del Movimento Futurista Giuliano, che lo sostiene e gli permette di esporre alla “II Mostra Goriziana d’Arte”. A Trieste nel 1931 incontra Marinetti e si approccia a composizioni polimateriche a soggetto cosmico e bozzetti di scenografie per le sue sintesi teatrali. Dopo le prime mostre in Italia, il suo mentore lo invita a esporre a Parigi, nella prima mostra di aeropittori italiani: siamo nel 1932. Da lì la sua carriera si svolge tra Roma, esponendo per la Quadriennale più volte, e poi a Venezia, Berlino e ancora Gorizia, Udine, Trieste, Parigi e Il Cairo. Dal 1966 si stabilisce a Milano, lavorando senza sosta sino alla fine dei suoi giorni.
L’ultimo dei romantici
E’, in fondo, l’ultimo dei romantici, il Saint-Exupery della pittura. Attacca i critici che discutono di primo, secondo eterzo Futurismo. “Sono invenzioni” dice. “Il Futurismo è come un oscillografo, va sue e giù a seconda degli uomini. E’ estremamente semplice ed esteso: noi vogliamo esaltare il nostro tempo moderno”. L’elemento principe è la macchina in tutte le sue manifestazioni: “Chi non l’ama non ha cuore, né anima, né fegato”. L’elica è per lui come un nudo di Rubens: quando comincia a girare si sente “tra le braccia della donna amata”. La macchina, spiega, è “la sintesi delle energie della natura” e l’aeroplano è la macchina che ha realizzato il mito di Icaro. Il sogno di sempre dell’uomo: la conoscenza dell’Universo.
Carla Cace
Nessun commento:
Posta un commento